La magistratura, una parte della politica, ora anche le associazioni dei consumatori. Altra bocciatura per la riforma della giustizia firmata dalla ministra Marta Cartabia, criticata duramente da un comunicato congiunto firmato da Codici, Adusbef, Asso-Consum, Assoutenti, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, Casa del Consumatore, Confconsumatori, Ctcu Bolzano, Movimento Consumatori e Movimento Difesa del Cittadino. Le accuse degli enti si concentrano sul testo dell’articolo 1 bis, che a sentire le associazioni contiene alcune disposizioni in netto contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione e dall’Unione Europea e, di fatto, impedisce loro “di costituirsi parte civile nei procedimenti penali” per difendere gli interessi collettivi lesi da reato. Per questo motivo le associazioni non sarebbero più libere di sostenere determinate tematiche sociali, nella fattispecie – scrivono – “le attività di contrasto dell’usura o di tutela dell’ambiente”.

“ARTICOLO PRESENTA SERI VIZI DI COSTITUZIONALITA'”
“Così come formulato – dichiarano i rappresentanti delle associazioni – l’articolo 1 bis presenta seri vizi di costituzionalità ed errate interpretazioni della direttiva europea 2012/29/UE, anche in netta contrapposizione con la più recente legislazione che ha riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti non profit. È bene ricordare che i diritti della personalità, cui sono assimilati gli scopi statutari perseguiti e tutelati dagli Enti del Terzo Settore – si legge nella nota congiunta – rientrano nel novero dei diritti inviolabili della persona. In quanto tali, sono diritti assoluti, indefettibili, inalienabili, intrasmissibili, imprescrittibili ed irrinunziabili, riconosciuti dall’articolo 2 della Costituzione, che, come è noto, stabilisce che ‘la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’”.

“A RISCHIO LE ATTIVITA’ DI CONTRASTO DELL’USURA O DI TUTELA DELL’AMBIENTE”
Entrando nel merito della questione, le associazioni sostengono che l’articolo 1 bis scaturito dal lavoro della Commissione Lattanzi “priverebbe di contenuto e di significato l’opera di sensibilizzazione svolta dalle associazioni” e “costituisce ulteriore e grave violazione ai dettami costituzionali la previsione, a pena di inammissibilità, del consenso della persona offesa per l’intervento degli enti esponenziali nel processo in quanto li priverebbe della loro piena autonomia sancita dalla Costituzione e sminuirebbe in modo significativo la valenza del loro operato“. Per questo motivo secondo chi denuncia le associazioni non sarebbero più libere di sostenere determinate tematiche sociali, nella fattispecie – scrivono – “le attività di contrasto dell’usura o di tutela dell’ambiente, anche nelle sedi giudiziali ove è possibile che le loro richieste di ripristino della legalità vengano accolte, ma è necessario che la persona offesa dal reato, con tutte le difficoltà del caso, si rivolga ad esse per essere sostenuta in un processo già avviato, con la conseguenza che, ove manchi l’atto d’impulso, importanti e gravi questioni che potrebbero essere denunciate all’autorità giudiziaria rimangano irrisolte”.

“PENALIZZATE LE VITTIME D’ESTORSIONE”
“Tale limitazione priva gli enti delle prerogative riconosciute dalla Costituzione e quindi della loro libertà di azione con nocumento alla collettività – scrivono ancora le associazioni nella nota congiunta – che non potrà più avvalersi di soggetti che liberamente e senza vincoli di sorta sono portatori di diritti di rilevanza sociale. Si pensi ai numerosi casi di usura ed estorsione che difficilmente vengono denunciati dalle vittime – è l’argomentazione degli enti – e che solo grazie alla presenza delle associazioni nei processi vengono a conoscenza dell’opinione pubblica e degli organi inquirenti. Le argomentazioni svolte nell’articolo 1 bis per escludere gli enti esponenziali dal processo – è la conclusione della missiva – non sono dunque consone alle norme costituzionali, alle direttive UE e alla funzione sociale riconosciuta dal legislatore agli enti nella tutela dei diritti offesi e soprattutto pongono nel nulla arresti giurisprudenziali che hanno confermato per decenni l’effettività del ruolo svolto dalle formazioni sociali”.

“LA LEGGE DEVE ESSERE MODIFICATA”
Da questo dato di fatto ecco l’appello degli enti a difesa del consumatore: “È per questo che chiediamo la modifica della riforma nell’articolo in cui di fatto viene negata alle associazioni la possibilità di costituirsi parte civile. È necessario, invece, garantire la possibilità alla società civile di poter continuare a difendere in aula, come fatto finora, i diritti delle persone deboli a partire dai processi che riguardano la criminalità organizzata”, concludono le associazioni.

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