Una vittoria sull’erba, anzi, una grande vittoria sull’erba: Matteo Berrettini ha battuto 6-4 6-7 6-3 in poco meno di due ore il britannico Cameron Norrie ed è il campione del Queen’s, uno dei tornei più antichi (1890) e prestigiosi del mondo.

L’unico altro azzurro ad arrivare in finale a Barons Court era stato Laurence Tieleman nel 1998, quando Matteo aveva appena due anni. E’ un’ottima notizia in vista di Wimbledon, il cui tabellone principale parte il 28 giugno e dove Matteo sarà testa di serie numero 8. A Church Road Matteo è già arrivato negli ottavi nel 2019, stoppato solo da Roger Federer, e la vittoria al Queen’s ottenuta sfoggiando un servizio solidissimo è la conferma non solo delle qualità di erbivoro di Matteo, ma del suo valore assoluto, da solidissimo top 10 - è numero 9 del ranking mondiale e numero 7 della Race, la classifica che conta solo i risultati dell’anno solare - in grado di battersi per il successo su qualsiasi superficie e in qualsiasi torneo, a partire dagli Slam. 

Per lui è stata la terza finale del 2021, la seconda vinta dopo quella sulla terra battuta di Belgrado, mentre sempre sul rosso era stato sconfitto in finale da Sascha Zverev nel Masters 1000 di Madrid. E’ il suo primo centro in un Atp 500 (il secondo di un italiano dopo quello di Fognini ad Amburgo nel 2013), il quinto titolo della carriera su sette finali, sicuramente il più prestigioso - e uno dei più importanti dopo gli Slam anche per il tennis italiano -  da mettere a fianco delle semifinali raggiunte sul cemento di Flushing Meadows e della qualificazione alle Atp Finals. Terra, cemento, erba, indoor: Berrettini è un tennista davvero universale. Nel 2021 fra l’altro come percentuale di vittorie Matteo è quarto (80,6) dietro Djokovic (90), Nadal (85,2) e Tsitsipas (81,3). Il bilancio è decisamente incoraggiante anche per il nostro tennis nel complesso: quella di Matteo al Queen’s è l’ottava finale stagionale di un italiano, come non accadeva dal 1980. E la stagione è solo a metà. 

Norrie, numero 41, è stato bravo a complicargli la vita nel secondo set, il primo che l’azzurro ha perso in tutto il torneo, giocando un tie-break molto attento. Ma come nel primo set anche nel terzo gli è stato fatale un brutto game di servizio, perso da 40-0, di cui Berrettini ha saputo approfittare con freddezza da chirurgo. 

L’impresa di Matteo, alla sua prima partecipanzione al torneo londinese, ha un precedente di lusso: Boris Becker nel 1985 si impose da debuttante al Queen’s. E due settimane dopo trionfò a Wimbledon per la prima volta…

«Vedere il mio nome accanto a quello di campioni come Becker, be’, è incredibile», ha ammesso Matteo. «Un sogno che diventa realtà. Non conosco ancora quali siano stati i miei numeri al servizio ma so che sono buoni. Per vincere una finale così bisognava avere un buon rendimento». Proprio la vicinanza con i Championships invita però a rimandare i festeggiamenti. «Cosa mi concederò questa sera? Di questi tempi, room service e acqua minerale frizzante, mi sa». Lo champagne può attendere. 

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