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Processo a Lucano, l'avvocato Pisapia: "Fedele rappresentante dello Stato, incapace di agire per guadagno"

Mimmo Lucano
Mimmo Lucano 
L'avvocato ha chiesto l'assoluzione piena per l'ex sindaco di Riace
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Estraneo alle accuse contestate. “Ontologicamente incapace” di agire per guadagno anche solo politico. Fedele “rappresentante dello Stato e interprete della Costituzione quando lo Stato era assente”. Per l’avvocato Giuliano Pisapia sono queste le ragioni per cui il tribunale di Locri deve assolvere con formula piena e in maniera rotonda e inequivocabile Mimmo Lucano, sindaco di Riace quando il piccolo paese della Locride era il borgo dell’accoglienza.  

Un modello per il mondo, la sede di un’associazione a delinquere costituita per sfruttare l’accoglienza e trarne un guadagno politico secondo la procura, che per Lucano ha chiesto una condanna a 7 anni e 11 mesi, contestandogli reati che vanno dall’abuso d’ufficio al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dalla truffa al peculato.  

Un castello accusatorio che già il giudice delle indagini preliminari aveva iniziato a smantellare e la Cassazione, chiamata a valutare la congruità del lungo esilio imposto a Lucano con i reati contestati, ha continuato a demolire, ma su cui il pm Michele Permunian e il procuratore Luigi D’Alessio hanno insistito fino alla requisitoria. “Accanimento terapeutico” lo chiama Pisapia, che chiarisce subito “Questo non è un processo politico, ma un po' di accanimento nei confronti di Lucano c’è stato”. 

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Eppure, l'ex sindaco è stato – dice il legale ed ex sindaco di Milano – “un uomo che ha messo la propria vita a disposizione della società, capace di rinunciare a candidature certe, sicure al Parlamento italiano ed europeo”. Dato storico incontrovertibile, sostiene Pisapia. Se in piena emergenza Mediterraneo, quando gli sbarchi si susseguivano sulle coste calabresi e la Prefettura sembrava incapace di accogliere i profughi, Lucano “è andato oltre” non è stato certo “per il potere, ma perché ci credeva ed era giusto, perché lo chiede la nostra Costituzione”. Ha agito “ma in perfetta buonafede e senza scopi di lucro o di altri guadagni personali".  

Del resto, sottolinea nel suo intervento l’avvocato Andrea Daqua, che da legale ha seguito Lucano fin dal suo arresto ai domiciliari il 2 ottobre 2018, “Mimmo Lucano vive in condizione di povertà, in una casa umile. Non c’è mai stato nessun arricchimento economico né interesse personale”. Anzi, ha devoluto in beneficenza persino i premi in denaro nel tempo ricevuti. E sono stati diversi perché Riace per anni è stato un modello non solo in Italia, ma nel mondo, più volte portato ad esempio persino dal Viminale e dalla Prefettura. Poi, di punto in bianco, i progetti sono stati bloccati illegittimamente – così hanno messo nero su bianco i giudici – senza dare il tempo all’amministrazione di sanare le criticità, alcuni ispettori hanno iniziato a vedere falle in quel modello in precedenza osannato e la Prefettura di Reggio Calabria ha deciso di ignorare chi dopo di loro ha invece lodato l’operato del Comune all’epoca guidato da Lucano.  

Il riferimento è alla relazione positiva sul modello Riace per lungo tempo rimasta nei cassetti e ignorata persino dalla procura di Locri, che ha avviato le indagini sulla base di un precedente rapporto degli ispettori, senza tenere in considerazione le valutazioni successive. “Si è costruito un castello accusatorio sul nulla  - afferma, durissimo, l’avvocato Daqua - Truffa e peculato? È come accusare un cadavere di omicidio”. Per colpire Lucano, aggiunge, “è stata fatta una forzatura della legge" e sono stati valorizzati come testimoni chiave soggetti “dall’assoluta inattendibilità”.  

Lucano, presente in aula, attento ascolta. “Vorrei solo ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini fino ad oggi, anche l’avvocato Antonio Mazzone, che è morto prima di vedere la fine di questo processo” dice al termine dell’udienza. Ansia per il verdetto, sostiene di non averne, anche se per la sentenza – ha anticipato il presidente – bisognerà attendere almeno fino a giovedì 30 settembre. 

Una pronuncia che arriva quasi a ridosso del silenzio elettorale per quelle regionali che vedono l’ex sindaco di Riace impegnato da capolista in una civica a sostegno dell’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Una prova, anche quella, a cui guarda senza apprensione. “Quello che mi viene contestato non l’ho mai nascosto, la gente lo sa. Se questa volta ho deciso di dire di sì alla candidatura, dopo aver rifiutato tante volte, è perché questa è l’occasione di una svolta per la Calabria”. 

E un’ulteriore a breve potrebbe arrivare anche per Riace. In queste ore, i giudici della Cassazione stanno valutando se – come quelli di primo e secondo grado hanno stabilito – l’attuale sindaco leghista Antonio Trifoli, come svelato da Repubblica, era ineleggibile all’epoca del voto, dunque dovrà essere dichiarato decaduto. L’ennesimo scossone per il borgo, cui l’attuale amministrazione fin da principio ha voluto cambiare il volto, rimuovendo anche i cartelli che lo identificavano come "paese dell'accoglienza"

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