SAN PAOLO – La notte che ha dato inizio al processo per la costruzione di un nuovo Cile è anche quella che segna il definito tramonto politico del presidente conservatore Sebastian Piñera. «È evidente – ha detto Piñera – che non siamo in sintonia con le domande della società». Non è una grande sorpresa, se si considera che da un anno e mezzo ci sono manifestazioni di protesta contro l’esecutivo e il modello economico vigente, ma i risultati della mega giornata elettorale di ieri, si è votato per scegliere i rappresentanti dell’Assemblea Costituente ma anche per la nuova figura dei governatori regionali e per i sindaci – segnano una sconfitta profonda per la destra oggi al governo. Con 37 seggi conquistati su 155 i conservatori sono infatti lontani dall’obbiettivo di un terzo dei rappresentanti che sarebbe servito per esercitare un potere di veto sugli articoli della nuova Carta magna, che dovranno essere approvati con maggioranza dei due terzi. Trionfa invece la nuova sinistra, dal Partito Comunista alle formazioni progressiste nate sull’onda delle poteste studentesche e del variegato movimento “Estallido”, la protesta sociale che ha avuto come principale parola d’ordine proprio quella di cambiare la Costituzione vigente, ereditata dalla dittatura di Pinochet.

La lista “Apruebo dignidad” porta a casa 28 rappresentanti, tre in più della coalizione formata dai partiti di centrosinistra (democristiani, socialisti e socialdemocratici) che hanno governato in Cile per la maggior parte del tempo dal ritorno della democrazia ad oggi. Molto bene anche nelle elezioni locali il partito comunista, che è riuscito a mantenere i suoi sindaci e conquistarne di nuovi, arrivando davanti a candidati conservatori anche in comuni simbolici come quello della capitale Santiago. Grande exploit, come si prevedeva, dei candidati indipendenti; saranno 48 su 155 a cui si aggiungono i 17 rappresentanti destinati per legge ai popoli originari, dai mapuche ai quechua ai Rapa Nui dell’Isola di Pasqua. Tra questi il gruppo più grande è quello iscritto nella “Lista del pueblo”, dichiaratamente di sinistra ma senza una piattaforma comune. La Costituente, che inizierà i suoi lavori a fine giugno e avrà 12 mesi di tempo per portarli a termine, avrà quindi una composizione molto variegata, sicuramente di stampo progressista, anche se sarà poi sui singoli articoli in discussione che si scoprirà la direzione verso la quale andrà il nuovo testo costituzionale. Di sicuro la scena politica cilena segna il più grande cambiamento in 31 anni di ritrovata democrazia. Sono molti i nomi nuovi, diversi i rappresentanti di istanze regionali o di domande specifiche della società civile, come la difesa dell’acqua come bene pubblico, la creazione di uno Stato sociale forte, la parità di genere e la lotta alle discriminazioni verso la comunità LGBT.

Un terremoto politico arrivato però con una partecipazione ancora più bassa del previsto; ha votato solo il 43% dei cileni, un dato sorprendente se si considera l’importanza di un voto destinato, comunque lo si guardi, a cambiare la storia del Cile. Il prossimo appuntamento elettorale è dietro l’angolo, a novembre si vota per scegliere il presidente. I nomi dei candidati saranno decisivi nelle prossime settimane dai rispettivi partiti e anche qui ci potranno essere delle sorprese.      

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