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Aziende Aim poco sostenibili (ma chi lo è non lo comunica)

Il 53% delle quotate all'Aim non rilascia alcuna informativa Esg al mercato. Solo il 13% delle Pmi ha un orientamento avanzato nei confronti di questa tematica

di Morya Longo

ESG: come riconoscere e valutare la sostenibilità

3' di lettura

Se tra le grandi aziende quotate esiste nel mondo il fenomeno del «green-washing» (cioè del “lavaggio” verde dei bilanci per farli sembrare più sostenibili del reale e cavalcare la moda Esg), tra le piccole aziende quotate a Piazza Affari esiste a volte il fenomeno opposto. Sembra paradossale ma ci sono imprese quotate all’Aim che sostenibili lo sono davvero, o che sono sulla buona strada per esserlo, ma non lo comunicano al mercato. C’è insomma chi si fa bello per piacere agli investitori, e c’è anche chi sarebbe bello ma non lo dice a nessuno. Dal «green-washing» al «green-dirtying» potremmo dire. Emerge anche questo dal rapporto sulla rendicontazione Esg tra le società quotate all’Aim presentato da AcomeA SGR e Sustainable Value Investors (SVI).

Un potenziale ancora inespresso

A prima vista, in un mondo finanziario che ormai non parla d’altro che di sostenibiltà, i risultati della ricerca lasciano molta amarezza sullo stato delle imprese quotate all’Aim: il 53% delle aziende di questo mercato dedicato alle Pmi, infatti, non rilascia alcuna informativa Esg al mercato. Più precisamente, sono 79 su 149 aziende quotate all’Aim. Numero notevole, sebbene in miglioramento rispetto all’anno scorso. E, soprattutto, più della metà delle imprese non comunica alcun impegno nei confronti della sostenibilità. Invece solo il 13% delle società Aim ha - all’opposto - un orientamento avanzato nei confronti di questa tematica. Ma se questo risultato lascerebbe presupporre che le piccole società quotate siano ancora lontane dal trend della sostenibilità, la realtà non è per forza così. E qui viene la sorpresa.

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ESG: come riconoscere e valutare la sostenibilità

«Il fatto che meno del 50% delle aziende quotate all’Aim faccia una rendicontazione può sembrare negativo, ma a nostro avviso invece fa capire il potenziale ancora inespresso che c’è su questo mercato - osserva Marco Ruspi, responsabile Esg di AcomeA sgr -. Guardando nel dettaglio tutte le aziende, ci siamo accorti che molte di loro già soddisfano alcuni aspetti dei principi Esg, anche solo perché inserite in catene delle forniture che lo richiedono. Il problema è che non sono ancora consapevoli del fatto che non basta essere sostenibili, ma bisogna anche comunicarlo in maniera strutturata al mercato, se no gli investitori non arrivano». «Un conto è la sostenibilità, altro conto è la sua rendicontazione - aggiunge Daniela Carosio, curatrice della ricerca e senior partner di SVI -. Le due cose devono andare di pari passo se si vuole creare un circolo virtuoso». E questo è il vero obiettivo della ricerca: individuare le potenzialità e farle emergere.

Uno sguardo alle imprese più virtuose

Lo studio snocciola poi molti altri dati. Guardando alle imprese più virtuose, emerge che tra il 47% delle aziende dell’Aim che rilascia un’informativa Esg ci sono atteggiamenti diversi. La gran parte pubblica solo un bilancio di sostenibilità di tipo qualitativo. Solo il 31% rilascia invece dati Esg quantitativi, il 29% riporta una matrice di materialità rispetto ai propri stakeholder e il 27% rendiconta secondo gli standard della Global Reporting Initiative (Gri). Infine, solo 3 società su 70 pubblicano una Rendicontazione non finanziaria ex Decreto Legislativo 254/2016 che recepisce la direttiva europea sulla rendicontazione sociale, ambientale e di governance. Insomma, la strada è ancora tanta. Ma non è detto che l’apparenza rispecchi davvero la realtà.

Ed è proprio questo il punto: «A nostro avviso questi dati mostrano che ci sono sull’Aim aziende che, nel medio-lungo termine, potranno attirare importanti flussi di capitali dagli investitori internazionali migliorando il proprio impatto sostenibile e la relativa comunicazione. Se la sostenibilità oggi è spesso vista come un costo, nella realtà può essere il contrario: cioè un modo per migliorare le performance di Borsa e per far partire un circolo virtuoso», conclude Ruspi.

Riproduzione riservata ©
  • Morya LongoVicecaposervizio

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: Italiano, inglese

    Argomenti: Finanza, mercati azionari e obbligazionari

    Premi: Vincitore del premio State Street 2018 – Giornalista dell’anno, autore del miglior scoop

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