C’è anche la firma dell’ossolano Fabio Napoletani tra quella dei 20 tecnici di calcio dei settori giovanili di società professionistiche che durante il primo lockdown hanno scritto «Il mestiere dell’allenatore», un libro nato per sviscerare la figura del mister che ha a che fare con i ragazzi. Trentadue anni di Domodossola, Napoletani ha cominciato una decina di anni fa alla scuola calcio del Parma, società per cui si è occupato anche di progetti internazionali, come i camp a Miami, Washington e in Colombia. Da giocatore aveva invece militato con Juve Domo e Verbania, ma presto aveva capito di essere più portato per stare in panchina. Dopo l’esperienza col Parma ha ricevuto una chiamata dalla Juventus per occuparsi di Scuola calcio e Academy estere, poi nel 2016 si è trasferito a Verona, allenando fino allo scorso giugno nel vivaio del Chievo: è arrivato fino alla categoria dei Giovanissimi. Da agosto è a Bolzano, alla guida del Südtirol Under 15, ma continua a tenersi in aggiornamento con altri colleghi. Ed è proprio durante gli incontri online del primo lockdown, sulla piattaforma Zoom, che è nata l’idea di scrivere un testo a 40 mani. «Ci sono tanti libri che parlano di aspetti tecnici e tattici, ma nessuno parla della figura dell’allenatore. Ci siamo confrontati così su quelle che dovevano essere le competenze e le conoscenze di un tecnico di settore giovanile - racconta -. Alla base c’è volontà di condivisione ed è proprio per questo che il libro è stato legato anche a un fine benefico: la maggior parte del ricavato è stato devoluto all’associazione Heal di Bernardo Corradi per le ricerche in neuro-oncologia pediatrica». Che cosa deve avere dunque un allenatore per fare quel mestiere? «Innanzi tutto una grandissima passione, ma anche dalla volontà di mettersi in gioco: è una sfida con sé stessi, con l’obiettivo di mettere al centro il ragazzo. Ci vogliono empatia e intelligenza emotiva».