Le donne dell'Astrazione, la mostra di centodieci artiste arriva al Guggenheim di Bilbao

Una mostra straordinaria riscopre il talento di centodieci artiste, finora invisibili per la storia dell'arte, e si interroga sui rapporti tra creatività e femminismo
Le donne dell'Astrazione la mostra di centodieci artiste arriva al Guggenheim di Bilbao

Accardi è una delle 110 Donne dell’astrazione che il Guggeheim Bilbao celebra ora con una mostra-monstre, praticamente irripetibile: concepito, grazie al patrocinio dalla Fundación BBVA, da Christine Macel, curatrice capo del Centre Pompidou, e Karolina Lewandowska, direttrice del Museo di Varsavia, il progetto nasce dall’intelligente confronto tra studiose diverse e – dettaglio non secondario - dalla collaborazione tra il Pompidou e Guggenheim Bilbao, a dimostrazione che quando le eccellenze europee, anche in ambito museale, anziché farsi la guerra si prendono per mano, possono generare progetti di ricerca pieni di senso e bellezza. A Parigi l’esposizione ha patito le chiusure del periodo pandemico: il momento ora è perfetto per ammirarla a Bilbao, fino al 27 febbraio, in un allestimento labirintico, come sempre accade quando le mostre sono ospitate nel museo-icona progettato dall’architetto canadese Frank O. Gehry (a proposito: il “mitico” Puppy, la mega statua di fiori progettata da Jeff Koons che vigila all’ingresso è in momentaneo restauro, in attesa di tornare presto, grazie a nuovo terriccio e fiori invernali, punto di richiamo per i selfie in città). 

Joan Mitchell, Méphisto,1958

Altro che Kandinsky: la prima è stata Georgiana

Donne dell’Astrazione presenta una nuova storia dell’Astrattismo mettendo finalemente sotto i riflettori le opere e le biografie di artiste troppo a lungo nascoste tra i libri di storia, troppo a lungo relegate a noticine a pie’ di pagina. Sì, Carla Accardi è nota, ma chi ha mai sentito parlare di Georgiana Houghton?  Si tratta di una delle grandi scoperte di questa mostra: la incontriamo subito nella prima sala con le sue tele piene di filamenti colorati, che ha iniziato a dipingere dopo la morte della sorella. Nata alla Canarie, si trasferisce a Londra: siamo a metà dell’Ottocento e la signora è affascinata dallo Spiritualismo, convinta che “amici invisibili” di nome Tiziano e Tiepolo la guidassero nella composizione delle sue seducenti tele. A qualcuno devono essere piaciute parecchio perché sono volate in Australia, probabilmente portate da chi che frequentava i “circoli religiosi e spirituali” di Houghton e da allora conservati: oggi un buon numero è esposto a Bilbao e dimostra che non l’astrazione non nasce – come recitano tutti i testi scolastici -  nel 1910 con il primo acquarello astratto di Kandinsky, ma almeno quarant’anni prima, dalle intuizioni di un’artista semisconosciuta e oggi finalmente riscoperta.  

Mrs Pollock e le altre “signore dell'Astrazione”

E il nome Lee Krasner vi dice qualcosa? alias Mrs Jackson Pollock. Il marito, celeberrimo artista americano, ha oscurato a lungo il genio espressionista astratto di questa donna che pare ricamare su tela, con pazienza e dedizione (e, del resto, se come compagno di vita hai un esuberante come Pollock, un po' a Penelope devi somigliare). E Howardena Pindell, l’avete mai sentita nominare? Classe ‘43, di Philadelphia, autoditatta, «fa i puntini come Monet ma denuncia il razzismo contro gli afroamericani» sintettizzano le curatrice. E Harmony Hammond? Abbiamo avuto il piacere di conoscerla, per l’opening della mostra: minuta, capelli candidi, occhialetti tondi, sorriso aperto,  ancora oggi tesse i suoi ipnotici “tappeti d’arte” di forma circolare che rimandano alla forza centripeta delle donne. 

