Siria, la lotta degli allevatori per salvare i cavalli di razza nella provincia ribelle di Idlib

di Marta Serafini

Nelle campagne del nord del Paese riprendono gli sport equestri messi in crisi dalla guerra. Ma sia l’allevamento che la vendita sono resi difficili dalla situazione politica

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A Idlib e dintorni, nelle aree controllate dalle forze di opposizione siriane appoggiate dalla Turchia, c’è una cosa che non manca. E sono i cavalli. Arabi, di razza, bellissimi. Durante la guerra sono stati trascurati, molti di loro sono morti di fame e lasciati scappare e talvolta sono stati pure impiegati dai miliziani durante i combattimenti. Ma ora c’è chi tenta di recuperarne l'allevamento e l’addestramento.

Come racconta il sito Al Monitor, il consiglio locale della città di Qabasin, nella campagna di Aleppo, il 26 giugno ha annunciato trionfalmente su Facebook: «In collaborazione con Al-Khalifa Stud Club, si è svolto il primo Festival di Tarhin per cavalli arabi di razza con la partecipazione di oltre 70 cavalli nell’ ippodromo di Aliken nel villaggio di Tarhin. I vincitori del primo, secondo e terzo posto sono stati premiati in mezzo a una grande affluenza di persone provenienti dalla campagna orientale di Aleppo». Una corsa equestre che «mira a introdurre i cavalli arabi di razza e la loro bellezza, ad aumentare la popolarità degli sport equestri e ad incoraggiare le persone a seguirli». Primo round della competizione, per cavalli giovani che correvano per la prima volta su una distanza di 1.000 metri . Il secondo era per i puledri al galoppo su una distanza di 1.200 metri. Poi, il terzo round su 2.200 metri cui hanno partecipato nove cavalli arabi di razza. Infine il settimo e ultimo round in cui si sono sfidati 10 cavalli arabi di razza pura. Al primo cavallerizzo classificato, un premio di 1.000 lire turche (115 dollari circa), al 500 lire turche (58 dollari) e al terzo 300 lire turche (35 dollari). Non male in una zona dove manca tutto, dal cibo, passando per i medicinali fino all’elettricità.

Tra i fantini, decine di atleti provenienti da diverse parti del Paese, in particolare dalla campagna di Idlib e Aleppo, oltre agli sfollati dalla Siria orientale. «Prima della guerra lo sport dell’equitazione non era molto popolare nelle aree dell’opposizione ma ora stiamo notando che i giovani sono interessati ad apprenderlo», ha spiegato ad Al Monitor Ahmed al-Afandi, direttore dell’ufficio media della Federazione equestre nel nord della Siria. «L’allevamento di cavalli è una professione che ho ereditato dai miei genitori e dai miei nonni, ma la guerra e lo sfollamento mi hanno costretto a smettere di esercitarla. Tuttavia, quando mi sono trasferito nelle zone controllate dall’opposizione nelle campagne di Aleppo e ho trovato una certa stabilità, ho deciso di riprendere e partecipare alle gare», ha confidato ad Al Monitor un partecipante al festival della campagna di Deir ez-Zor, nella Siria orientale

Secondo alcuni, la ripresa dell’equitazione ha a che fare con la situazione politica della zona, presa di mira dal governo di Damasco e controllata dalle milizie jihadiste supportate dalla vicina Turchia. Nel 2018 Osama al-Zaim ha fondato l’al-Zaim Equestrian Club, il primo a Idlib. «Abbiamo creato questo club per insegnare a tutte le età e da allora siamo stati in grado di formare più di 1.500 persone», ha raccontato a Middle East Eye questo giovane rifugiato palestinese, fuggito a Idlib da Aleppo. Zaim ha aggiunto che il club organizza periodicamente gare con un massimo di 50 partecipanti provenienti da tutto il nord della Siria. «C’è una buona richiesta per queste gare, perché questo sport era inaccessibile per la maggior parte delle persone sotto il regime autoritario del presidente Bashar al-Assad», ha spiegato.

Uno sport da ricchi. E se nella capitale non mancano maneggi e club, gli allevatori di cavalli arabi purosangue delle campagne di Aleppo affrontano molte sfide. In testa quella di procurarsi medicine e vaccini per i cavalli, e la mancanza di stalle e piste per l’addestramento e per le corse. Poi il costo della biada che raggiunge le 400.000 lire siriane al mese (318 dollari). Un prezzo esorbitante per la regione, motivato della crisi economica e della svalutazione che sta colpendo la moneta locale dopo il crollo finanziario del Libano.

E non solo. Sebbene ottenere i certificati di pedigree sia particolarmente importante per i cavalli purosangue, questa pratica è impossibile in tempo di guerra. «L’ufficio della World Arabian Horse Organization si trova a Damasco non registra i cavalli nelle aree controllate dall’opposizione, con il risultato che ci sono più di 300 cavalli non registrati a Idlib che non potranno mai correre all’estero o essere venduti», ha sentenziato Zaim.

E così, ancora una volta, i cavalli tornano ad essere involontari strumenti di guerra.

25 luglio 2021 (modifica il 25 luglio 2021 | 19:09)