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Valeria Usala: «La libertà delle donne fa paura»

Storie che si raccontano in paese, brutte vicende che ancora grattano le coscienze, tramandate a voce, spesso dalle donne, che riportano il vero, la meraviglia o la maldicenza. Una giovane scrittrice ci mette su la penna, scava nei ricordi di famiglia, aggiunge fantasia. Nel libro di Valeria Usala ci si sperde in una Sardegna antica e rude, vestita di orbace e veli neri, di fiaschi di vino, mirto e dicerie. C’è una comunità che difende l’ordine costituito, rinnega una ribelle per la sua troppa indipendenza.

Valeria Usala, 28 anni, è nata e vive a Cagliari. La rinnegata è il suo primo romanzo.

«Ogni paese ha il suo martire, il nostro è una donna di nome Teresa, e la sua morte è rimasta troppo a lungo un segreto» scrive Usala nel prologo. Un racconto denso e affascinante, il mistero svelato di una storia realmente accaduta, che molto avrebbe da insegnare se accettassimo di imparare.

“Senza un uomo accanto, una donna non è nulla”, ma la vedova Teresa non vuole risposarsi. Cosa succede?
Comincia un assedio, quello che si infligge alle donne che hanno il coraggio di scegliersi la propria strada, contro il tempo, le usanze, le abitudini. Ho cercato di capire quale esperienza potesse aver avuto una donna un secolo fa e soprattutto trovare le somiglianze con ciò che viviamo ancora oggi.

Quella di Teresa è una sfida al paese?
Lo sforzo che fa per autodeterminarsi e per cercare di essere se stessa viene visto come una minaccia. Che si aggiunge al fatto che Teresa è molto bella.

“La bellezza è una fortuna pericolosa”, lei scrive.
La pone come un oggetto e crea un’apparenza sulla quale gli altri ricamano. È riuscita ad aprire un emporio, le malelingue sibilano “chissà come”. Sono stereotipi e pregiudizi che si ripetono ancora oggi. Più che un dono diventa una condanna, credo che così l’abbia vissuta la donna reale a cui è ispirato il romanzo: bella e capace spicca come un tradimento.

Gli uomini cercano di rimetterla al suo posto, destinando a Teresa complimenti più o meno grevi, comunque non richiesti. Le donne lavorano sulla maldicenza. È un vizio nostro non essere solidali?
Anche per esperienza personale, so bene che ci sono donne rivali ma anche alleate. Però è vero che non avere l’appoggio delle altre è una ferita più profonda. Dal genere maschile, forse per abitudine, un po’ te lo aspetti. Nella modalità femminile, più mentale, quindi forse un po’ più subdola, c’è un sottotesto diverso e secondo me ferisce di più.

La rinnegata di Valeria Usala Garzanti, pagg. 208, euro 16.

La Sardegna è protagonista con la sua natura, le contraddizioni, i riti antichi, come quello dell’éntula.
Era la fase in cui, dopo la raccolta, il grano veniva fatto volare in aria in modo da separare la pula dal chicco che, più pesante, cadeva a terra.

Teresa individua lì il punto in cui parte la sua determinazione alla libertà. Perché?
Era un lavoro molto pesante, gli uomini con la pala alzavano in aria il grano, le donne raccoglievano da terra i chicchi per macinarli. Teresa a 10 anni, si fa dare una pala e lavora indefessa, esattamente come un uomo. In quel ricordo c’è la genesi del suo desiderio di libertà. Un po’ come dire “ho provato un lavoro che non era nei canoni per una femmina, eppure ero brava in quello che facevo. E mentre lo facevo mi sentivo libera”. Come un destino su cui fonda la sua volontà di continuare a lavorare, di pensare alla sua famiglia.

L’altra protagonista, Maria, è una rinnegata per ragioni diverse
Lei si innamora, avrebbe voluto sposarsi, seguire e stare in quel ruolo dato. Non le è stato permesso, paga anche lei un prezzo altissimo. Nessuna delle due riesce a risorgere, però una è consapevole di ciò che vuole e va incontro alla conseguenza delle sue scelte. L’altra, Maria, non ha fatto una vera scelta e non ha neppure avuto la possibilità di esprimersi perché è di una generazione precedente.

Come verranno accolte queste tematiche nella sua regione?
Non so cosa aspettarmi, sono anche un po’ spaventata. Però ci sono due realtà in Sardegna, l’orgoglio della propria storia e la diffidenza verso chi mette “in piazza”.

È successo anche a Grazia Deledda…
Rido per il nome illustrissimo cui non mi paragono di certo… Però di sicuro non avrei iniziato a scrivere se non avessi pensato che non ero sola. La Sardegna ha dentro talmente tanta storia, tanta cultura. Da un lato brilla, dall’altro ha una carica ancestrale fortissima.

La storia vera da cui è partita ha lo stesso finale tragico?
L’ho dovuto addirittura ammorbidire. Gli atti del tribunale riportano una condanna a tre ergastoli. In quel che è successo risuona una passionalità che indica un’offesa profonda.

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA