«Sono d’accordo con la decisione della scuola di Caraglio. Una mattinata di educazione civica, elemento fondamentale che potrebbe essere un cambiamento epocale, per fare in modo che la scuola riprenda il suo ruolo centrale, quello di unica e grande risorsa che ha l’uomo per affrontare i temi più attuali, e di realizzarne al meglio le opportunità». Così Luigi Salvatico, psicologo, presidente del Comitato etico del Santa Croce e Carle, delle Asl Cn1, Cn2, e dell’Astigiano, commenta il caso delle Medie di Caraglio, con le lezioni sospese e un giorno di riflessione a scuola per i 251 alunni, dopo la scoperta di foto ritoccate e denigratorie circolate nei gruppi social dei ragazzi.Non è un episodio isolato. «Assolutamente no. La nostra realtà non è più solo affidata alle famiglie e alla scuola, ma a un intervento massiccio dei social che le stanno sostituendo. Il percorso avventuroso dell’adolescenza oggi si sviluppa attraverso valori personali, contestuali, psicologici, educativi, culturali, sociali. Su tutti questi elementi possiamo applicare quello che è avvenuto a Caraglio e avviene anche altrove».Sarebbe successo, senza pandemia? «Sì, anche se con meno evidenza e meno esplosività perché la pandemia ci ha abituato alla solitudine psicologica, ma gli adolescenti li ha chiusi in casa. L’intervento dei social oggi è molto più penetrante, convincente, attrattivo, perché fatto da personaggi che influenzano e condizionano. La nostra è una civiltà di immagini, non di parole». E di cellulari a bambini dai 10 ai 14 anni. «Troppo presto. Se da una parte c’è la necessità di tenerli sotto controllo (sempre più difficile per i genitori impegnati in troppe cose), dall’altra diventa eccessivo per il contesto, per la capacità del minore di gestire il senso critico. Viene meno il senso di colpa, sostituito dalla “giustificazione sociale”: il fatto che lo facciano in tanti, diventa costume».Chi deve reagire e dare risposte? «Famiglia, scuola e Stato, inteso come la somma di tutti noi che dobbiamo riconquistare una dimensione etica. La famiglia deve smetterla di essere solo una riproduzione di modelli del passato che non funzionano più, ed evolvere il concetto di genitore amico. Deve essere punto di riferimento senza conflitti, una risposta all’aggressività dell’adolescente che ha bisogno di crescere facendo esperienza. E di essere anche punito quando sbaglia, non giustificato e coperto».Tanti si chiedono: «Se fanno così ora che sono ragazzini, che adulti diventeranno?» «Molto vulnerabili, molto preda di opinioni social. Contenuti tossici, perché estremamente fruibili e che creano dipendenza, annullano l’autodeterminazione e la riflessione in autonomia. Spesso i social confondono. L’incertezza su certe notizie, ad esempio i vaccini che oggi vanno bene e domani no, lascia perplessi noi adulti, figurati i giovani. Eppure loro dimostrano grande senso civico, perché vogliono vaccinarsi. La percentuale più alta dei no-vax sta negli adulti, in quelli che rischiano di più. I giovani invece hanno una base forte, bisogna ripartire da lì». E in vista della ripartenza, cosa consiglia? «Lanciare messaggi di positività, tenendo ancora presente le regole di prudenza che non permettono di ricominciare cancellando un anno e mezzo di pandemia, di morti e ammalati. Dobbiamo trovare i canali in cui inserire la ripresa. Il calcio è una prospettiva: una Nazionale che rappresenti questo spirito di aggregazione. Poi, avere un controllo del contesto, non solo a livello di forze dell’ordine, e coinvolgere i giovani nella responsabilità di ripartire».