Casa Vogue. Villa Amman vista da Giovanni Gastel

Villa Amman, la residenza della leggendaria marchesa Luisa Casati, nelle foto di Giovanni Gastel
Casa Vogue. Villa Amman vista da Giovanni Gastel

Scomparso poco più di mese fa, ma non sembra già un secolo? Giovanni Gastel ha più di una volta collaborato anche con Casa Vogue, per raccontare con il suo sguardo raffinato storie di ieri e di oggi. Come ricordo e omaggio a un grande amico e grande fotografo abbiamo scelto dagli archivi due servizi che riproponiamo da questa settimana. Quello che ripubblichiamo oggi apparve sulla rivista nel dicembre 2002. L'atmosfera decadente della dimora della celebre nobile milanese, il personaggio e la sua vita, insomma tutto aveva sicuramente ispirato Gastel che ne trasse una serie di scatti che sembrano quasi un reportage dal set di un film di Visconti. L'articolo realizzato da Grazia d'Annunzio restituisce appieno il carattere, in fondo rimasto un mistero, di Luisa Casati, “opera d'arte vivente” come si autodefinì. Come sempre le sincronicità arrivano a sottolineare i casi della vita: in questo caso ci si riferisce a quella sorta di simbolico e certamente non voluto passaggio di testimone avvenuto quando Peggy Guggenheim fece di Palazzo Venier dei Leoni a Venezia, già residenza della Casati e venduto come salva debiti, la sua ultima dimora (oggi sede della Fondazione). Due donne straordinarie, unite su versanti opposti dalla passione per l'arte: la prima “opera d'arte” lei stessa, ritratta da grandi pittori; la seconda, amata dai pittori e collezionista d'arte. (Paolo Lavezzari) 

La Marchesa Luisa Casati ritratta da Boldini. L’esterno della casa in Brianza e il giardino con alberi secolari. 

Gli occhi verdi ammaliatori cerchiati dal kajal, le pupille ingigantite dalle gocce di belladonna. L’incarnato diafano, quasi spettrale, in contrasto con le labbra dipinte di un cupo vermiglio, i capelli ricci, rosso fuoco, spesso volutamente scomposti come la criniera di una moderna Medusa. E poi gli abiti creati da Fortuny, Poiret, Bakst, Erté, la vita cosmopolita e controcorrente, le passioni diaboliche e sinistre, gli amanti innumerevoli. I palazzi sontuosi in cui si aggirava con il suo esotico caravanserraglio di serpenti, pavoni, levrieri, pechinesi, tigri, merli albini scimmie e aitanti servitori di colore. E come non pensare ai ritratti che l’hanno immortalata? Posò per Giacomo Balla, Giovanni Boldini, Man Ray, Alberto Martini, Kies Van Dongen, Cecil Beaton. Come non ricordare i balli in maschera di cui lei era superba anfitriona? E i debiti incalcolabili accumulati durante un’esistenza sopra le righe? Luisa Amman maritata Casati, Marchesa che del bizzarro e dell’anticonformismo fu autentica pitonessa dall’inizio del secolo agli anni Trenta, è stata ben più di un’animatrice dei salotti dell’high society. Divenne un’autentica leggenda e, come lei stessa aveva proclamato, fu soprattutto «un’opera d’arte vivente», nonché musa incontrastata di pittori, scrittori, poeti. Su tutti spicca il nome di Gabriele d’Annunzio, con cui ebbe una appassionata relazione, complici i comuni interessi per una certa decadenza, una vita stravagante e lussuosa e un penchant per l’occulto e le droghe.

Il ritratto di Luisa Casati eseguito da Paul-César Helleu.