Ci ha detto, serafica: «Anche l’arte astratta può essere femminista». 

Questi esempi servono solo a dire che se vi spaventa l’idea di una mostra priva di figure, incomprensibile, algida, difficile – non è forse questa l’idea che noi tutti abbiamo dell’arte astratta?- questa a Bilbao è carica di emozioni. Sotto il rigore formale di molte opere, alcune delle quali vi anticipiamo nella gallery, si nasconde il fuoco ardente della creatività femminile che, dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta nel nostro Novecento, ha preso molteplici vie. Lo testimonia il fatto che vediamo, sala dopo sala, pitture, sculture, video di performance, fotografie, vestiti, oggetti di arti decorative e tappeti.

Il bello è perdersi dentro colori e simboli

Il percorso è cronologico-tematico ma le stesse curatrici consigliano di “andare a sentimento”: anche questa libertà di visita vuole scardinare certe rigidità sull’Astrazione. E se è vero che si comincia con le pioniere come la Houghton o come certe futuriste (come Giannina Censi che “danzava l’astrazione” per Marinetti e di cui sono sopravvissuti scatti strepitosi) e si procede con la Russia, dove l’astrazione attecchisce moltissimo anche tra le donne (la nostra preferita: Natalia Goncharova, una vita da romanzo e un’arte capace di spaziare dalle perfomance dei Balletti Russi di Stravinskij) alla raffinatezza nello studio del colore è nella Parigi degli anni Cinquanta che le donne astrattiste si scanetano, con le combinazioni stilistiche sorprendenti delle opere della libanese Saloua Raouda Choucair, della cubanostatunitense Carmen Herrera o della turca Fahrelnissa Zeid. Le donne dell'astrazione sono accolte con molta più freddezza in Germania, nel Bauhaus per altri versi così aperto al nuovo: possono occuparsi solo di tessitura, ma arrivano a realizzare tappeti che sono quadri tridimensionali (e infatti Walter Gropius, che ha inventato il Buahaus insieme a Les Corbousier, se li teneva nel suo studio).

Sophie Taeuber-Arp nel suo studio dell'Aubette, 1927

Queste sono solo alcune delle storie che questa mostra racconta: sono storie perlopiù dimenticate perché la maggiorparte delle artiste sono state ingiustamente eclissate. Pagavano il doppio scotto di essere donne e di dedicarsi a un’arte complessa. Dagli anni Settanta in poi, si aggiunge anche un’altra questione, più spinosa. Il movimento femminista monta con le proteste in piazza e queste artiste sembrano “fuori tempo”. Alcune di loro, come Sonia Delaunay-Terk, hanno persino odiato il termine “artista donna”, hanno adottato una posizione non marcata dal genere, mentre altre, come Judy Chicago – con le sue coloratissime performance nel deserto della California: è la foto di apertura – sono orgogliosamente femministe.

Una mostra “definitiva”?

La mostra solleva alcune questioni importanti. La prima riguarda il concetto stesso di astrazione: che cosa è? I frammenti di corpi di Huguette Caland (li trovate nella gallery) sono davvero così astatti? Nel Modulo frazionario di Saloua Raouda Choucair non cogliete “delle figure”? Questo solo per dire quanto certe etichette limitino la nostra visione. E, a proposito di limiti, le curatrici (e noi con loro) si sono interrogate sulle cause per cui le donne sono state rese invisibili in alcuni capitoli della storia dell'arte, come appunto questo dll'Astrazione. In mostra, una parete è dedicata ai loro ritratti: un omaggio doveroso, che restituisce visibilità a chi a lungo è stata ignorata. 

Ma il punto – attualissimo – è un altro. Non è forse giunto il momento di riscrivere e ripensare anche la storia dell’arte in forma più corale e inclusiva, senza marcature di genere? Detto in altri termini: non sarebbe bello se questa straordinaria mostra segnasse una svolta e, in futuro, la stessa etichetta di “donne artiste” - stile quote rosa dell'arte - diventasse superflua?