Nel caso delle riaperture di fine aprile, il rischio ragionato ha portato bene al presidente Draghi. La campagna vaccinale ha accelerato significativamente e i contagi sono decisamente diminuiti. Vedremo se anche con lo sblocco dei licenziamenti previsto per fine giugno, il rischio ragionato porterà bene al Paese. Il mondo del lavoro è nervoso e irrequieto, come dimostrano le dichiarazioni di ieri su queste colonne del segretario della Cgil Maurizio Landini. I segnali di ripresa nell’industria manifatturiera italiana iniziano a vedersi. Lo ha ricordato ieri Mario Draghi parlando di fronte agli industriali del distretto della ceramica dell’Emilia Romagna, una delle aree più dinamiche e innovative del sistema produttivo italiano. Quando una recessione finisce, i primi segnali di ripresa si vedono negli ordini e nel fatturato delle imprese e solo a seguire nel mercato del lavoro. I dati diffusi ieri dall’Istat registrano un aumento di ventimila posti di lavoro ad Aprile. È un altro piccolo segnale, ma non ancora sufficiente a invertire l’emorragia di ottocentomila posti persi da Febbraio 2020. Dopo il pasticcio iniziale in Consiglio dei ministri il Governo ha trovato un faticoso, ma ragionevole equilibrio in tema di sblocco dei licenziamenti. A partire dal prossimo luglio, la logica emergenziale cambia. Non sarà più vietato licenziare, ma vi saranno grossi incentivi a non farlo. Per tutte le imprese che non ricorreranno ai licenziamenti, la cassa integrazione ordinaria e straordinaria sarà pressoché gratuita. Il compromesso confida su un rischio ragionato, quello che la ripresa economica prenda forza e che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) inizi a produrre i suoi effetti nel Paese, un po’ come avvenuto nel caso della campagna vaccinale gestita dal generale Figliuolo. Mentre nelle riaperture di aprile il presidente del Consiglio ha agito contro il parere di esperti di epidemiologia e virologia, sullo sblocco dei licenziamenti Mario Draghi si trova contro non solo il sindacato, ma anche una parte consistente del Partito democratico e forse anche della Lega, come suggeriscono le ultime dichiarazione di Matteo Salvini. Vedremo se il Governo manterrà la barra dritta, e se l’approvazione del decreto semplificazione - come ha ricordato ieri lo stesso presidente - porterà nuova fiducia e assunzioni nelle nostre imprese. È comunque necessario dare un segnale forte in tema di politiche attive e sostegno ai disoccupati. Su questo punto ha probabilmente ragione Maurizio Landini. Le politiche attive del lavoro devono davvero essere riformate. Il Governo ha commissariato l’Anpal, ma aver giustamente messo fine all’imbarazzante gestione di Domenico Parisi, non è sufficiente per risolvere l’incapacità del mercato del lavoro italiano ad assistere i disoccupati e a intermediare offerta e domanda di lavoro. Il Pnrr promette molto in questa direzione, ma eventuali riforme richiederanno mesi e anni per realizzare i loro effetti sull’efficienza del mercato del lavoro. In attesa di una riforma organica degli ammortizzatori - su cui si è in parte impegnato il ministro Orlando ma che difficilmente vedrà la luce nelle prossime settimane - il Governo dovrà proporre un intervento straordinario in aiuto dei potenziali nuovi disoccupati e dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. Creare temporaneamente centinaia di migliaia di lavori socialmente utili da attivare in particolari settori - quali l’assistenza agli anziani e altre forme di servizio civile retribuito - potrebbe essere il modo giusto per far sì che il nuovo rischio ragionato permetta al presidente del Consiglio, al Governo e al Paese di tenere la barra dritta. Pietro.garibaldi@unito.it