Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari: «È ora di far sentire la nostra voce, uniti»

Il mondo della musica e dei live alza la voce sui social e si prepara a chiedere attenzioni al Governo: «Ci siamo stati quando ci è stato chiesto di fare la nostra parte. Adesso sembra che purtroppo dall’altra parte ci sia un muro invalicabile»
Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari «È ora di far sentire la nostra voce uniti»

Basta aprire i social e in questi giorni per capire che il mondo della musica non ci sta più. In un settore piegato da più di due anni di pandemia, con eventi bloccati e poi riaperti a capienza limitata, dopo un periodo di silenzio assordante ma dovuto, dove si è trovato il modo di concentrare le energie in operazioni benefiche a favore dei lavoratori dello spettacolo, con iniziative come quella di Scena Unita che ha raccolto quasi cinque milione di euro e dopo aver provato a richiedere le attenzioni necessarie a un governo che ha pensato a tutto tranne che alla cultura con le manifestazioni educate ma assordanti di Bauli in piazza, nulla sembra essersi mosso. L’estate è trascorsa con un massimo di 1000 persone per location, rigorosamente all’aperto, con distanziamento e mascherina, nonostante il tanto atteso Green pass, promessa di un possibile ritorno alla normalità. Duecentomila persone coinvolte che da più di due anni aspettano di tornare a fare il proprio lavoro, per chi resiste. Sono tanti i piccoli locali che non ce l’hanno fatta, così come piegate sono le agenzie di booking, live, e i tanti liberi professionisti del settore.Complici le immagini del comizio a Cosenza di Giuseppe Conte del 21 settembre, gli artisti hanno iniziato ad alzare la voce sui social. In primis Fedez, che ha attaccato l’ex premier per ricevere una risposta sull’irresponsabilità di un evento in cui la folla si è accalcata sotto il palco, come fosse un concerto di quelli che tutti rivogliono (ma che sono vietati). E con lui molti altri: da Calcutta, a Levante, Gaia, Ermal Meta, Jake La Furia, Alessandra Amoroso, Gianna Nannini, Rocco Hunt, Noemi, Takagi, Dardust, La Rappresentante di Lista, Cosmo solo per citarne alcuni.

I cantanti alzano la voce
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È ora di chiedere a gran voce che qualcosa cambi e, mentre il ministro Franceschini in giornata si riunirà con il Cts, per parlare di capienze, è già annunciato un incontro con la stampa per il 24 settembre, organizzato dai produttori della musica live e le associazioni di categoria di settore, nella quale verranno presentate le proposte rivolte al governo per uscire dal grande stallo in cui versa tutto il settore della musica live in Italia. A San Siro, per lanciare il messaggio che è ora di tornare a riempire gli spazi.

Abbiamo parlato con Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari che furono i primi a dover annullare un concerto, allo scoppio del primo lockdown e che in questi due anni hanno già rimandato due volte il loro tour nei palazzetti, al momento senza una nuova data di inizio. Perché non si può più rimandare per poi dover spostare di nuovo.

Partiamo dal comizio di Conte?«Abbiamo commentato in modo ironico, perché sono mesi che stiamo aspettando di avere una risposta a domande che altrove l’hanno già ricevuta. Non è vero che siamo gli unici ad avere spazi contingentati o limiti di capienza, ma è vero che ci sono molti settori messi meglio di noi. In Italia siamo in una situazione a dir poco assurda e claustrofobica che è penalizzante per il nostro settore. Vedere certe immagini come quelle del comizio a Cosenza fa cadere le braccia. Anche perché quando è sopraggiunta questa maledetta pandemia tutti noi del mondo della musica, a partire da chi ha più visibilità, abbiamo da subito aiutato il governo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’utilizzo della mascherina, il rispetto dei distanziamenti, lo stare in casa. Ci siamo stati, per il governo, quando ci è stato chiesto di fare la nostra parte. Adesso sembra che purtroppo dall’altra parte ci sia un muro invalicabile.»

Conte ha risposto a Fedez «Non va bene portare le capienze all’80% dobbiamo portarle al 100% dobbiamo ripartire, dobbiamo ripartire forti, dobbiamo ripartire tutti insieme».«Sembra che ci sia molta propensione allo slogan, è chiaro che nel momento in cui escono foto in cui mezza Italia ti dice che hai fatto qualcosa di sbagliato devi correre ai ripari, la risposta a modi slogan è indicativa del fatto che non c’è altro modo di rispondere a un’osservazione del genere. È qualcosa di assurdo e sbagliato e non hai giusiticazione, soprattutto in un momento in cui già sei nell’occhio del ciclone. Non parlo solo di Conte, penso alla politica in generale. La politica invece deve dare delle risposte sulla direzione da prendere, e sicuramente non si fa con degli esempi sbagliati.»

