Giada De Laurentiis torna in tv con «Bobby & Giada in Italy»: «Cucinare è la nostra cultura»

Figlia dell’attrice Veronica De Laurentiis e nipote di Silvana Mangano e del produttore Dino, dall'11 maggio torna su Food Network insieme a Bobby Flay raccontando il cibo italiano, una grande passione di famiglia
Giada De Laurentiis torna in tv con «Bobby  Giada in Italy» «Cucinare è la nostra cultura»

A Napoli il cognome DeLaurentiis viene associato soprattutto al calcio, a Hollywood è legato al cinema, ma c’è un membro della talentuosa famiglia napoletana che ha trovato la sua strada in un campo diverso: la cucina d’autore. È Giada De Laurentiis, figlia dell’attrice Veronica DeLaurentiis e nipote di Silvana Mangano e del produttore Dino. Cinquant’anni portati meravigliosamente, un fisico che non tradisce la passione per il cibo, Giada ha iniziato la sua carriera televisiva quindici anni fa, sul canale tematico Food Network, con il programma Everyday Italian, con cui ha vinto anche un Emmy, l’Oscar della televisione.

Ora su Food Network (dall'11 maggio ogni martedì alle 22:00, canale 33, disponibile in streaming anche su discovery+) Giada conduce a due mani, insieme all’amico e collega Bobby Flay, un programma dal titolo Bobby&Giada in Italy, viaggio enogastronomico nell’Italia del gusto che parte da Roma, città in cui Giada è nata e dove ha vissuto i primi sette anni della sua vita, prima che la famiglia si trasferisse in America, a New York e poi a Los Angeles.

Giada, come mai la cucina? Sua madre è attrice, suo nonno Dino e suo zio Aurelio famosi produttori, non ha proprio mai pensato alla carriera cinematografica?«Il fatto è che anche il cibo, oltre al cinema, è radicato profondamente nelle radici famigliari. Mio nonno Dino era il figlio di un pastaio di Torre Annunziata e prima della Seconda Guerra Mondiale il mestiere di mio nonno Dino era vendere la pasta fatta da suo padre. Poi, con la guerra, il bisnonno perse il pastificio e mio nonno decise di provare con il cinema. Voleva diventare un attore ma era troppo piccolo e non abbastanza bello, e così usò le sue qualità di venditore di pasta per produrre film. Sposò un’attrice bellissima, Silvana Mangano e insieme fecero film e diventarono famosi nel mondo».

Ma il cibo rimase una passione di famiglia.«Esatto, una passione ancora più importante quando ci trasferimmo negli States. Cucinare era in nostro modo di stare a contatto con le nostre radici, il nostro modo di capire chi eravamo. Quando ti trasferisci in un altro paese il rischio di perdere il tuo passato è concreto. Molta gente, per assimilarsi agli altri si lascia alle spalle la sua cultura».

Suo nonno non l’ha permesso.«Infatti. Il cibo ancora più che il cinema, è la definizione di chi siamo. Mia zia era bravissima con le ricette, mio nonno invece cucinava buttando tutto nella pentola. Mia mamma, che ha avuto quattro figli, non è un’appassionata di cucina ma sapeva mettere in tavola una cena molto velocemente. Io ho preso qualcosa da tutti loro».

Anche sua figlia, Jade, ha ereditato la passione per il cibo?«Quando era piccola cucinavamo molto insieme, ora ha dodici anni ed è in quella età in cui sei più interessata ai social media, come ogni pre-adolescente oggi».

Parliamo della serie, Bobby&Giada. Lei racconta la sua Roma a partire dal cibo, Bobby fa la stessa cosa dal suo punto di vista più americano.«Ci piaceva proprio l’idea di mettere in contrapposizione i modi differenti che abbiamo, Bobby ed io, di vedere l’Italia e il suo cibo».

Durante la prima puntata lei fa a Bobby fa una disquisizione fra la differenza che corre fra la pizza bianca e la focaccia. Una sottigliezza difficile da cogliere per un americano.«Quello che abbiamo voluto fare è spiegare ai non italiani l’enorme varietà della nostra cucina. Lo stesso piatto, che ormai appartiene alla tradizione dell’intera nazione, non ha lo stesso gusto in città diverse. Non mangi la stessa pizza a Napoli e a Roma».

Avete girato prima della pandemia, nel settembre 2019«Quello che è successo dopo mi ha fatto apprezzare ancora di più, il nostro gironzolare per le strade. Quel poter viaggiare senza restrizioni, incontrare gente e stringere mani. A pensarci oggi sono stati regali preziosi. Sono felice di aver avuto l’occasione di passare del tempo con un caro amico che ormai non vedo da un anno».

Dopo Roma siete andati in Toscana.«Abbiamo raccontato le differenze fra la vita di città, più veloce e frenetica e quella in campagna, dove il ritmo cambia totalmente. Abbiamo esplorato vigneti e cantine. Il passo è molto più lento e tranquillo in campagna, e anche il cibo è differente».

La pandemia vi ha poi fermato.«Avremmo voluto esplorare altri luoghi, andare sulla costa amalfitana, al sud, ma non abbiamo avuto tempo, forse lo faremo in futuro».

Gli americani amano la cucina italiana, ma c’è qualcosa della loro cucina che noi italiani potremmo imparare ad apprezzare?«Soprattutto dovremmo far cadere i pregiudizi. La cucina americana non è solo hamburger e hot-dog. Anche negli States c’è una cucina regionale che è buonissima e che in pochi conoscono, la cucina cajun degli Stati del sud ad esempio. E poi la cultura culinaria americana, proprio come la sua popolazione è un melting-pot di tradizioni e ricette diverse. Chiunque viene in questo paese porta le sue tradizioni, ma poi le adatta creando una cucina diversa che può essere molto affascinante».