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Una vacanza alle isole Tremiti

Foto Andrea Pistolesi
Foto Andrea Pistolesi 
Un piccolo arcipelago, riserva marina del Parco Nazionale del Gargano. Un posto dove il mare è azzurro davvero e i tramonti veramente rosa. E dove il turismo c'è da sempre, ma “a numero chiuso”. Ci siamo stati e ve lo raccontiamo
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A volte capita di trovarsi di fronte a certe meraviglie e pensare di tenerle segrete, di non farle conoscere a nessuno, come a volerle proteggere. Del resto è vero che, come diceva Dostoevskij, “ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici”. Ma mettere a disposizione di tutti la scoperta di luoghi segreti e meravigliosi a volte diventa un dono, un atto d’amore.

Anche perché alle Tremiti non si capita per caso, ma per scelta. Si tratta, infatti, di un arcipelago (pugliese) nel basso Adriatico, dove le isole abitate sono solo due, dove ci sono pochissime spiagge, dove il massimo della movida serale è uscire a cena la sera.

In compenso lo scenario è quello di un paradiso pressoché inviolato, una riserva naturale marina, a sua volta parte del Parco nazionale del Gargano. Un posto dove il mare è davvero azzurro e trasparente oltre ogni immaginazione e i tramonti s’incendiano davvero di una palette rosa.
Certo, c’è anche il turismo. Che qui c’è sempre stato, ma è praticamente a numero chiuso, concentrato a San Domino, dove si trova il porto, e a San Nicola, l’isola che sta proprio di fronte, a meno di 200 metri di distanza. Ed è in questi due poli che si concentra la maggior parte di alberghi, case in affitto, bar e ristoranti.

«Durante l’inverno – racconta il sindaco Antonio Fentini – i residenti sono circa 500, a fronte di un’ospitalità di 2500 posti letto per l’estate. Ormai da molti anni non sono più stati costruiti nuovi alberghi e tutto è rimasto com’era. Un motivo in più per meritarci la Bandiera Blu e le 5 Vele, riconoscimenti assegnati da Touring e Legambiente. Questo non vuol dire solo mare pulito, ma anche una buona gestione del territorio, servizi d’eccellenza, qualità ambientale. Perché qui viviamo e amiamo questa terra».

Un amore che si respira anche per strada, rappresentato dall’entusiasmo di giovani isolani ben preparati che fanno conoscere la loro attività di guide turistiche. Accompagnano le persone in barca per gite di tre o quattro ore, tra tuffi, racconti di oggi e leggende del passato. A bordo si parla di come sia particolare la vita alle Tremiti, isole belle ma difficili, da dove molte famiglie, nel periodo invernale, decidono di trasferirsi a Termoli (in Molise) perché lì ci sono le scuole per i loro figli.

Le leggende, invece, sono quelle che vedono tra i protagonisti Afrodite e Diomede, l’eroe omerico che, secondo il mito, fu sepolto proprio qui.
Alcune imbarcazioni raggiungono l’isola di Cretaccio, che è poco più di uno scoglio, Capraia, chiamata anche “capperaia” per la presenza di piante di capperi, arbusti sottoposti alle bizzarrie del mare da cui ricevono, assieme agli spruzzi delle onde, una salatura naturale. Ma le barche possono anche puntare verso la più lontana Pianosa, che fa parte della Riserva Marina Integrale. La si ammira quasi come un miraggio, perché è protetta da regole rigidissime, tra cui il divieto di approdo e navigazione entro i 500 metri, il divieto di pesca e quello di immersioni se non in compagnia di guide autorizzate.

Chi ama il diving, o semplici avventure di seawatching con maschere e pinne, può farsi anche accompagnare alle grotte marine, quella delle Viole, che prende il nome dal colore delle alghe che ricoprono le sue pareti, ideale per le discese notturne e la fotografia subacquea, quella del Bue Marino, profonda 70 metri e dove un tempo si rifugiavano le foche monache, Cala delle Rondinelle con le fenditure ricche di saraghi e grossi astici, lo scoglio dell’Elefante che è uno dei punti più amati dalle scuole sub, per il suo fondo ghiaioso e piatto, ed è ricco di triglie e aragoste.
Ma alle Tremiti, oltre alle barche, c’è un’altra ipotesi da considerare: il trekking.

Viaggio alle isole Tremiti: alla scoperta dell'arcipelago

L’unica spiaggia di sabbia a San Domino è Cala delle Arene, che si trova proprio dietro al porto, il resto sono calette rocciose, i posti giusti che vanno conquistati uno per uno, metro dopo metro. I tratti pianeggianti sono pochissimi, le discese tra le rocce sono faticose come le salite, ma il premio è la sicurezza di poter essere gli unici a prendere il sole, persino a Ferragosto. Figuriamoci nei mesi successivi, perché la stagione qui dura fino a metà ottobre. I sentieri s’inoltrano nella macchia mediterranea e tra i Pinus halepenis, il Pino di Aleppo, che sono alti fino a 12 metri e hanno il tronco contorto, elegantemente scolpito dal vento del mare. Garantiscono l’ombra ma, siccome le distanze non sono brevissime (portare con sé l’acqua è indispensabile), vale la pena di partire alla mattina presto, per respirare il profumo di fiori e percepire la sensazione del vento e del mare che dialogano tra loro.

Questo mare così profondo che ha ispirato il titolo di una celebre canzone di Lucio Dalla, che era un habitué dell’isola. Ancora oggi la villa che aveva acquistato e trasformato in uno studio di registrazione, a Cala Matano, ricorda il suo amore per questo posto magico e non è difficile immaginarselo mentre guarda il panorama. Un’altra passeggiata con vista è quella che porta al faro. Troneggia nonostante sia praticamente diroccato, a Punta del Diavolo, estremo lembo nord dell’isola, in attesa della riqualificazione. Alla sera il ritrovo di diver, nuotatori e camminatori sono i ristoranti, semplici, a gestione familiare, dove il pesce è il protagonista. E poi si rientra sotto il cielo stellato.

Ancora più essenziale la vacanza sull’isola di San Nicola, centro religioso, amministrativo e storico dell’arcipelago. Qui si trovano il Castello Angioino con le imponenti mura di cinta e l’abbazia di Santa Maria a Mare, la più grande del Mediterraneo. È avvolta da una luce abbagliante che esalta il colore della pietra d’Istria e la sua maestosità, in cima alle ripide pareti rocciose. Questa caratteristica architettonica costituì nell’antichità una sorta di garanzia per una primitiva cellula di monaci benedettini, che s’insediò nell’alto Medioevo. Oggi i restauri hanno restituito chiostri, capolavori d’arte lignea, il pavimento a mosaico. Salendo ancora lungo il sentiero si raggiunge il pianoro “asinario”, chiamato così per gli asini che vi pascolavano, e la zona archeologica, con la “tomba di Diomede”. Ritorna quindi la leggenda del dio-eroe e della trasmutazione dei suoi compagni in uccelli destinati a vegliare il suo sonno eterno. E potrete provare a sentire il loro canto che riecheggia nell’aria.