Carlotta Gilli: «Fate entrare gli atleti disabili in servizio attivo»

«Voglio mettermi al servizio di tutti gli italiani» dice la giovane atleta paralimpica. Carlotta Gilli spera di diventare la prima fra gli atleti paralimpici a essere una vera poliziotta, senza lasciare la piscina
Carlotta Gilli «Fate entrare gli atleti disabili in servizio attivo»

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricevendo al Quirinale gli atleti olimpici e paralimpici di ritorno da Tokyo, ha detto che non poteva citare tutti, ma il nome di Carlotta Gilli e le sue cinque medaglie non potevano essere taciute. Alla prima Paralimpiade, la nuotatrice piemontese ipovedente (soffre di una malattia che le ha tolto progressivamente la vista fino a lasciarle appena 1/10), è stata il primo oro della spedizione, esattamente un mese fa, e la mancanza di pubblico non si è sentita. «Mi è sembrato tutto enorme, magnifico, più grande di tutte le altre esperienze. Non oso immaginare come sarebbe stato se ci fosse stato il pubblico».

Le aspettative non sono state disattese neanche in piscina.«Cinque medaglie in cinque gare neanche nel migliore dei sogni l’avrei potuto pensare. Poi aprire e chiudere con l’oro credo che sia stato un cerchio fantastico».

Quale è l’aggettivo di questa Paralimpiade?«Stratosferica, per come sono andate le gare, per le emozioni che ho vissuto, per tutto il contesto».

Da Ambassador di P&G Italia cosa significa il messaggio dell'iniziativa "La tua bontà è la tua grandezza"?«Questa campagna incarna perfettamente il messaggio che voglio mandare io e che va oltre lo sport: sacrificarti e credere in te stesso non solo per raggiungere i tuoi obiettivi sportivi, ma andare oltre raggiungendo la vita di tutti i giorni, le persone che stanno superando una difficoltà. Il messaggio è non fermarsi davanti agli ostacoli, ma trovare il modo di superarli, continuare a seguire i sogni».

I progetti futuri?«Mondiali, europei e tutto quello che verrà per il nuoto. Nella vita di tutti i giorni il mio sogno è quello di essere arruolata in polizia e di essere una poliziotta vera. Gli atleti paralimpici fanno parte dei gruppi sportivi, ma non sono arruolati come gli atleti olimpici. Da gennaio dovremmo essere arruolati e il mio sogno è di essere la prima in servizio attivo. Voglio mettermi al servizio di tutti gli italiani».

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Cosa prova nell’acqua?«Mi affascina il pensiero di come tutto il nostro corpo si muova all’interno dell’acqua, tutti i movimenti che sono stati studiati per cercare di muoversi più velocemente possibile».

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Quando ha capito che il nuoto poteva essere il suo futuro?«Da piccola non volevo nuotare, ma giocare a calcio. I miei mi hanno buttata in piscina. Vasca dopo vasca è nato l’amore. Le gare sono state a svolta. Lì ho cominciato a capire che poteva essere il mio futuro. Volevo la vita da atleta. Adesso mi alleno e studio».

L’atmosfera paralimpica sembra essere di grande condivisione.«Stare bene con i tuoi compagni di squadra è fondamentale. Siamo stati via un mese, se non stessi bene non resisterei».

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Quanto ancora manca in Italia il tema dell’inclusività?«Siamo molto indietro. A livello sportivo siamo fra i migliori al mondo. Sulla diversità c’è un problema su come la gente la vede e come è presentata. Io gareggio nel mondo olimpico e in quello paralimpico e le federazioni sono separate: le divise sono diverse, le date delle gare sono diverse. La gente ci vede diversi. Invece il fatto che le divise della polizia siano uguali come quelle fatte da Armani per Olimpiadi e Paralimpiadi ci aiuta molto. La gente vedeva solo atleti italiani. Nella vita sportiva abbiamo fatto molti passi avanti, non altrettanti nella vita quotidiana».

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