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Ex Ilva, Consiglio di Stato annulla sentenza Tar Lecce: a Taranto impianti avanti

Ribaltata la decisione del Tar di Lecce sullo spegnimento dell’area a caldo: l’istrutturia sarebbe «contradditoria». Giorgetti: ora piano industriale

di Domenico Palmiotti

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6' di lettura

ll Consiglio di Stato ferma il Tar Lecce e l’ordinanza del sindaco di Taranto sullo spegnimento degli impianti dell’area a caldo del siderurgico ex Ilva di Taranto, ora Acciaierie d'Italia. I giudici di appello (quarta sezione) dopo l'udienza del 13 maggio scorso hanno disposto l'annullamento della sentenza del Tar di Lecce n.249/2021. Per Acciaierie d’Italia, la nuova società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia, «vengono dunque a decadere, a quanto si apprende, le ipotesi di spegnimento dell’area a caldo» e di «fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà con regolarità».

Istruttoria inadeguata e contradditoria

Il potere di ordinanza, secondo i giudici amministrativi, «non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione». Lo dice il Consiglio di Stato, sezione quarta, nelle 60 pagine di motivazione della sentenza con cui ha annullato la sentenza del Tar Lecce dello scorso febbraio che, confermando una precedente ordinanza del sindaco di Taranto di febbraio 2020, aveva ordinato lo spegnimento degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva perché inquinanti. Secondo i giudici dell’appello - la sentenza del Tar era stata infatti impugnata al Consiglio di Stato - «va dichiarata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata e ne va conseguentemente pronunciato l’annullamento».

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Poteri del sindaco «residuali»

La sezione «non ha condiviso la tesi principale delle società appellanti, secondo cui deve escludersi ogni spazio di intervento del sindaco in quanto i rimedi predisposti dall’ordinamento, nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) che assiste l’attività svolta nello stabilimento, sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente. Tuttavia, ha ritenuto che quel complesso di rimedi (compresi i poteri d’urgenza già attribuiti al Comune dal T.U. sanitario del 1934, i rimedi connessi all’Aia che prevedono l’intervento del Ministero della transizione ecologica e le norme speciali adottate per l'Ilva dal 2012 in poi) sia tale da limitare il potere di ordinanza del sindaco, già per sua natura «residuale», alle sole situazioni eccezionali in cui sia comprovata l’inadeguatezza di quei rimedi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica». Così il Consiglio di Stato, in una nota, spiega la sentenza che ha portato all’annullamento della sentenza del Tar Lecce.

Giudici: il piano ambientale non è in ritardo

«Con riferimento alla situazione attuale, le misure previste dal Piano risultano in corso di realizzazione e non emergono particolari ritardi o inadempimenti rispetto alla loro attuazione». Lo scrive il Consiglio di Stato. Per i giudici di Palazzo Spada, «l'avvenuta individuazione delle misure di mitigazione (fra le quali si colloca anche l'installazione dei filtri a maniche), l'inizio della loro realizzazione e la mancata rappresentazione nel provvedimento del mancato rispetto delle scadenze prestabilite (l'installazione dei filtri a maniche su una delle due linee di agglomerazione dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2021, mentre per la seconda linea dovrà avvenire entro il 23 agosto 2023, con avvio delle attività di cantiere entro il 30 giugno 2021) inducono a ritenere non sufficientemente provata quella situazione di assoluta e stringente necessità presupposta dall'ordinanza sindacale».
Per il Consiglio di Stato, «la sollecitata anticipazione dell'adozione di alcune di queste misure (in particolare, dei filtri a maniche), non risulta coercibile mediante l'adozione di provvedimenti “paralleli” a quelli invece preordinati alla loro pianificazione. Tale anticipazione - dicono i giudici - potrà avvenire, salvo ulteriori procedimenti di revisione del titolo, solo con un ulteriore impegno assunto volontariamente dal gestore dell'impianto, in una prospettiva di pacificazione della complessa situazione sociale venutasi a creare a causa del problema di lungo corso che affligge la città di Taranto».

Giorgetti: «Adesso piano industriale con filosofia Pnrr»

La decisione si porta subito dietro reazioni istituzionali. La prima è quella del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti: «Alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato sull’ex Ilva, che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone. Obiettivo è rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell’acciaio accogliendo la filosofia del Pnrr recentemente approvato», dichiara il titolare del Mise.

Banzato (Federacciai): sentenza positiva per tutto il settore

«La decisione odierna del Consiglio di Stato che annulla la sentenza del Tar di Lecce permette finalmente all'ex Ilva di proseguire la produzione a Taranto e questa è una notizia positiva non soltanto per Acciaierie d'Italia ma per tutto il comparto siderurgico nazionale». Così Alessandro Banzato, presidente Federacciai, la federazione di categoria di Confindustria. In riferimento al polo di Taranto, Banzato afferma che «si tratta di uno stabilimento strategico per l'intera filiera e più in generale per la manifattura italiana. La speranza, adesso, è che con questa decisione si sia riusciti a mettere un punto fermo “giuridico” e “politico” da cui ripartire con l'attività industriale senza le situazioni di incertezza che hanno contraddistinto l'operato e la gestione del più importante sito industriale del nostro Paese».

