Colosseo verde: tutti i progetti green del parco archeologico

Il parco archeologico del Colosseo ha un lato verde: sapevate che qui si produce addirittura il miele, e che i restauri puntano ed essere ecosostenibili?
Colosseo verde tutti i progetti green del parco archeologico

Il parco archeologico del Colosseo (area che comprende, oltre all'anfiteatro Flavio, anche il foro romano, il Palatino, l'arco di Costantino e la domus Aurea) è sempre più attento alla natura e alla sostenibilità di tutte le sue attività, e ha da poco inaugurato una pagina web interamente dedicata a questi temi. Sì, perché il parco (un'area di più di 40 ettari in pieno centro) può vantare di essere unico al mondo sia per l'indiscussa importanza dei siti archeologici che sono al suo interno, ma anche per un patrimonio naturalistico unico al mondo, come sottolinea il direttore del Parco, Alfonsina Russo «per questo, da sempre, ci impegniamo al massimo per proteggerlo e valorizzarlo, dando il nostro contributo alla crescita di una economia sostenibile in senso più ampio, infondendo nel nostro pubblico, e soprattutto nelle nuove generazioni, la consapevolezza che la tutela dell’ambiente è compito di ognuno di noi»

Tanta attenzione alla natura si sostanzia nella cura della vegetazione, sia quella spontanea – tipica dell'area mediterranea – sia di quella scelta per ricreare lo spirito dei giardini di epoca imperiale o rinascimentale, visto che nel Cinquecento gli Horti Farnesiani, impiantati proprio sul Palatino, figuravano tra i più incantevoli giardini cittadini.

«Il Parco del Colosseo è unico per la sua biodiversità da sempre oggetto di studio» continua Alfonsina Russo «possiamo dire che sin dal Seicento almeno sono noti trattati di botanica dedicati ad esempio alle piante e ai fiori che avevano trasformato il Colosseo in una sorta di orto botanico; ma non possiamo non menzionare tutte le piante che erano distribuite sul versante meridionale del colle Palatino, là dove è collocata l'origine di Roma e che il Parco ha voluto ripristinare creando un affascinante percorso archeologico-naturalistico. Ma altrettanto eccezionali sono le piante esotiche che invece fanno parte del Giardino degli Horti Farnesiani progettato da Alessandro Farnese sin dalla fine del '500. Insomma quello che emerge è che dalle origini di Roma fino ad oggi il Parco è stato ed è luogo di un'estesa biodiversità, che comprende anche fauna e avifauna, quest'ultima oggetto di un progetto specifico di osservazione, denominato SPECTIO, coordinato da Andrea Schiappelli e condotto in collaborazione con Ornis Italica».

La presenza di tante specie vegetali ha anche permesso di immaginare progetti particolari: dai** quasi duecento gli ulivi** dai quali, grazie alla collaborazione con Coldiretti, è nato ad esempio L'olio del PArCo, mentre a breve verrà impiantata nell'antica Vigna Barberini l'uva pantastica, un antico vitigno autoctono che darà i suoi frutti nei prossimi mesi. E poi, a un passo dalle capanne romulee (tra i più antichi edifici dell'area, datate dagli archeologi - anno più anno meno - all'epoca della fondazione stessa della città) si trovano da qualche tempo quattro arnie dalle quali si ricaverà un miele battezzato Ambrosia del Palatino.

«Non sono prodotti commerciali» spiega il direttore del parco «produciamo olio per la sostenibilità degli olivi che vengono potati e le cui olive vengono raccolte nella giusta stagione, per favorire nuove e sane fioriture. Le api sono state convogliate all’interno di arnie per continuare la loro importantissima attività nell'ambito dell’ecosistema. I prodotti rimangono ad uso interno, anche se in futuro si potrebbero avanzare altre idee».

Ma non è tutto. Tra i progetti più interessanti del parco green c'è anche la ricerca di metodologie di restauro ecosostenibile che al momento coinvolgono l'arco di Settimio Severo e la basilica Emilia; ad Alfonsina Russo abbiamo chiesto se tutti i prossimi progetti di restauro punteranno, per quanto possibile, a metodi sostenibili:

«Sì, questa è la nostra intenzione e già sono in atto due cantieri che prevedono questo approccio. Uno è localizzato presso la Basilica Emilia, coordinato da Fiorangela Fazio, e prevede la rimozione mirata e altamente selettiva delle patine biologiche e di patine ormai degradate, derivanti da vecchi interventi di restauro con lo sfruttamento dell'azione degli enzimi dispersi in una matrice di nanoparticelle. Anche se le potenzialità dell’uso degli enzimi per il restauro sono da tempo accertate da parte del mondo scientifico, è ancora lontano il loro utilizzo sistematico. Noi puntiamo a questo invece. L'altro progetto è invece localizzato sull'Arco di Settimio Severo con il coordinamento di Federica Rinaldi e Cristina Collettini: qui, su iniziativa del restauratore Alessandro Lugari, sarà sperimentato il processo di ristabilimento della coesione con bio-consolidamento tramite batteri carbonatogeni. Il sistema sviluppato dall'Università di Granada non richiede l’applicazione di microrganismi ma si basa sull’utilizzo del formulato Mixostone, in grado di stimolare l’attività calcinogenica degli ecosistemi microbici che spontaneamente s’instaurano nei materiali lapidei. Tale metodo di bioconsolidamento interpreta al massimo il criterio ecologico del biorestauro in quanto permette di ottenere il risanamento della pietra sfruttando il potenziale metabolico intrinseco del materiale»

Da ultimo, ma non certo meno importante, è l'attenzione per le attività didattiche ed educative rivolte ai visitatori più piccoli che già ora, in regime di musei chiusi, possono cimentarsi col quiz interattivo Il PArCo volante, che li porterà in volo sul Palatino per far loro conoscere meglio la ricchezza di un parco davvero unico al mondo.

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