La ricerca scientifica per la lotta al Covid può contare anche su uno strumento molto particolare all’ospedale di Alessandria. È la Biobanca nella quale sono conservati (a temperature fino a -180°) reperti biologici di pazienti con questa o con diverse altre patologie, in primis il mesotelioma maligno della pleure. Sono reperti a disposizione dei ricercatori italiani ma anche di tanti altri Paesi, poiché la Biobanca alessandrina è entrata ormai nella rete nazionale e in quella mondiale.

«Nell’Azienda ospedaliera sono in corso studi sul Covid, ad esempio all’Infantile, e i campioni che oggi sono fermi nella nostra Biobanca potranno essere utilizzati da ricercatori esterni per ulteriori studi» spiegano le biologhe Roberta Libener e Laura Mazzucco. Aggiunge Antonio Maconi, responsabile dell’Infrastruttura Ricerca Formazione Innovazione: «Sull’onda della pandemia, sono state create altre Biobanche e noi abbiamo collaborato all’attivazione di quella dell’Upo, l’Università del Piemonte orientale, per cui abbiamo un duplice ruolo: sia in sede sia all’Upo Biobank». Commenta Daniela Kozel, direttore sanitario e facente funzioni di direttore generale dell’Azienda ospedaliera dopo la partenza di Giacomo Centini: «La raccolta di questo tipo di materiale biologico è preziosa anche in prospettiva, per il futuro, per indagini e ricerche che non ci aspettiamo. Ci consentirà di avere a disposizione strumenti per studiare cose che ancora non ci sono». Come è oggi il caso del Covid.

La Biobanca dell’ospedale di Alessandria è nata nel 1989 grazie all’intuizione di un grande medico e ricercatore: l’allora primario di Anatomopatologia Pier Giacomo Betta (è scomparso nel 2015). Fu lui a dare il via alla raccolta di reperti biologici riferiti ai pazienti di mesotelioma. Col tempo, sono stati immessi nella Biobanca tessuti prelevati da 880 pazienti. Negli anni recenti, la Biobanca ha ampliato il raggio d’azione ad altre patologie (ad esempio il tumore alla mammella). Insomma, l’attività è cresciuta notevolmente. Serviva quindi una sede adeguata, spiega Roberto Guaschino, direttore della Medicina trasfusionale e del laboratorio analisi, «per ospitare i frigoriferi e i congelatori, per l’area per la preparazione dei campioni e apparecchiature di laboratorio (dalle cappe sterili alle centrifughe), e per l’area amministrativa e organizzativa». Aggiunge Guaschino: «Ci sono aziende che investono sulle Biobanche , ad esempio sulla loro automazione. Si apre una finestra sul futuro e noi vogliamo esserci». La sede è stata trovata nell’area più antica dell’ospedale ed è partita la sistemazione: l’investimento è di circa 270 mila euro e a luglio ci sarà l’attivazione.

Nel frattempo, ieri la Biobanca è stata intitolata con una cerimonia virtuale proprio a Pier Giacomo Betta. Della figura dell’anatomopatologo ha parlato anche l’ex primario di Oncologia, Guido Bottero, entrato con lui e con l’ex primario di Chirurgia Giuseppe Spinoglio in ospedale negli Anni Settanta : «Un uomo ammirevole per modestia e umiltà, l’umiltà di chi sa. Dal punto di vista scientifico, la pacatezza era la sua misura, fondata sul profondo sapere. Un ricercatore rigoroso». Ora, grazie alla sua lungimiranza, proprio la ricerca ha un’arma in più. 

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