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Biodiversità
Gabriele ed Erica, in viaggio con le zebre: "Così tornano a migrare dopo decenni”

Gabriele ed Erica, in viaggio con le zebre: "Così tornano a migrare dopo decenni”

Tra Sudafrica e Botswana 8000 chilometri in un mese per raccontare come la specie abbia ritrovato una rotta bruscamente interrotta dall’uomo: “Da loro arriva un messaggio universale di speranza e resilienza”

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Per raccontare il ritorno alla migrazione di 30mila zebre, uno spettacolare viaggio di 8000 chilometri – in larga parte inedito - attraverso Sudafrica e Botswana, Gabriele ed Erica si sono messi a loro volta in viaggio, a bordo di un fuoristrada modificato e attrezzato per il deserto, seguendole lungo un itinerario fatto di impegnative piste sterrati e guadi, tratti di sabbia e aree alluvionate.


Lo hanno fatto, soprattutto, perché quella migrazione ha un significato epocale, o quasi. Perché per decenni la rotta migratoria delle zebre è stata bruscamente interrotta dalle cosiddette “Veterinary Fences”, recinzioni lunghe migliaia di chilometri, erette negli anni ‘50 per proteggere gli allevamenti dai predatori e dall’afta epizootica, una malattia infettiva del bestiame. “E con la morte degli ultimi esemplari che conoscevano la rotta, quel tipo di migrazione sembrava persa per tempo”, spiegano Gabriele Saluci ed Erica Rossi, documentaristi del Kilimangiaro di Rai 3 e fondatori di Sto Gran Tour, tour operator di viaggi avventura di gruppo e casa di produzione cinematografica specializzata in documentari di viaggio.


E invece è accaduto che dopo decenni, con la rimozione di alcuni tratti della recinzioni, le zebre di Burchell (Equus quagga il nome scientifico), una sottospecie meridionale della zebra di pianura, siano tornate sulle rotte dei loro antenati. “Una fantastica notizia di speranza e resilienza che abbiamo colto come un parallelismo con la situazione di segregazione che noi umani abbiamo vissuto quest’anno”, commentato i due viaggiatori, appena rientrati da un’esperienza nata, come un’illuminazione, proprio durante il periodo di lockdown.

“Sapevamo già che riuscire a mantenere la rotta sarebbe stato complicato, dato le piste sono allagate o scomparse subito dopo la stagione delle piogge. - raccontano - Eppure non ci aspettavamo che a creare gli ostacoli più grandi sarebbero stati gli elefanti: il passaggio di questi animali attraverso le piste è chiaro quando si trovano degli arbusti sulla strada. A volte però capita che interi alberi vengano sradicati. Liberare il passaggio non è sempre facile: dipende dal modo in cui è caduto il tronco, dalle condizioni della pista, che potrebbe essere molto sabbiosa, o dagli animali nei paraggi.  Una volta abbiamo impiegato un'intera giornata per liberare la strada da un albero di circa 20 centimetri di diametro abbattuto da un elefante. Neanche il verricello dell'auto, che normalmente riesce a caricare tonnellate poteva aiutarci: invece di trascinare via l’albero. Alla fine armati di accetta, abbiamo diviso l'albero in più pezzi e li abbiamo rimossi più facilmente grazie al verricello meccanico”.

Da marzo a maggio, in concomitanza con la fine della stagione delle piogge, le mandrie di zebre tendono a spostarsi da sud a nord. Con l’obiettivo di trascorrere la stagione secca nei pascoli freschi e umidi del nord del Botswana, alla ricerca dell’abbondante acqua dei fiumi. E qui resteranno fino a novembre. Viaggiare con loro, naturalmente, non è stata una passeggiata di salute per Gabriele, classe 1990 e origini siciliane di Gela (ma vive a Fuerteventura, in Spagna), ed Erica, genovese, al suo attivo esperienze nel settore della cooperazione, tra India, Burkina Faso, Senegal e Burundi. “Ma siamo orgogliosi di averlo fatto”, commentano. Anche perché l’idea che le zebre abbiano ritrovato una rotta ancestrale è affascinante e ha già ispirato gli studi di Hattie B. Brooks, della Royal Veterinary College dell’Università di Londra: l’ipotesi è che itinerario e tempistiche siano dettate dalla genetica. Così, anche senza un’adeguata istruzione da parte degli “antenati”, i 30mila esemplari si sono messi in marcia. Riprendendo un viaggio ciclico e stagionale, che l’impatto antropico aveva fatalmente interrotto. Che i due viaggiatori italiani hanno seguito passo per passo. Partendo da Cape Town, per poi risalire la costa dell’Oceano Atlantico, fino al Parco Kruger ed entrando poi in Botswana. Ancora: costeggiando il deserto del Kalahari nella parte Nord, entrando nella Riserva del Makgadikgadi, assecondando il fiume Okavango e, infine, attraversando la savana fino al posto di confine di Kasane.

“Abbiamo dovuto calibrare le tappe del viaggio sulle tempistiche delle zebre: gli spostamenti sono andati di pari passo con quelli della migrazione, non sempre veloci e immediati, e soprattutto evitando i centri abitati, obbligati quindi a calcolare attentamente autosufficienza di provviste e carburante”, spiegano Gabriele ed Erica, che produrranno un documentario per Amazon Prime Video entro l’autunno e racconteranno per ‘pillole’ il loro viaggio nel programma di viaggi su Youtube "Sto Gran Tub" di Gabriele Saluci.

Anche gli accampamenti sono stati avventurosi. “Durante le notti al campo, leoni, ippopotami ed elefanti passeggiavano indisturbati a pochi metri dalla tenda e delle iene hanno fatto incursione durante le cene”, ricordano. Con il Covid, poi, sono crollati i safari e il turismo. Con conseguenze negative per i Parchi africani, che – senza fondi – hanno avuto difficoltà a proteggere le aree dal bracconaggio. “I ranger locali ci hanno raccontato che si è ritornati a una media di 50 incursioni di bracconieri al giorno solo nel Parco Kruger in Sudafrica”, spiegano i due. Per tacere dei grandi stravolgimenti climatici, che qui si traducono in un allungamento della stagione delle piogge. “Non ci sono ancora studi al riguardo,ma sembra che si stia verificando questo trend di ritardo della stagione secca”, annota Erica. Esausti e soddisfatti, al loro ritorno in Italia i due viaggiatori hanno avuto una nuova illuminazione, o quasi.

“Come le zebre, anche noi uomini quest’anno abbiamo dovuto cambiare radicalmente le nostre abitudini e rivedere le priorità. – dicono - Compiere il loro viaggio ci ha aiutato a comprendere ancora meglio gli equilibri e l’interconnessione tra ogni soggetto naturale e che ogni azione dell’uomo innesca un domino di eventi che è difficile da immaginare. Le zebre sono tornate in viaggio, così stiamo per fare anche noi, che siamo migratori da sempre. E che torneremo a viaggiare – sorridono – magari dando più importanza agli equilibri che si muovono intorno all’uomo”.