Elliot Page: «La vita è adesso»

Poter dire finalmente: eccomi, sono io. Elliot Page si racconta a un giornalista che, come lui, ha fatto la transizione. Un dialogo intorno al sentirsi liberi e alla necessità di aiutare chi sta ancora soffrendo
Elliot Page «La vita è adesso»

Quando l’anno scorso Elliot Page ha rivelato di essere transessuale, è diventato rapidamente il ragazzo transessuale più celebre del pianeta – peraltro in un momento politico particolarmente angoscioso per i trans negli Stati Uniti. Nei mesi successivi a quell’annuncio, oltre 30 assemblee legislative statali hanno presentato più di 115 proposte di legge tese a limitare per loro le cure sanitarie e altri diritti, con un’attenzione particolare ai bambini trans. Quest’anno, in America sono state approvate otto leggi esplicitamente anti-LGTBQ, e altre dieci sono sulle scrivanie dei governatori.

A dispetto di questo contesto carico di tensione – e della vulnerabilità che la maggior parte dei transessuali vive nei primi passaggi della transizione – Page di recente mi ha detto di essere colmo anche di «gioia ed emozione». La forza che gli viene dal poter vivere il proprio io autentico, così come la consapevolezza del privilegio concessogli dalla sua visibilità di attore con tanto di nomination agli Oscar, hanno accesso in lui il fuoco della battaglia per i diritti dei trans. È apparso sulla copertina di Time e ha registrato una chiacchierata a cuore aperto con Oprah Winfrey, disponibile dal 6 maggio su Apple TV+, con l’auspicio che questa intervista possa contribuire a combattere la «disinformazione e le bugie» di cui è intrisa la legislazione anti-trans.

Ci siamo incontrati nel 2018.Non conoscevo la tua situazione circa l’identità di genere, tuttavia già percepivo una certa affinità.

Come descriveresti la tua vita di oggi, rispetto a quella di allora?«Oggi mi sento in grado di esistere. Immagino tu possa capire da dove arrivo e che cosa possa significare per me anche solo esistere per quello che sono, per quello che mi sento di essere. Non avere nessuna distrazione costante, tutte quelle cose che sono inconsce o non del tutto evidenti. Per la prima volta sto bene con me stesso, con quello che sono, mi sento produttivo e creativo. È una semplificazione estrema dirlo in questo modo, ma sono a mio agio».

Sembra che tu stia descrivendo la sensazione di «essere presente».«Non avresti potuto sintetizzarlo meglio. Questa è la prima volta che mi sento presente con gli altri, che posso essere rilassato, senza nessun tipo di ansia».

Hai dichiarato a Time che quando interpretavi alcuni ruoli, sentivi una pressione legata al genere talmente forte da avere pensato più di una volta di abbandonare la recitazione. Com’è cambiato, o sta cominciando a cambiare, per te il mestiere di attore? Che cosa si è aperto per te dal punto di vista creativo?«C’è stata un’esplosione di creatività. Insieme a uno dei miei migliori amici abbiamo scritto la nostra prima sceneggiatura. Adesso mi sto dedicando ad altro, ho fatto un po’ di musica con un altro amico. Ripenso a tutta l’energia e al tempo spesi a combattere quella sensazione di disagio, a controllare costantemente il mio corpo, a stare male... Per quanto riguarda la recitazione, non ho ancora le idee chiare. È difficile pensare che tutto questo non influenzi il mio modo di recitare, perché l’essere presente è una qualità fondamentale dell’attore, che cerca sempre di entrare in una situazione, di essere – appunto – presente e di connettersi alla verità di un momento. Più riuscirò a incarnare quello che sono e a esistere nel corpo in cui voglio esistere, maggiore sarà la differenza».