Anche Salmo, vostro collega, il 13 agosto ha organizzato un concerto a Olbia che ha suscitato lo stesso tipo di sgomento.«Ho seguito la vicenda Salmo, ma non son riuscito a capire quale sia stata la narrazione. Quando fai un gesto che definisci tu stesso politico, di disobbedienza sociale, di sfregio alle istituzioni, è importantissima la narrazione che fai di quell’evento. Io non ho visto comunicati nei giorni precedenti, non ci sono stati. Lo seguo e lo stimo come artista, ma non ho visto alcuna intenzione, non ho letto di disobbedienze sociali che stavano per avvenire. Ho letto “ci sarà un concerto” e chiaramente poi quando vengono fuori le foto e i video di come al serata non sia sia svolta nel modo più giusto è chiaro che si crea un putiferio. Magari davvero voleva fare qualcosa di sbagliato e ribelle, ma non la reputo una cosa giusta perché se stiamo tutti sulla stessa barca non stai facendo un bene ai tuoi pari. Non ho capito cosa volesse fare.»

Avete suonato per l’ultima volta il 16 settembre 2019.Poi avete rimandato il vostro tour nei palazzetti, ma perché non suonare in altro modo come hanno fatto altri colleghi?«Ci sono così tante motivazioni… Innanzitutto, ed è forse il motivo già banale è che ho assistito a concetti in queste modalità e per me non sono concerti al potenziale massimo. Non sarei diventato musicista forse se quelli fossero stati i concerti. Chiaro che qualcuno possa dire "meglio di niente". Ma per quanto mi riguarda è il tour più importante della nostra vita e lo dobbiamo vivere al meglio, è un live ragionato e scritto per un’arena enorme. Consta del pubblico grande, dell’atmosfera di festa, del saltare e del divertirci insieme. Sarebbe come dire facciamo un film comico, in cui però non possiamo mai dire le parolacce. Diventa un controsenso. Una seconda ragione è che avremmo potuto adattarci ma avrebbe voluto dire abbassare la capienza, dilazionare il pubblico in diverse date, disunendo famiglie, compagnie di amici. Avremmo potuto fare un altro tour? Per noi sarebbe stato un segno irrispettoso verso chi un biglietto lo ha già comprato e sta aspettando pazientemente con noi. O anche lamentandosi, con noi. È una questione di rispetto. Non abbiamo voluto andare in quella direzione anche se ci sarebbe stato un ritorno economico, ma comprendiamo chi lo ha fatto, senza biasimo.»

Siete arrabbiati? Tristi? Qual è il tuo sentimento predominante?«Cerco di non essere né triste né arrabbiato. Chiaramente un po’ di rabbia c’è, e anche tristezza, ma si cerca di essere ancora propositivi, si cerca di trovare un dialogo. Chiaramente è difficile, sembra quasi che l’Unione Europea serve solo quando fa comodo, e quando invece non fa comodo si ignori. Non guardiamo fuori dal nostro orticello, sembra davvero che non riusicamo a capire che il mondo si sta rialzando e noi siamo i fanalini di coda. Stiamo cercando, non solo noi Pinguini, ma tutti gli artisti, di far capire, anche utilizzando l’arma della visibilità, che c’è una classe politica che non ci ascolta. E questa per me è una disobbedienza civile estremamente morigerata, sobria e giusta.»

Perché all’estero quei concerti senza distanziamento ci sono già e in Italia no?«Questo è il tema. Sono andato quest’estate a Copenaghen, certo sono stati i primi a riaprire tutto, però quando sono stato lì ho visto due concerti e sembrava di essere al 2019.Quando senti della Germania, dei tumulti in Francia e anche in Spagna per non parlare dell'Est Europa, dove i Maneskin ci hanno già dimostrato come sia tutto allo stadio pre pandemia, viene da domandarsi perché non alziamo la testa. Forse perché siamo troppo preoccupati, a livello di classe politica, a cercare, tra le campagne ellettorali, alla propaganda e  ci stiamo dimenticando di un settore che è stato il primo a chiudere e sarà l’ultimo a riaprire.»

Cosa succede ora?«Non sono di quelli che punta solo soltanto il dito contro, diciamo che dobbiamo imparare assolutamente a fare rete, noi artisti, booking, organizzatori, promoter, tutti. Se si riesce a far rete si può fare capire che se tutte le voci cantano insieme lo stesso coro sono più forti di una e che quando si è tutti nella stessa barca che sta affondando non conviene remare contro. Se remiamo tutti insieme e facciamo sentire la nostra voce in modo unitario qualcuno ci deve ascoltare.»

Cos'è importante per te?«Confido per quanto riguarda il futuro che ci sia meno precarietà nel nostro settore, dal punto di vista contrattuale. Non è una priorità, al momento si deve solo ripartire, ma se dovesse arrivare un’altra catastrofe di questo tipo dovremo farci trovare già pronti. Dovremo riuscire a fare sentire la nostra voce come settore e industria nel modo più preciso e delineato. Dall’altra parte non ci ascoltano, ma anche noi dobbiammo essere più uniti».

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