Lui, che aveva il personalissimo vezzo di affibbiare alle amanti “nomes de plumes” esotici o desueti, la soprannominò Kore, ragazza in greco (tra i due c’erano diciotto anni di differenza), ma lei si affrettò a cambiarlo in Coré, più musicale e graficamente meno duro. Ma, proprio per il desiderio di una vita perennemente teatrale, dove ogni apparizione diventava un’autentica “mise en scène”, poco si sa in realtà di lei: quale fosse veramente il suo carattere rimane ancora oggi un mistero. E, vuoi per il lifestyle faraonico e folle, vuoi per le spese sconsiderate e avventate, tutto ciò che le apparteneva e che accumulò venne venduto quando si vide messa alle strette dai creditori. Oggi la villa di Erba dove visse da bambina (nacque a Milano nel 1891, da una famiglia nobile con business nell’industria cotoniera) è diventata un centro congressi, e quella del marito, a Cinisello Balsamo, è un convento. Mentre il palazzo Venier dei Leoni a Venezia, che fu poi la residenza di Peggy Guggenheim, oggi è sede dell’omonimo museo. Delle sue dimore, la villa di Parigi è una residenza privata, e l’ultimo domicilio, al 32 Beaufort Garden a Londra (dove morì nel 1957), è ora un albergo. Risulta perciò di indubbia importanza storica, anche se indiretta, per ricostruire fasi poco conosciute della sua vita, la casa fotografata in queste pagine, in quanto l’unica di proprietà della famiglia d’origine. Villa Amman, costruita alla fine del Settecento nel verde della Brianza, era infatti l’abitazione dello zio di Luisa, quel Conte Edoardo che, alla morte prematura del padre di lei, divenne il tutore suo e della sorella e si adoperò a gestire le finanze di due fanciulle che a fine Ottocento erano le ereditiere più ricche d’Italia. In queste stanze Luisa trascorse molte giornate della sua infanzia, quando veniva a trovare lo zio e il cugino Mario, quasi suo coetaneo, con il quale aveva un legame molto profondo. 

Vista prospettica dei saloni al piano terra, con affreschi-trompe-l’oeil e pavimenti in marmorino veneziano che riprendono lo stile neoclassico della dimora.  

«Mio padre era un artista», puntualizza Edoardo Amman, secondo cugino di Luisa, «e i due condividevano gli stessi interessi (Mario la ritrasse anche in giovane età, ndr). Ma a casa nostra non si parlava molto di lei, a causa della sua vita burrascosa e della fortuna dissipata. La incontrai un’unica volta a Londra, tramite amici comuni, nel ’48. Non sapevo neanche che fosse ancora viva. Abbiamo parlato, e l’impressione fu quella di una donna che aveva chiuso i ponti con la famiglia. Solo di mio padre nutriva un ricordo e una considerazione particolare. A Villa Amman, rimane appeso alla parete di un salotto a piano terra un ritratto di Paul-César Helleu che ho sempre avuto sotto gli occhi», prosegue Edoardo, residente adesso in un’ala della dimora che, nonostante una fase di necessaria ristrutturazione, ha mantenuto intatta la sua allure. Per il resto, negli ambienti stratificati di questa casa – la cui data di costruzione viene fatta risalire al 1774, mentre è del 1835 il passaggio di proprietà al nobile Ignazio Prinetti, trisavolo dell’attuale proprietario – la presenza di Luisa aleggia in brandelli di ricordi sfuocati. 

Lo scalone che dal portico conclude al piano superiore, dove sono esposte stampe di ufficiali napoleonici e un busto della trisavola.

Chi invece non la conobbe personalmente, ma ne rimase affascinato trent’anni fa, quando a Toronto vide un suo ritratto eseguito da John Augustus, è Scot Ryersson, autore con Michael Orlando Yaccarino di “Infinita Varietà. Vita e leggenda della Marchesa Casati”, una scrupolosa biografia che, dopo il successo negli Stati Uniti, esce, ampliata, a gennaio in Francia da Assouline e in aprile in Italia presso le edizioni Il Corbaccio. «Siamo anche riusciti a contattare Lady Moorea Black, figlia di Cristina, l’unica figlia della Marchesa, che ci è stata immensamente d’aiuto», afferma Michael. «La Marchesa Casati voleva essere una creatura enigmatica e lo è stata. Nel nostro libro abbiamo vagliato tutte le fonti e cercato di mantenere un approccio scientifico, al di là dei pettegolezzi che circolavano sul suo conto», aggiunge Scot. Nel corso delle loro ricerche e in virtù della quantità di materiale trovato, i due autori hanno anche organizzato un archivio con molti manoscritti originali, e un web site ricco di informazioni. E stanno vagliando la possibilità di un film o di un documentario sulla donna più affascinante e segreta del secolo passato. 

Il fumoir a piano terra con dipinti a tema equestre e piano verticale.