Anch’io mi sono dichiarato tardi, a trent’anni. So comunque che ero un ragazzino trans. Non ero nato in un corpo sbagliato, ero nato in un corpo trans.«Per ogni trans è diverso e la mia storia è assolutamente mia. Ma sì, quando ero piccolo, ero al cento per cento un maschio. L’ho capito prestissimo. Scrivevo lettere d’amore di fantasia e mi firmavo “Jason”. In ogni singolo aspetto della mia vita, quello è ciò che ero e che sono, e che sapevo di essere. Non capivo quando mi dicevano: “No, non sei così. Non potrai esserlo nemmeno quando sarai più grande”. Tu lo senti. Ora sto finalmente ricominciando a sentirmi quello che sono, è bello e straordinario e per certi versi anche doloroso».

Gran parte del mio lavoro consiste nel riconnettermi con il me stesso bambino che sapeva chi ero, e che avevo dovuto nascondere o seppellire.«La consapevolezza di me stesso mi ha investito a ondate in età diverse. Adesso voglio solo tenermi aggrappato a quella persona e tenere insieme tutti quei passaggi».

Secondo un sondaggio, la maggioranza degli statunitensi – circa il 70 per cento, e trasversalmente ai partiti politici – è contraria alle legislazioni anti-trans che imperversano nel Paese. Che cosa dovrebbe fare la gente per opporsi?«Innanzitutto, informarsi sulle leggi del proprio Stato. Guardare il sito dell’ACLU, del National Center for Transgender Equality, di Transathlete. C’è tanta disinformazione, vengono diffuse molte menzogne; perciò vi prego, non fidatevi degli articoli che riducono tutto a un “dibattito fra trans” o che non danno spazio al punto di vista delle persone transgender».

Come tieni insieme la tua nuova felicità di transessuale realizzato con le preoccupazioni per le politiche tran- sfobiche del momento?«Un momento avverto gioia ed emozione, quello dopo provo una profonda tristezza a leggere di persone che vorrebbero negare l’assicurazione sanitaria ai bambini per interventi gender. Voglio impiegare la forza che sento per aiutare gli altri. La ragione per cui tu e io possiamo godere dei privilegi che abbiamo è che ci sono persone che si sono sacrificate a lungo mettendo in gioco tutto ciò che avevano. In che modo ora posso dimostrare gratitudine per la mia felicità? Come posso trasformarla in azione? Integrare quei due sentimenti tenendo conto che sono un personaggio pubblico: tu come hai fatto?».

Più le sfide che devono affrontare i trans aumentano, più trovo ispirazione nei miei stessi sentimenti di libertà e felicità. Le persone più giovani sono più immaginifiche riguardo a ciò che può significare il termine gender, e non parlo solo dei ragazzi trans. E poi parlo ai miei amici trans, come te.«Mi piace quello che hai detto riguardo alla necessità che ci parliamo. C’è tanta retorica, il confronto è tossico. C’è un rifiuto totale a riconoscere l’esistenza di persone transessuali e transgender».

Perché hai scelto di parlare con Oprah proprio adesso?«Perché l’atmosfera è ostile, la retorica prodotta dagli attivisti anti-trans e anti-LGTBQ è devastante. Queste leggi saranno responsabili della morte di bambini. È evidente. L’incontro con Oprah ha rappresentato l’opportunità per parlare con il cuore a tante persone della mia esperienza e delle risorse alle quali ho potuto accedere – terapeutiche o chirurgiche – e che mi hanno consentito di essere vivo, di vivere la mia vita. Non avevo nessuna intenzione di propormi come un modello. Ero piuttosto nervoso, poi ho deciso. Il partito repubblicano vuole distruggere le vite dei ragazzi e delle ragazze trans e bloccare l’Equality Act. Perché non avrei dovuto sfruttare questa occasione?».

Se potessi tornare indietro e dire qualcosa al bambino che eri, oppure dirla a un giovane o a una giovane trans oggi, che cosa diresti?«Direi a chiunque che quella è la realtà. Direi a me stesso che sono esattamente come mi vedo e mi sento e come mi sono sempre visto e sentito. Tu che cosa diresti?».

Penso che direi semplicemente: «Non mollare».«Sì. Hai ragione. Tieni duro e non mollare».

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