TORINO. La prima tappa del tour elettorale a Torino di Giuseppe Provenzano, vicesegretario del Pd, è il circolo Risorgimento in Barriera di Milano. Ai tempi d’oro del vecchio Pci, in via Poggio c’era una delle cinque sezioni di quel quartiere operaio. Ora, a poche decine di metri dall’ingresso del circolo, sventolano le bandiere della Lega: «Partiamo dall’idea di uscire da questa crisi a sinistra, con più diritti e giustizia sociale. La frontiera è il lavoro». È una sfida aperta a chi in questi anni si è preso, dopo il M5S, i consensi della periferia e la partita si gioca a tutto campo. E così l’ex ministro sfila al Pride, con il candidato sindaco del centrosinistra, Stefano Lo Russo al Pride. Poi con Gianni Cuperlo, storico esponente della sinistra Pd, e i segretari di Cgil, Cisl e Uil. «La destra ci accusa di avere come priorità solo i diritti civili. Invece siamo noi a farci carico dei problemi del lavoro. E poi diritti sociali e diritti civili vanno avanti insieme, non ci sono diritti di serie A o di serie B e lo si capisce ancor di più nelle zone di periferie dove queste doppie discriminazioni si sentono maggiormente». Provenzano riprende le sollecitazioni del padre fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, e di Pierluigi Bersani che hanno messo il lavoro al centro di una nuova aggregazione politica in grado di ricompattare tutto il centrosinistra e di aprirsi al M5S di Conte. Il problema per il Pd, però, è come rendere concreta l’idea di uscire dalla crisi a sinistra con un governo guidato da Mario Draghi, che gli industriali vorrebbero a Palazzo Chigi per un lungo periodo di tempo, e con una maggioranza dove Lega e Forza Italia si ergono a paladini del libero mercato. «Il premier – spiega Provenzano - ha lanciato la proposta di un Patto per la crescita dell’Italia. Lo avevamo proposto noi, recuperando lo spirito del 1993 portato avanti da Ciampi. Anche se oggi la sfida per certi versi è opposta: consolidare la svolta espansiva europea e far crescere il lavoro buono e gli stipendi». All’interno del Patto ci devono essere alcuni capisaldi: riforma degli ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro dando tutele a chi non ne ha, riforma degli appalti pubblici con lo stesso salario lungo tutta la filiera, la protezione gli investimenti dalle infiltrazioni mafiose, fondi per la sicurezza e accompagnamento delle piccole e medie imprese, riforma dell’apprendistato e degli stage per i giovani. Per l’ex ministro «mettere al centro della riflessione il lavoro non significa contrapporsi al mondo dell’impresa». E poi c’è il salario minimo. Pd e M5S viaggiano nella stessa direzione ma «parlare solo di salario minimo è riduttivo». Per Provenzano la definizione corretta è «retribuzioni giuste» e il Pd lo approfondirà in un’Agorà alla fine di ottobre. «Vogliamo affrontare la questione in una logica di sistema e nell’ambito della contrattazione collettiva e dei contratti che devono valere erga omnes». Dunque «è necessaria una riforma della legge della rappresentanza e noi porremmo con forza questa urgenza all’interno delle discussioni di governo. Con questa legge disboschi tutta la selva di contratti: ne abbiamo 900, un segno di degrado e dumping salariale. I contratti pirata sono causa del lavoro povero e hanno garanzie minime». Il ragionamento di Provenzano sembra tener conto dei paletti fissati da Maurizio Landini, il segretario della Cgil, che ha aperto all’idea del salario minimo, ma anche delle perplessità di Cisl e Uil. Resta il nodo Draghi, freddo alla proposta. «Il premier per la verità ha detto che il Patto serve per includere le parti più fragili della società e i giovani e questo apre per noi spazio per un’iniziativa politica». Dunque «noi facciamo delle proposte e non tutte si possono realizzare con questa maggioranza ma restano capisaldi della nostra offerta politica». E comunque, «quando si parla di ripartenza e dei fondi del Pnrr non si può eludere il tema del lavoro povero. Discutiamo del problema e troviamo le soluzioni». E al mondo dell’impresa lancia un messaggio: «Il tema è come si porta l’industria ad un livello competitivo più alto, ma non sul costo del lavoro. C’è la possibilità di farlo ma servono vere politiche industriali». Il Pd targato Letta con questo «recupero identitario» lavora alle alleanze politiche - ieri sera a Torino il confronto con Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) sulla giustizia sociale - ma soprattutto prova a mettersi in dialogo con «le nuove generazioni che vivono sulla loro pelle la questione sociale, non in contrapposizione ai diritti e alle libertà». E c’è una «nuova consapevolezza» anche a livello europeo: «Vediamo che cosa succede in Germania ma è interessante la proposta del Spd sui temi sociali come casa e salario minimo fino ai nuovi diritti digitali». E se il modello è la Germania il Pd lavorerà per far partecipare i lavoratori alla gestione delle imprese.