Usain Bolt, la vita da papà e la nostalgia per le Olimpiadi: «Mi manca l’adrenalina della gara»

di Gaia Piccardi, inviata a Tokyo

Il velocista giamaicano sta seguendo alla tv l’Olimpiade: da giovedì notte via alle gare di atletica

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Delle stelle dell’atletica (al via stanotte) nessuna brilla come Usain Bolt. Che risponde dalla Giamaica, da dove seguirà l’Olimpiade alla tv.

Cinque anni dopo Rio, per la prima volta da Atene 2004 i Giochi sono senza Bolt.
«Sopravviverete!».

DECISIONI DEL GIORNO

Dov’è? Come sta?
«Sono a casa, tutto bene. Mi sarebbe piaciuto venire a Tokyo, ma la pandemia ha reso viaggiare davvero difficile. Mi tengo impegnato con sponsor e interviste».

E con tre figli.
«Fare il papà è fantastico. A Olympia si sono aggiunti da poco i gemelli Thunder e Saint Leo. Un’esperienza nuova che adoro».

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È un papà che si alza di notte per cambiare il pannolino?
«Sì certo, e me la cavo. Ma con tre bambini in casa sono felice che la mia famiglia ci dia una mano».

Assomigliano più a lei o a sua moglie Kasi?
«Direi che Olympia ha ereditato la mia energia: non sta ferma un secondo. E i gemelli sono sulla buona strada».

Il Covid le ha lasciato postumi?
«Sono risultato positivo nell’agosto 2020. Asintomatico, nessuna conseguenza».

È curioso di scoprire chi sarà il suo erede a Tokyo?
«I pronostici non mi sono mai piaciuti, nemmeno quando correvo io. Per esperienza, posso dire che l’oro non finirà tanto al collo di chi è stato più veloce fin qui nella stagione, ma di chi saprà mettere in pista la prestazione migliore nel momento in cui conta».

Quindi anche Marcell Jacobs, che ha un personale di 9”95, potrebbe farcela?
«Chiunque».

Jacobs-Tortu è il derby dello sprint in casa Italia. Quanto è importante avere un rivale forte in squadra?
«Powell, Carter, Blake... Negli anni mi sono battuto con la miglior generazione di sprinter giamaicani. Una rivalità interna di qualità è fondamentale per crescere e tenerti sempre allerta. Se ti siedi, l’altro ti frega».

E gli eredi di Bolt in Giamaica, dove sono?
«Missing, al momento. La Giamaica è nelle mani delle nostre donne».

Di notte, le capita mai di sognare di essere sui blocchi?
«No. Ci sono stato a sufficienza da sveglio, evidentemente!».

Quali tempi avrebbe potuto realizzare Usain Bolt con le scarpe speciali con il tacco?
«Negli anni in cui ho corso io, alle aziende è stato sempre impedito di modificare le spike. Che adesso lo facciano tutti mi sembra ridicolo ed è scorretto per quegli atleti che non possono permettersele».

C’è qualcosa che le manca dell’atletica?
«Mi mancano l’elettricità pre-gara, l’adrenalina, la vittoria. Mi manca l’emozione di entrare in uno stadio e sentire 60 mila persone gridare il mio nome».

Tokyo è un’Olimpiade a porte chiuse: lo stadio olimpico sarà tristemente vuoto.
«Non riesco ad immaginare cosa voglia dire correre i 100 e i 200 nel silenzio. Io mi nutrivo dell’energia del pubblico, era un elemento vitale».

È favorevole al vaccino?
«Io l’ho fatto».

La sua avventura nel calcio non è mai decollata.
«Con il pallone mi sono divertito, ma per salire di livello avrei avuto bisogno di più tempo e allenamento».

E invece la musica? Quanto è serio il progetto di un disco?
«Serissimo! Sto producendo canzoni che qui in Giamaica sono state ricevute molto bene. Il mio obiettivo è diventare il Dj Khalid della musica dancehall».

Osservando la sua carriera, di cosa è più fiero?
«Ho corso all’unico scopo di vincere medaglie: credo che i miei 8 ori olimpici e 11 mondiali siano un risultato niente male».

Pellegrini ha 33 anni, Montano 42: la longevità è un talento, secondo lei?
«Ho un’ammirazione sconfinata per chi riesce a trovare la motivazione per andare avanti così tanto. Quando hai vinto tutto, continuare a spingere il fisico al limite diventa un sacrificio».

Bolt, i suoi record (9”58 nei 100 e 19”19 nei 200) sono scolpiti nella pietra: anche a Tokyo sembrano al sicuro.
«Sono d’accordo. Ma i record sono fatti per essere battuti, prima o poi succederà».

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29 luglio 2021 (modifica il 29 luglio 2021 | 09:13)