Retail di lusso

Outlet di lusso e made in Italy: Florentia Village cresce in Cina e punta al Vietnam

I sette mall aperti in Asia accolgono 1.200 negozi. Il gruppo Fingen ha guidato investimenti per 750 milioni. Nel 2021 attesi ricavi per 1,6 miliardi

di Silvia Pieraccini

Retail transformation summit: come i brand vivono la pandemia

3' di lettura

Gruppi italiani che investono in Cina ce ne sono tanti, ormai. Ma l’idea avviata una dozzina d’anni fa da Fingen, holding della famiglia fiorentina Fratini, di costruire una rete di designer outlet per vendere moda di lusso a prezzi scontati con marchio «Florentia Village», ha prodotto risultati che nel real estate retail nessun altro può vantare: sette mall aperti in città cinesi di prima e seconda fascia (l’ultimo a Chongqing nel febbraio scorso), che accolgono 1.200 negozi di marchi internazionali, e 1,9 miliardi di dollari di vendite attese a fine 2021 (quasi 1,6 miliardi di euro).

Investimento da 750 milioni di dollari

L’investimento finora è stato di 750 milioni di dollari, finanziati dalla joint Silk Road formata da Fingen (15%), dal manager Jacopo Mazzei (7,5%) e per il resto da investitori istituzionali americani e di Hong Kong. Ora Fingen, che in Cina opera attraverso la controllata Rdm Asia, brinda ai dieci anni di attività (il primo outlet aprì il 12 giugno 2011 a Tianjin, vicino Pechino) con nuovi progetti e un nuovo fondo d’investimento (Silk Road 2) alimentato dagli stessi finanziatori. Sono già stati raccolti 200 milioni di dollari che serviranno per aprire (con una leva del 40-50%) altri tre-quattro outlet: la novità è che Rdm Asia non guarda più solo alla Cina, mercato ancora interessante e da sviluppare, ma anche al Vietnam e, in prospettiva, all’Indonesia.

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Sguardo verso il Vietnam

«Il focus rimarrà la Cina e l’obiettivo è di aprire a Shenzhen – spiega Jacopo Mazzei, presidente di Rdm Asia – ma stiamo valutando anche altre opportunità, a partire dal Vietnam, Paese che sta crescendo, ama i marchi e per adesso è sprovvisto di outlet: arrivare per primi potrebbe essere strategico».

La pandemia ha rallentato solo in parte lo sviluppo di Fingen. L’outlet Florentia Village di Wuhan, la città epicentro del coronavirus, è stato chiuso tre mesi all’inizio del 2020, gli altri si sono fermati solo per qualche settimana. Ma dal secondo semestre 2020 lo shopping è ripartito con tassi di crescita a doppia cifra, aiutato dai limiti all’espatrio a causa della pandemia e dall’invito del governo di Pechino a fare acquisti in patria.

Le stime 2021: vendute in aumento del 60%

È così che gli outlet Florentia Village hanno chiuso il 2020 con 1,2 miliardi di dollari di fatturato, in linea col 2019. Quest’anno è partito con forte slancio e - complice la nuova apertura a Chongqing, nella città più popolata al mondo (31 milioni di abitanti) - l’incremento di vendite atteso è del 60%, a sfiorare appunto i due miliardi di dollari, con un ebitda del 10%. Alla società operativa si affianca quella di servizi, che occupa 120 persone (400 con l’indotto) e ha un ebitda del 30%.

In arrivo ristoranti e caffé-gelaterie

Sono questi risultati ad aver spinto alla fase-2. Il format resta lo stesso: portare lo stile di vita e il gusto italiano nello shopping cinese. Tanto che Fingen sta aprendo anche ristoranti a marchio Bella Vita e caffè-gelateria col brand Buonissimo (nel 2020 hanno fatturato 7 milioni di dollari).

Per il resto i marchi presenti negli outlet sono internazionali e abbracciano moda, beauty (in grande espansione) e home design: dei circa 300 presenti il 15% è italiano. «I nostri asset Florentia Village, immobiliari e operations, oggi sono valutati 2,5 miliardi di dollari – spiega Jacopo Fratini, amministratore delegato di Fingen – a fronte di un investimento iniziale che, tra equity e finanza, è stato di 750 milioni». La prospettiva di una valorizzazione degli asset, innanzitutto di quelli immobiliari, è all’orizzonte ma non ancora imminente. Certo è che l’investimento cinese ha soddisfatto in pieno Fingen.

«L’assistenza delle municipalità è stata assolutamente efficiente – spiegano Mazzei e Fratini – e gli impegni, anche quelli sulla realizzazione delle infrastrutture, sono sempre stati rispettati. La costruzione degli outlet è avvenuta in tempi rapidi e dopo dieci anni possiamo dire che lavorare in Cina è stato estremamente positivo, anche se la competizione nel settore è fortissima».

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