Messico e Argentina: passi avanti tra casi di cronaca terribili. Come la storia di Carmen

di Sara Gandolfi

In alcuni Paesi del Sud America l’aborto è stato legalizzato, ma i rischi per la salute delle donne, spesso costrette a praticarlo in condizioni pericolose, sono ancora alti

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Manifestazione per il diritto all’aborto a Buenos Aires , dicembre 2020 (AP)

Teodora del Carmen Vasquez faceva la cuoca in una mensa scolastica. Era incinta di nove mesi, improvvisamente sentì delle fitte fortissime mentre serviva il pranzo. Perdeva sangue, svenne. Al risveglio era circondata dalla polizia. È stata condannata a 30 anni per omicidio aggravato. La sua colpa? Aver dato alla luce un bambino morto. Dopo 11 anni è stata scarcerata, «per mancanza di prove scientifiche», ma non scagionata. Trenta donne hanno subito condanne simili dal 1998 in El Salvador. In quello Stato - come in Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Suriname e Haiti - l ‘aborto è un reato in qualsiasi circostanza, anche se è a rischio la vita della madre o del figlio, in caso di stupro od incesto.

La legalizzazione in Argentina

In Argentina è stato legalizzato lo scorso dicembre, il primo grande Paese latino-americano a farlo, dopo Cuba, Uruguay e Guyana. Nove mesi dopo, però, nella cittadina di Tartagal è stata arrestata la dottoressa Miranda Ruiz. Ad accusarla una giovane, incinta di 22 settimane, che secondo la denuncia «si era pentita» durante il procedimento medico. La legge lo consente fino alla 14esima settimana, termine oltre il quale è legale solo per problemi di salute o stupro. Secondo il pubblico ministero, «nessuno dei due casi è emerso dalla storia clinica della paziente». Versione contestata dalla dottoressa, che ora rischia fino a 4 anni di carcere. Tanto più che le pillole di misoprostolo (il farmaco abortivo più utilizzato) si autosomministrano: «Difficile costringere una paziente a prenderle», dice una collega. Due casi simbolo, in un’America Latina dove la Chiesa cattolica ha una influenza fortissima e l’interruzione di gravidanza legale, sicura e gratuita è un raro privilegio. In gran parte degli Stati è consentita solo se è a rischio la vita della gestante o in seguito a stupro.

I rischi per la salute delle donne

Così nel subcontinente muoiono 62 donne ogni 100.000 aborti eseguiti in condizioni non sicure. Il 28 settembre, centinaia di migliaia di donne hanno manifestato per la libera scelta riproduttiva: un’onda verde che ha invaso le piazze in Cile, Colombia, Messico, El Salvador, Venezuela, Perù, Bolivia, Brasile. «L’America Latina sta vivendo una rinascita femminista», commenta la scrittrice cilena Diamela Eltit, veterana delle battaglie per i diritti delle donne. La Corte Suprema del Messico ha di recente dichiarato incostituzionali le leggi dello Stato di Coahuila che puniscono l’aborto: la sentenza crea un precedente per tutto il Messico, dove solo quattro dei 32 Stati federali lo consentono. «Purtroppo, la situazione in Brasile è l’opposto», dice Juliana Cesario Alvim, docente di diritti umani presso l’Università di Minas Gerais. «Qui abbiamo un governo federale molto conservatore che si oppone apertamente ai diritti procreativi». In Cile, dopo due anni di dibattito, la Camera dei deputati ha approvato la legge che depenalizza l’aborto (senza renderlo un diritto libero e gratuito). Ora si deve aspettare il voto della Camera alta. «Anche la criminalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza è una forma di violenza di genere», ha dichiarato la deputata comunista Carol Kariola.

22 ottobre 2021 (modifica il 22 ottobre 2021 | 07:34)