Iran, proteste contro il regime in Khuzestan «Almeno 5 morti, bloccato internet»

di Viviana Mazza

Da una settimana continuano le manifestazioni per la grave carenza d’acqua. Per il governo sono 2 le vittime, uccise dai «rivoltosi». In piazza il grido: «Morte al dittatore»

Iran, proteste contro il regime in Khuzestan «Almeno 5 morti, bloccato internet»

Nel Khuzestan, provincia nel sud-ovest dell’Iran, da una settimana centinaia di persone protestano per la mancanza d’acqua. La richiesta di acqua da bere ma anche per le coltivazioni è sfociata in piazza la sera del 15 luglio. Secondo Bbc Persian, ci sono state proteste in almeno 17 città della provincia, tra cui Ahvaz, Shadegan, Izeh e Susangerd. Immagini e informazioni diffuse sui social documentano la morte di almeno cinque persone, ma le autorità ne confermano due — il 30enne Mostafa Naeemavi e il diciassettenne Ghasem Nasseri-Khaziri — e danno la colpa ai «rivoltosi» pubblicando interviste in cui i familiari delle vittime condannano le proteste. Gli attivisti all’estero denunciano che «costringere» le famiglie ad esonerare il governo dalle responsabilità è una pratica comune nella Repubblica Islamica e una «violenza psicologica».

I video

Nei video emersi sui social negli ultimi due giorni si sentono manifestanti gridare «Morte al dittatore» e altri slogan contro la Repubblica Islamica, si sentono anche spari sulla folla e si vede l’uso di lacrimogeni. Si vedono anche mezzi militari trasportati nella zona di Mahshahr, dove durante le manifestazioni del 2019 ci fu il numero maggiore di morti. Secondo alcune fonti, da ieri internet è inaccessibile in Khuzestan. Le autorità contestano la veridicità dei filmati e avvertono che chi li pubblica finirà in tribunale.

Siccità e cattiva gestione

La carenza d’acqua è legata alla siccità peggiore registrata negli ultimi cinquant’anni. L’ex presidente Hassan Rouhani aveva riconosciuto la crisi, un mese fa, incolpando in parte le sanzioni che limitano gli investimenti nel settore energetico. Ma i critici sostengono che la colpa è anche della cattiva gestione delle risorse, controllata completamente dai Guardiani della Rivoluzione. La provincia del Khuzestan, ricca di petrolio e di altre risorse, è anche la più povera. La costruzione di dighe ha deviato l’acqua dai fiumi Del, Karkeh e Karun verso altre zone. Il governo ha spesso ignorato gli avvertimenti degli ambientalisti, alcuni dei quali sono essi stessi finiti in prigione.

Nulla da perdere

«Queste ultime proteste come quelle che si sono viste in Iran dal 2017 in poi vedono sollevarsi le classi meno abbienti della società», osserva da Oslo Mahmood Amiry-Moghaddam dell’associazione Iran Human Rights. «Non si tratta della classe media delle grandi città che protesta per ragioni politiche e con una certa simpatia per i riformisti, si tratta di poveri che costituivano tradizionalmente le fondamenta del regime e per questo il loro dissenso è molto pericoloso, costituisce una minaccia esistenziale. È gente che non ha più nulla da perdere».

Continui blackout

A Teheran ci sono manifestazioni più ridotte, come quella della nota attivista Narges Mohammadi, fermata mercoledì per alcune ore dopo aver protestato davanti al ministero dell’Interno con un gruppo di colleghi in solidarietà con il Khuzestan. Anche atleti, personalità del cinema e persone comuni stanno esprimendo solidarietà alla provincia del sud-ovest, lanciando un messaggio di unità. Ci sono proteste anche per i continui blackout. La riduzione del 50% circa nelle precipitazioni ha lasciato le dighe con riserve idriche in diminuzione. Migliaia di lavoratori del settore energetico chiedono migliori condizioni lavorative e salariali.

Unità

Il Khuzestan è una provincia con una numerosa minoranza arabofona, marginalizzata e invisa alle autorità anche a causa dell’esistenza di gruppuscoli separatisti e dove la repressione del dissenso è spesso più dura che altrove. Ma gli slogan non sono separatisti, rivendicano al contrario che questa provincia sia parte dell’Iran. Parte del risentimento è legato al fatto che la Repubblica Islamica ha inviato aiuti in Siria, Libano, Iraq e altri Paesi della regione in cui ha interessi politici, afferma Amiry-Moghaddam. «Nei giorni scorsi, dopo l’inizio delle proteste, la Guida Suprema Ali Khamenei ha dichiarato in un discorso che il suo cuore è a pezzi per il Libano, l’Iraq e l’Afghanistan, ma non ha menzionato il Khuzestan».

I sussidi

Quarant’anni dopo la promessa del fondatore della rivoluzione, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, che la Repubblica Islamica avrebbe garantito «acqua e luce gratis per i poveri», l’aumento dei prezzi nel Paese ricco di risorse energetiche viene vissuto come un tradimento dal popolo. Tutti ricordano le proteste del novembre 2019 iniziate per la decisione di aumentare il costo della benzina di 50 centesimi: centinaia di persone furono uccise nelle manifestazioni anti-regime. I politici — incluso il neoeletto presidente Raisi — non hanno il coraggio di tagliare i sussidi, che ammontano ad un totale di 100 miliardi di dollari l’anno e cioè il 4,7 del Pil: un record mondiale che però l’Iran fiaccato dalle sanzioni Usa e dal Covid non può permettersi.

21 luglio 2021 (modifica il 21 luglio 2021 | 19:59)