Coinvolge Imperia e Dolcedo l’inchiesta giudiziaria condotta dalla Procura e dalla Guardia di finanza di Arezzo, che ha portato all’arresto del presidente della cooperativa ex Agorà Italia Daniele Mazzetti, 60 anni, e dei suoi stretti collaboratori, Letizia Beoni e Alessandro Corsetti. Sono accusati di una maxi evasione fiscale da 26 milioni di euro. Alla cooperativa, che ha cambiato più volte nome e che in provincia di Imperia aveva assunto la denominazione «Il Ponte», faceva capo un vero e proprio impero per la gestione di case di riposo e di realtà socio assistenziali sparse per l’Italia. A Imperia fanno riferimento all’ex Agorà ora Il Ponte, il centro di riabilitazione Isah, circa 130 dipendenti con strutture in piazzetta De Negri e via Schiva a Imperia e una a Capo Berta, oltre all’ospizio San Giuseppe a Dolcedo (40 ospiti e circa 20 addetti).

Gli arresti rischiano di avere ripercussioni sulle attività degli istituti e sull’occupazione. Preoccupa la sorte dei dipendenti.

Il capo dei pm di Arezzo Roberto Rossi sospetta l’esistenza di un'organizzazione con operatività nazionale, specializzata nel frodare il fisco. In base alla ricostruzione investigativa operata dalle Fiamme gialle, avrebbe partecipato a gare pubbliche per l'affidamento di servizi tramite un consorzio ad hoc. La conduzione era affidata a cooperative. Tutte le coop erano riconducibili ai tre arrestati. Mazzetti era spesso a Imperia e aveva avuto colloqui con i responsabili dei centri a cui comunicava i cambi societari.

Gli intrecci affaristici, la mimesi come strategia aziendale, sarebbero stati escamotage per coprire il business illecito. Per gli investigatori, gli indagati, con il contributo di un consulente fiscale finito anch’esso nei guai, avrebbero commesso ripetuti e molteplici reati fiscali che nel tempo avevano generato un cospicuo debito ai danni dell'Erario, mai onorato. Il modus operandi: le singole cooperative sarebbero state messe in liquidazione e sostituite con altre. E’ stata contestata l’ associazione a delinquere. Ammonta invece a mezzo milione di euro il sequestro preventivo messo a segno nei confronti dei tre arrestati. A Imperia dell’inchiesta si temono riflessi occupazionali. I sindacati sono pronti ad attivarsi per salvare i posti di lavoro. 

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