Europa

Lingue, perché l’Ue privilegia l’inglese anche dopo la Brexit (e quanto ci costa)

di Farian Sabahi

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Perché l’Ue punta sull’inglese

«Non è chiaro perché le istituzioni dell’Ue persistano nel privilegiare solo l’inglese nella comunicazione al pubblico quando questa è la lingua materna di poco più dell’1% dei 447 milioni di residenti e contribuenti europei. A questi possiamo aggiungere un 8% di residenti che dichiarano di conoscerla molto bene come lingua straniera. È grottesco che per un neozelandese sia più facile essere aggiornato su quello che accade a Bruxelles che per uno spagnolo o un ungherese». È con queste parole che Michele Gazzola, docente di politiche e amministrazione pubbliche alla Scuola di scienze sociali e politiche applicate dell’Università dell’Ulster (Regno Unito) commenta l’utilizzo egemonico dell’inglese da parte delle istituzioni europee nonostante la Brexit. Vicedirettore della rivista scientifica Language Problems & Language Planning e autore di pubblicazioni sulle politiche linguistiche e l’economia linguistica, Gazzola concorda con l’editorialista tedesco Wolfgang Münchau secondo cui «concedendo privilegi all’inglese, l’Ue ha perso il controllo della propria narrativa e forse è venuto il momento di cambiare rotta. Non credo che volesse fare crociate, ma ricordare che l’UE europea esiste per promuove gli interessi dei suoi stati membri».

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