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La sostenibilità piace ma solo se i prezzi dei prodotti non aumentano

Nomisma:consumatori convinti della svolta green, ma poco disposti a spendere di più. Nelle aziende vantaggi non sempre immediati: i casi Barilla, Granarolo e Coop

di Giorgio dell'Orefice

Giorgetti: "Coniugare sostenibilità ambientale con quella economica"

3' di lettura

La parola sostenibilità nel Pnrr è citata 465 volte. Non serviva il monitoraggio lessical-statistico effettuato da Nomisma per capire che si tratta di un termine un po’ inflazionato. Tuttavia, al di là della sovra-evocazione sta emergendo soprattutto un problema di contenuti. Il termine sostenibilità, infatti nel settore agroalimentare ma non solo, viene riferito prevalentemente a tematiche ambientali lasciando un peso quasi residuale agli altri due pilastri della sostenibilità quelli economico e sociale.

E questo spiega un certo rallentamento nell’abbracciare la transizione visto che se da un lato le imprese che hanno investito in sostenibilità registrano un fatturato per addetto superiore alla media del 10%, dall’altro solo una impresa su 4 del settore manifatturiero prevede di investire in prodotti e tecnologie green nel triennio 2021-23. La ragione? Probabilmente è in un altro dato: nonostante il 90% dei consumatori si dica convinto della necessità di una “mobilitazione ambientale” alla prova dei fatti poi il 54% degli stessi consumatori si dichiara non disposto a pagare di più per un prodotto sostenibile. Le imprese quindi si trovano davanti a investimenti dai costi certi ma dai ritorni tutti da verificare.

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È quanto è emerso nei giorni scorsi a Bologna nel corso dell’incontro “Verso Cop 26. Il contributo della filiera agroalimentare agli obiettivi di neutralità climatica” organizzato dall’Osservatorio Sostenibilità di Nomisma insieme con il ministero della Transizione ecologica.

«In Italia si è fatto tanto sulla sostenibilità e tanto si prevede di investire – ha spiegato la responsabile market intelligence di Nomisma, Silvia Zucconi –. Utilizziamo il 18,2% di energia da fonti rinnovabili (contro il 19% europeo) e abbiamo destinato al riciclo il 68% dei rifiuti prodotti contro una media Ue del 41%. In tante classifiche internazionali siamo ai vertici. Ma ancora poco sappiamo di quanto sia complesso e difficile raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati. Quanto sarà difficile, ad esempio, raggiungere la neutralità climatica entro il 2050? Senza contare che ci sono gli imprevisti. L’attuale rialzo dei prezzi delle materie prime rischia di frenare il percorso verso la transizione ecologica soprattutto per la parte legata all’innovazione tecnologica. Secondo i nostri dati le imprese sostenibili registrano un fatturato per addetto superiore del 10% alla media».

Gli esempi sull’impatto dei rialzi delle materie prime sulla transizione green e la necessità di un maggior coinvolgimento del mercato e dei consumatori chiariscono come i temi della sostenibilità non possano essere slegati da quelli economico produttivi.

«Un punto da chiarire – ha aggiunto il presidente di Granarolo, Giampiero Calzolari – è che le industrie alimentari non possono avere come obiettivo quello di produrre meno. Noi nel rispetto dell’ambiente dobbiamo produrre di più e con sempre maggiore qualità perché è quello che ci chiedono i mercati. E poi va chiarito un punto: la plastica nel packaging non è un vezzo dell’industria, ma la soluzione che fin qui ci ha offerto le maggiori garanzie in termini di sicurezza alimentare. Il processo di sostituzione con la carta non può che essere graduale. L’intero percorso di transizione ecologica deve poi coinvolgere le aziende agricole non solo con i vincoli ma anche con delle premialità».

«Sul fronte della sostenibilità come su quello dell’approvvigionamento delle materie prime – ha aggiunto il direttore acquisti imballi e responsabile sostenibilità delle filiere Barilla, Leonardo Mirone – è centrale lo strumento dei contratti di filiera. Una leva importante per distribuire meglio il valore all’interno del processo produttivo, ma con la quale è possibile raggiungere anche altri obiettivi come quelli di un più efficiente utilizzo delle risorse e realizzare una più efficace lotta agli sprechi».

«Sulla sostenibilità bisogna resistere ai luoghi comuni – ha aggiunto il presidente di Coop Italia e dell’Associazione distribuzione moderna, Marco Pedroni –. Va bene lo sforzo di ridurre gli imballaggi e il packaging, ma attenzione perché portare l’ortofrutta sfusa sui banchi della grande distribuzione richiede sforzi in termini logistici e di refrigerazione con altrettanto pesanti impatti in termini di emissioni. L’importante è realizzare il maggior coinvolgimento possibile del mondo produttivo e della trasformazione perché solo in questo modo le innovazioni diventano standard in grado di produrre vantaggi per tutti».

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