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La Cina fa crollare i Bitcoin. L’ordine alle banche: «Basta transazioni in criptovalute»

di Fabrizio Massaro

La Cina fa crollare i Bitcoin. L'ordine alle banche: «Basta transazioni in criptovalute»

Nuova stretta della Cina alle criptovalute, a cominciare dal Bitcoin. La banca centrale cinese ha invitato le maggiori banche e le piattaforme di pagamento online del Paese ad applicare il divieto di non favorire i clienti nelle transazioni in Bitcoin e altre valute virtuali. Tra gli istituti richiamati ci sono i colossi Industrial and Commercial Bank of China, Agricultural Bank of China, China Construction Bank, Postal Savings Bank e Industrial Bank ma anche Alipay, la piattaforma di pagamenti online gestita dal gigante dell’e-commerce Alibaba, fondato da Jack Ma. L’impatto sulle quotazioni del Bitcoin è stato pesante: martedì è sprofondato a 31.400 dollari, vicino alla quota 30 mila dollari, un livello che secondo gli esperti può aprire il fianco a ulteriori spinte al ribasso. Lunedì il crollo era stato del 7% lunedì sotto i 32 mila dollari. Male anche altre criptovalute, come Ether, che martedì perde un ulteriore 4,2% dopo il crollo dell’8% di lunedì. Ma le criptovalute hanno mostrato di essere capaci di grandi rimbalzi. E proprio questa volatilità è uno degli elementi di preoccupazione per le banche centrali in tutto il mondo, non solo per quella cinese.

Ferme le attività di mining. Yuan digitale allo studio

La Cina — che sta testando una versione elettronica ufficiale dello yuan, la moneta di Pechino — è intervenuta anche sulla creazione dei Bitcoin bloccando il cosiddetto «mining» cioè l’elaborazione da parte di centinaia di computer dei dati per produrre («estrarre», in gergo) i Bitcoin: un fenomeno che brucia enormi quantità di energia elettrica che è diffuso nella provincia sud occidentale di Sichuan. Secondo il quotidiano del partito comunista Global Times, più del 90% della capacità di mining della Cina sarebbe stata ormai interrotta. La Cina è considerata uno dei maggiori poli del mining di Bitcoin. Ma da un lato il grave impatto energetico e ambientale, dall’altro la strategia della banca centrale di creare uno spazio di azione per il futuro yuan digitale che la People’s Bank of China sta testando, ha imposto la nuova stretta sulle criptovalute.

Il richiamo ai banchieri

Il sistema finanziario statale teme i rischi legati alle criptovalute, che potrebbero creare problemi a livello di sistema se il ricorso alle monete digitali si intensificasse, in particolare per le ampie oscillazioni di valore. Ci sono poi i rischi legati al riciclaggio e al finanziamento delle attività criminali, favorite dall’anonimato che criptovalute e blockchain garantirebbero. «Si chiede ai clienti di essere più consapevoli dei rischi, salvaguardare i conti bancari e di non utilizzare transazioni relative alla valuta virtuale», ha affermato China Construction Bank sulla sua homepage. Annunci simili sono stati fatti da Industrial and Commercial Bank of China, Bank of China, Agricultural Bank of China, Postal Savings Bank of China e Alipay, gestita da Ant Group. I banchieri cinesi sono stati richiamati a «mantenere la stabilità e la sicurezza finanziaria», ha affermato la banca centrale in una nota in cui spiega che il commercio di criptovalute «disturba il normale ordine economico e finanziario» e può facilitare il riciclaggio di denaro e altri reati.

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