La tragedia

Mottarone, Tadini ammette: tolti freni anche altre volte. La difesa del gestore: la sicurezza non era mia competenza

Si sono svolti a Verbania gli interrogatori dei tre indiziati per il crollo della funivia. Il primo a essere ascoltato è il capo dell’impianto, Gabriele Tadini, che ha chiesto i domiciliari. Per il direttore Perrocchio chiesta la libertà

Tragedia Mottarone, legale Tadini: "Persona molto scrupolosa. La fune si è rotta nel punto di maggior trazione"

2' di lettura

Si sono svolti il 29 maggio, nel carcere di Verbania, gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l’incidente della funivia del Mottarone: la tragedia che ha provocato 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato. Il primo ad essere ascoltato è il caposervizio dell’impianto Gabriele Tadini, difeso dal legale Marcello Perillo. Tadini già martedì sera ha reso le prime ammissioni, spiegando di aver deciso di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d’emergenza. Oggi è stato il turno di Luigi Nerini (avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchi (legale Andrea Da Prato).

Il direttore della funivia: «Non sapevo dei forchettoni»

“Non sapevo dell'uso dei forchettoni, non ne ero consapevole”: lo ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore della funivia Perocchi, secondo quanto riferito dal suo legale Da Prato. L'uomo ha dunque negato quanto sostenuto da Gabriele Tadini, interrogato in precedenza, e cioè che fosse al corrente dell'uso dei forchettoni per bloccare il freno di emergenza che entrava in funzione a causa delle anomalie dell'impianto. “Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini” ha detto ancora Perocchi al gip, sempre secondo quanto riferito dal suo legale. Al termine dell’interrogatorio, per Perocchi è stata chiesta la libertà.

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La difesa chiede i domiciliari. Tadini: messo forchettone altre volte

Tadini ha confermato la versione nell’interrogatorio, che si è chiuso sempre in mattinata dopo circa tre ore. «Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse» ha detto Tadini al gip, ribadendo però di aver già utilizzato il ceppo blocca freno anche in altre occasioni. «Porterò il peso per tutta la vita, sono distrutto perché sono morte vittime innocenti» ha aggiunto.

La scelta di disattivare i freni, a quanto è emerso prima dell’interrogatorio, sarebbe stata avallata per motivi economici da Nerini e Perocchi, anche se i due potrebbero negare di aver saputo dell’uso dei forchettoni. La difesa di Tadini, intanto, ha chiesto la misura degli arresti domiciliari. Sarà il gip Donatella Banci Buonamici a dover decidere sulla convalida e sull’eventuale misura cautelare.

La difesa di Nerini: la sicurezza era competenza degli altri due

Attraverso il suo legale, Pasquale Pantano, Nerini si sarebbe però difeso dalle accuse sostenendo che «la sicurezza non è affare dell’esercente». Per il gestore della funivia di Mottarone, «erano Tadini e Perocchi a doversene occupare per legge». L’uomo ha spiegato che lui «si deve occupare degli affari della società» e che «non aveva nessun interesse a non riparare la funivia».

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