Acciaierie d'Italia: ora pronti a nuovo piano

E dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha evitato lo stop degli impianti siderurgici di Taranto, Acciaierie d'Italia, la società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia, «comunica di essere pronta a presentare già dalla prossima settimana, insieme con i suoi partner industriali Fincantieri e Paul Wurth (ex Italimpianti), la propria proposta di piano per la transizione ecologica dell'intera area a caldo dello stabilimento di Taranto».
Questo, si annuncia, «tramite l'applicazione di tecnologie innovative ambientalmente compatibili e con l'obiettivo di una progressiva e costante riduzione delle quote emissive, che vada anche oltre le attuali prescrizioni».

«Il piano - dice la società - è un progetto di durata pluriennale allineato agli obiettivi di compatibilità ecologica stabiliti dall'Unione Europea per i target di impatto climatico ed energetico ed è suddiviso in più fasi tali da consentire la puntuale rilevazione dei risultati raggiunti. L'obiettivo - si evidenzia - è la produzione di Green Steel nel nostro Paese». Acciaierie d'Italia infine si dice «disponibile a verificare la proposta di piano di transizione ecologica e trasformazione industriale con tutti i soggetti coinvolti, dalle istituzioni alle comunità locali, al sindacato e agli operatori dell'indotto».

Le reazioni sindacali

Per Roberto Benaglia, della Fim Cisl, «dopo la sentenza del Consiglio di Stato auspichiamo che finisca questa fase d'incertezza. Azienda e governo diano certezze su investimenti, occupazione e transizione ecologica». Per Rocco Palombella, della Uilm, adesso «sarebbe inaccettabile se la politica continuasse a non decidere sul futuro di oltre 15mila lavoratori, intere comunità e un settore che deve essere ritenuto strategico per il nostro Paese. È finito ogni tipo di alibi per la politica e l'azienda. Non c'è più tempo da perdere».
Mentre per Gianni Venturi della Fiom Cgil ora «si apra un negoziato vero sul piano industriale con Acciaierie D’Italia e i ministri interessati; si completi l’assetto societario; si definisca una transizione credibile ambientalmente e socialmente sostenibile; si rilanci un asset strategico per l’industria di questo Paese».

Sindaco Taranto: ma la battaglia continua

«Poca sorpresa sulla sentenza del Consiglio di Stato, al netto di alcuni passaggi sui quali sarebbe opportuno riflettere. Di certo oggi nessuno può sentirsi banalmente assolto». Lo dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. «Con la mia ordinanza - rileva il sindaco di Taranto - abbiamo chiamato lo Stato alle sue responsabilità sul futuro dell’ex Ilva e sulla salute dei tarantini. Ora la palla passa alla politica e al Governo, bisogna dimostrare che l’Italia è un Paese civile e coraggioso».

«Dal canto mio - rileva Melucci - ho la coscienza a posto, ho fatto tutto quello che era nei poteri del sindaco per provare a difendere la mia comunità. La battaglia continuerà finché non ci sarà un tavolo per l’accordo di programma che sancisca la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento».

Confindustria Taranto: Governo dia segnali chiari

«Ci aspettiamo che da parte del Governo arrivino segnali chiari e celeri relativi al processo di ambientalizzazione del centro siderurgico, che tengano conto delle giuste istanze di tutela della salute che arrivano dal territorio e dagli stessi imprenditori che vi operano, così come dichiarato dai presenti al sit-in di ieri a difesa della continuità dello stabilimento». Attraverso Piero Chirulli, Confindustria Taranto esprime, dopo la sentenza,«un chiaro “no” alla chiusura purché si avvii finalmente l’iter che porterà alla cosiddetta transizione ecologica: ammodernamento degli impianti ma soprattutto nuovi criteri di produzione che riducano drasticamente gli inquinanti».

Gli ambientalisti rilanciano offensiva

«Una sentenza favorevole alle ragioni aziendali non fermerà l’accertamento di tutti i danni alla salute e la nostra lotta per porvi fine. Questa sentenza non riduce ma aumenta la nostra determinazione nel condurre con ancora più vigore la lotta per la tutela dei diritti inalienabili dei cittadini esposti ad un rischio sanitario inaccettabile». Lo dice il comitato cittadino per la salute e l'ambiente a Taranto che raggruppa varie realtà tra movimenti e associazioni del fronte anti-acciaieria e che prende atto del verdetto di Palazzo Spada. «Ci faremo promotori - si annuncia - di un’iniziativa di tutela multilivello, che solleciti contemporaneamente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia di Ginevra, la Commissione Europea di Bruxelles, tutti gli organi nazionali preposti alla tutela dell’infanzia e infine anche la Procura della Repubblica per quanto di propria competenza. «Le nostre ragioni sono e saranno più solide di quelle dell’acciaio», conclude il comitato.

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