Draghi avverte Orbán: «Avete sottoscritto anche voi il trattato che tutela i valori»

di Marco Galluzzo, inviato a Bruxelles

Il capo del governo: «L’Europa ha una lunga storia di oppressione». E sui migranti incassa l’ok all’impegno per i Paesi di provenienza

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Appena pochi minuti. La presidenza del Consiglio europeo presenta le conclusioni sui migranti, viene coinvolto solo Mario Draghi, gli viene chiesto se per lui il testo va bene così, la risposta è concisa quanto il tempo che ci vuole per passare ad un altro argomento: «Se non ci sono emendamenti per l’Italia il testo va bene». Testo approvato.

In un Consiglio europeo in cui irrompono le relazioni con la Russia e il caso Ungheria, il dossier sui migranti su cui tanto ha puntato il nostro governo ha una trattazione quasi protocollare, rapidissima. Ma la sostanza è un cambio di paradigma non indifferente, un taglio pragmatico alla questione che vale oltre dieci miliardi di euro, un punto segnato da Roma grazie a un’unanimità che non era scontata solo qualche settimana fa.

Draghi guadagna un confine politico, la sua visione del dossier, che ribalta il dibattito degli ultimi anni: dopo 36 mesi di «buco» si fa tornare il tema in cima all’agenda dell’Unione, non ci si occupa di ricollocamenti, rimpatri o gestione degli sbarchi, ma si va a monte del problema, il rubinetto dove c’è la perdita, i Paesi da cui provengono i flussi migratori illegali. Su questo approccio, su un maggiore impegno di tutti e 27 gli Stati nel Nord Africa, sono tutti d’accordo. E questa volta l’impegno è dell’Unione, è una responsabilità collettiva.

L’argomento successivo è infuocato. Contro la legge varata da Orbán si schierano 17 Paesi della Ue. Il dibattito in Consiglio vede in prima fila Olanda e Lussemburgo contro Budapest. Volano parole grosse, Mark Rutte addirittura chiede all’ungherese il motivo per cui non sceglie di uscire dalla Ue visto che non ne rispetta i diritti. Draghi assiste senza parlare, almeno nel momento delle scontro. Poi, quando i toni scendono, sceglie di intervenire, nonostante abbia alleati di maggioranza come Salvini schierati saldamente con Orbán. Il premier pronuncia poche parole ma chiare. Ricorda ad Orbán che l’articolo 2 del Trattato della Ue è stato scritto per un motivo preciso, perché l’Europa «ha una storia antica di oppressione dei diritti umani e per questo esiste l’articolo 2 del Trattato, e guarda che lo avete sottoscritto anche voi, è lo stesso che nomina la Commissione guardiana del Trattato stesso; spetta alla Commissione stabilire se voi l’avete violato o meno». Insomma un’inquadratura storica, politica e insieme giuridica che non passa inosservata.

La discussione sull’Ungheria, per il momento, finisce qui. Comincia il dibattito sulla Russia, su un risposta coordinata della Ue alla postura geopolitica di Mosca. Anche qui Draghi interviene, per esprimere preoccupazione per gli sviluppi del caso Navalny, per ribadire che con Putin «occorre insieme franchezza e fermezza su temi come violazioni dei diritti, limitazioni delle libertà e interferenza nel funzionamento delle istituzioni democratiche».

Nelle cartelle che a notte fonda porta con sé all’hotel Amigò resta in risalto il risultato ottenuto sui migranti. È passata la linea italiana di cercare di ridurre a monte la pressione sui confini della Ue: «Al fine di prevenire la perdita di vite e ridurre la pressione sui confini europei — si legge nelle conclusioni del Consiglio — saranno intensificati i partenariati e la cooperazione reciprocamente vantaggiosi con i Paesi di origine e di transito, come parte integrante dell’azione esterna dell’Ue. L’approccio sarà pragmatico, flessibile e su misura, farà un uso coordinato, come Team Europe, di tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili e si svolgerà in stretta collaborazione con l’Unhcr e l’Oim».

La Commissione viene invitata a presentare in autunno «piani d’azione per i paesi prioritari di origine e transito, indicando obiettivi chiari, ulteriori misure di sostegno e tempistiche concrete, e a fare il miglior uso possibile di almeno il 10% della dotazione finanziaria» del fondo europeo per il Vicinato. Poco più di 10 miliardi di euro.

24 giugno 2021 (modifica il 25 giugno 2021 | 13:51)