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Viva l’Italia inginocchiata (a metà): siamo sempre il Paese delle mezze misure

Prima della partita col Galles solo 5 azzurri si inginocchiano contro il razzismo. Abbiamo perso un’occasione, ma abbiamo tutto il tempo per recuperare

di Francesco Prisco

Euro 2020, l'Italia batte il Galles, festa azzurra a Roma

3' di lettura

Roberto Mancini sembra riuscito laddove Garibaldi, De Gasperi e Marcello Lippi avevano fallito. Il cittì azzurro non ha vinto ancora niente, sia chiaro, ma ha messo la firma sull’impresa che in 160 anni di storia patria non è riuscita a nessuno: ha recuperato un clima di unità nazionale, concordia degli ordini, convivenza armoniosa tra i Pessina e i Donnarumma. Ha finalmente applicato la legge del «fatta l’Italia, adesso bisogna fare gli italiani». O quasi. Perché, anche quando siamo tutti d’accordo come nel caso degli azzurri in testa al Gruppo A di Euro 2020, restiamo il Paese delle mezze misure. E delle divisioni.

Solo cinque azzurri inginocchiati

Più che di Italia-Galles 1-0, tocca parlare di quello che è accaduto al fischio d’inizio, con i britannici tutti compatti, genuflessi contro il razzismo, a sostegno della causa del Black Lives Matter, e l’Italia inginocchiata a metà. Solo cinque giocatori azzurri (Emerson Palmieri, Belotti, Toloi, Pessina e Bernardeschi) hanno ritenuto di aderire a un protesta che, in mezzo a un evento sportivo seguitissimo come gli Europei di calcio, sta provando a ricordare all’autoreferenziale mondo del pallone che non esiste soltanto il pallone. Non pervenuti gli altri sei atleti schierati da Mancini (Donnarumma, Bastoni, Bonucci, Verratti, Jorginho e Chiesa).

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Le ragioni di chi è rimasto in piedi

Non conosciamo nel dettaglio le ragioni di chi è rimasto in piedi: sul tema, finora, si era esplicitamente pronunciato soltanto Bonucci: «A oggi non mi pare che ci sia una richiesta dell’Uefa di intraprendere un’iniziativa, è una libera scelta delle Federazioni. Da parte di tutti c’è una posizione contro il razzismo», aveva democristianamente dichiarato dopo le prime genuflessioni di Euro 2020. È vero, caro Leonardo, stiamo parlando di una protesta spontanea, come lo furono i pugni alzati di Carlos e Smith alle Olimpiadi del ’68 che, col saluto delle Black Panthers, fecero la storia. È vero pure che sui campi di pallone italiani oggi al massimo facciamo un po’ di cronaca, ma questo è un altro discorso. C’è l’Inghilterra che si è beccata i fischi del proprio pubblico innescando un dibattito cui ha preso parte pure il premier Boris Johnson, il Belgio che è andato a prendersi i fischi del pubblico russo e una buona metà dei nostri calciatori che fa? Aspetta l’avvallo dell’Uefa, la decisione della federazione, si formalizza sull’ufficialità di una posizione.

Il ritorno del «Dialogo tra un impegnato e un non so»

L’Italia sta un po’ con il Black Lives Matter e un po’ no, fedele alla tradizione del Paese che quasi mai finisce le guerre dalla parte in cui le aveva cominciate. Ci si inginocchia e non ci si inginocchia, forse nemmeno per precisa cognizione di causa ma così a caso, riproponendo sul rettangolo di gioco il Dialogo tra un impegnato e un non so del grande Giorgio Gaber. Certo, potrebbe obiettare qualcuno, l’America è lontana, George Floyd è morto e lo sport è una cosa, la politica un’altra. Forse un anno e mezzo di stadi vuoti ci ha fatto dimenticare l’allegra usanza dei «buuu» ai calciatori di colore, spesso derubricata a folklore dagli stessi vertici del nostro calcio. Ecco perché avremo pure vinto tutte e tre le partite del girone, ma abbiamo perso un’occasione.

Recuperiamo agli ottavi di finale?

La notizia buona è che, da qui agli ottavi di finale, abbiamo tutto il tempo per recuperare: andiamoci a prendere i fischi di Wembley come hanno saputo fare Sterling & co. Mancini, allenatore che sappiamo sensibile alle cause civili, parli ai suoi uomini e li convinca a prendere una posizione netta. Serve coraggio: forse non lo stesso che devi avere per togliere una bibita sponsor dall’inquadratura, ma comunque un po’ di coraggio serve. Se giochi a pallone, gli Europei li puoi vincere o no. Se sei un uomo, la faccia non devi mai perderla.

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