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Addio ad Antonio Pennacchi: chi era il fasciocomunista che vinse lo Strega

Addio ad Antonio Pennacchi. Il vincitore del Premio Strega 2010 con “Canale Mussolini” conosciuto come il  “fasciocomunista” per il romanzo autobiografico omonimo scritto nel 2003, l’ex operaio diventato scrittore di successo, se ne è andato all’età di 71 anni, da quel mondo, di cui diceva essere un posto dove non puoi stare tranquillo «se sei nato con l’animaccia da galantuomo». Dalle prime informazioni la causa della morte sarebbe stato un infarto. 

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Addio al “fasciocomunista” Antonio Pennacchi

Nato a Latina nel 1950, Pennacchi è stato a lungo operaio dell’Alcatel Cavi, dedicandosi attivamente alla politica prima nelle file del Msi e poi in quelle del Partito marxista-leninista Italiano. Tra gli anni ’70 e ’80 poi aderisce al Psi e poi ai sindacati, alla Cgil e poi alla Uil. A33 anni decide di laurearsi in Lettere e Filosofia per poi dedicarsi alla carriera di scrittore e far conoscere al grande pubblico la bonifica dell’Agro Pontino e il mondo operaio.

La grande epopea dell’Agro Pontino e del lavoro operaio

Il primo romanzo, Mammut,  dopo decine e decine di rifiuti, il primo romanzo, “Mammut” vede la luce nel 1995, grazie a Donzelli, seguito da “Palude. Storia d’amore, di spettri e di trapianti”. Nel 2003 pubblica “Il fasciocomunista, Vita scriteriata di Accio Benassi“, un romanzo autobiografico da cui nel 2007 è stato tratto il film “Mio fratello è figlio unico”, diretto da Daniele Luchetti. Nel 2010 è la consacrazione del successo con “Canale Mussolini”, finalista al Premio Campiello e vincitore dello Strega.

L’appartenenza alla terra e le contraddizioni sociali causate da genti italiche di diversa provenienza ed estrazione tipiche dell’Agro Pontino costituiscono il corpus narrativo, di stile schietto e sanguigno, dei diversi libri di Pennacchi, come un lungo viaggio alla scoperta di trent’anni di lavoro operaio.

Ha firmato poi Storia di Karel (2013), Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari (2014), Canale Mussolini. Parte seconda (2015), Il delitto di Agora (2018), rivisitazione del thriller Una nuvola rossa pubblicato nel 1998, e La strada del mare (2020).

Antonio Pennacchi: insofferente e schietto

Scrittore e uomo insofferente a qualunque conformismo, Pennacchi va dritto per la sua strada e racconta l’epopea dell’Agro Pontino, da tutte le prospettive possibili. Mai prudente, né condizionato dal pensiero dominante sulla libertà scrive: «Lei dice che la libertà in Italia l’avrebbe levata il fascismo? Ma in Italia non c’è mai stata la libertà, che t’ha potuto levare il fascismo? Ai signori gliel’avrà levata, ma i poveracci non ce l’avevano mai avuta».

Con il suo baschetto e la sua sciarpa rossa immancabile sulla giacca, Pennacchi se la rideva sotto i baffi rideva e affrontava chiunque lo volesse mettere in difficoltà. Indimenticabile il «Vai a scuola, studia!» detto a Salvini. Ma dietro a tutta quella sicurezza e schiettezza, Pennacchi era però consapevole di una cosa importante. Che «il dramma della condizione umana è proprio questo: sei quasi perennemente condannato a vivere nel torto, pensando peraltro d’avere pure ragione» .

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA