A Belgrado l’inquinamento si combatte alla fermata dell’autobus con “alberi liquidi” anti-smog
di Alessio Cozzolino
di Peppe Aquaro 20 mag 2021
Spaghetti, pizza e mandolino. E vai col liscio dei luoghi comuni dedicati all’Italia. Comprese le cattive pratiche ambientali: vedi alla voce rifiuti trasportati illegalmente all’estero. Purtroppo, è una realtà negativa, sulla quale stiamo lavorando. E molto bene. Come ha raccontato al Corriere, il generale Maurizio Ferla, comandante dei Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica, parlando del traffico dei pannelli solari esausti. Stavolta, però, non ci raccontiamo noi italiani, ma ricordiamo come la pratica dei rifiuti che costituiscono un rischio ambientale e finiscono a spasso da un Paese all’altro dell’Europa (e non solo) abbia coinvolto realtà fino a pochissimo tempo fa praticamente immacolate. Almeno all’apparenza. Secondo una recente indagine condotta da Greenpeace (qui il rapporto) e rimbalzata su The Guardian, l’Inghilterra avrebbe esportato, lo scorso anno, poco meno di 700 mila tonnellate di scarti di plastica, mentre soltanto 486 mila tonnellate sarebbero state riciclate in Patria. Prima destinazione: la Turchia
Fatti due conti: dal 2016 ad oggi, l’esportazione dei rifiuti plastici inglesi ad Antalya, Istanbul e in altri porti turchi (la Turchia è il principale paese destinatario dei rifiuti plastici), dopo la decisione cinese di vietare, dal 2017, l’importazione di vari tipi di plastica è aumentata del 30 per cento. Ma la domanda è: dove vanno a finire queste plastiche esauste? Molto spesso non sono neppure gli inceneritori la loro destinazione finale. E non ci sono soltanto quelle britanniche, 210 mila tonnellate soltanto nel 2020. Nello stesso anno, dalla Germania alla Turchia sono state esportate 136 mila tonnellate di rifiuti plastici. Che se venissero inviati laggiù poer essere smaltiti in appositi impianti per produrre energia dai rifiuti (termovalorizzatori) sarebbero legali. Ma così non è. (continua a leggere dopo i link)
Si legge nel report “Trashed” (un nelogismo che significa poiù o meno “coperti di spazzatura”), pubblicato all’inizio di questa settimana da Greenpace, che, a seguito di un sopralluogo in 1o località intorno alla metropoli di Adana, quarta città turca per estensione, sarebbero stati trovati cumuli di rifiuti di plastica bruciata e abbandonata a cielo aperto (si veda la foto di apertura del fotografo turco Caner Ozkan). Scaricata nei campi, vicino ai binari di una ferrovia o dei corsi d’acqua: in infiniti sacchi contenenti rifiuti plastici. Ed anche non bruciati. Uno spettacolo impietoso con la plastica che galleggiava sull’acqua e diversa plastica britannica lungo le coste meridionali. E che si trattasse di rifiuti inglesi, piuttosto recenti, lo si è capito da alcuni indizi: sono stati trovati test antigene per il coronavirus e pacchetti di plastica con scadenza agosto 2021.
«Chiediamo al governo britannico di emanare una legge sull’ambiente e di vietare tutte le esportazioni di rifiuti di plastica verso Paesi che non fanno parte dell’Organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico, come la Malesia (seconda destinazione dello scarico di rifiuti plastici britannici nel 2020 con 65mila tonnellate, seguita dalla Polonia con 38mila), ma anche verso la Turchia, pur facendo parte dell’Ocse», ha tuonato Greenpeace. Non solo. Un’altra denuncia è arrivata da Nihan Temiz Atas, responsabile di un programma per la tutela della biodiversità promosso da Greenpeace Mediterraneo, con sede in Turchia, la quale ha ricordato come ormai il suo paese sia diventata la più grande discarica di rifiuti di plastica dell’Europa: ogni giorno, circa 241 camion di rifiuti di plastica arrivano in Turchia da tutta Europa. Peccato, però, che la Turchia, con il 12 per cento di plastica riciclata mantenga il trend più basso di tutti i Paesi dell’Ocse e che la decisione della stessa Turchia di imporre un giro di vite sull’importazione di rifiuti plastici dall’Europa, a partire dallo scorso gennaio, abbia paradossalmente fatto aumentare il numero di tonnellate degli stessi rifiuti esportati dall’Inghilterra.
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