29 marzo 2021 - 12:18

Dante, la collana con il «Corriere». «Commedia, messaggio d’umanità»

Il 30 marzo esce il «Purgatorio», in collaborazione con Salerno Editrice. Il curatore Enrico Malato: «Dante afferma i diritti fondamentali e inalienabili dell'individuo»

di JESSICA CHIA

Dante, la collana con il «Corriere». «Commedia, messaggio d'umanità» Firenze, piazza Santa Croce, statua di Dante
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Sono settecento gli anni che ci separano dalla scomparsa del poeta della lingua italiana per eccellenza. Ma come dimostrano i festeggiamenti che lo stanno accogliendo nel suo anno, e nell’edizione appena passata del Dantedì (il 25 marzo scorso), l’Alighieri è ancora qui, tra noi. Il «Corriere» manda in edicola la collana «Dante», realizzata in collaborazione con Salerno Editrice (il 30 marzo esce il secondo volume, il Purgatorio): un’occasione per riavvicinarsi, o farlo per la prima volta, al padre della nostra lingua.

Enrico Malato
Enrico Malato

Il «Corriere» ha chiesto a Enrico Malato, professore emerito di Letteratura italiana all’Università Federico II di Napoli, che cura i primi tre volumi della collana e ne firma altri cinque, una riflessione intorno all’attualità dell’Alighieri. E quanto sia importante oggi lo studio e la conoscenza del Poeta. «Dante non è soltanto il primo grande, grandissimo autore della letteratura italiana — dice Malato — ma colui che a questa ha dato un’impronta e un indirizzo, e soprattutto una lingua in cui svilupparsi. Dopo il lungo dominio medievale della cultura e della lingua latina per tutto il primo millennio, il secondo si apre a una prospettiva nuova, diversificata nelle varie regioni d’Europa, aperta all’uso degli idiomi locali, detti volgari perché parlati dal volgo. In Italia come altrove c’è un’ampia fioritura di testi volgari, dai lombardi ai siciliani, che hanno circolazione più o meno locale. Finché, agli inizi del Trecento, Dante scrive la Divina Commedia in volgare fiorentino: un’opera di tale altezza, densità, raffinatezza linguistica e stilistica, che subito si impone come modello, letterario e linguistico. Il successo è immediato e travolgente. Da subito, dovunque, in Italia, chi vuol fare letteratura prende a modello e cerca di imitare la lingua del poema dantesco, così che già nel giro di pochi decenni, poi dei secoli, quella diventa la lingua comune».

Il secondo volume della collana, «La Divina Commedia. Purgatorio»
Il secondo volume della collana, «La Divina Commedia. Purgatorio»

Cosa s’intende quando si parla di lingua dell’uso letterario?: «L’Italia è politicamente divisa, e non c’è un centro di potere, che imponga una lingua condivisa per le esigenze di una amministrazione centralizzata», prosegue lo studioso. «Dovunque, tranne che in Toscana e a Roma, nella pratica quotidiana si continua a far uso del volgare locale. Fino al primo Cinquecento, quando con le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo (1525) si prende atto che quello ancora chiamato “volgare toscano”, è ormai diventato la “lingua italiana”. E tutti coloro che la usano sono italiani: non perché residenti nella penisola, ma perché comunicano in quella lingua. La quale col tempo, soprattutto dopo l’Unità, diventa anche la lingua dell’uso parlato. Ciò che importa rilevare, però, è che questa lingua, plasmata da Dante in un volgare ancora grezzo qual era il toscano del Duecento, è stata modellata così bene che, sottratta alle spinte innovative dell’uso parlato, ha resistito per settecento anni. E oggi l’italiano è l’unica lingua di cultura d’Europa che si possa ancora leggere e capire, mentre tutte le altre sono così cambiate nel Cinquecento da essere incomprensibili. Di qui, al di là dell’interesse letterario, l’importanza storica di Dante».

Oggi leggere la lingua di Dante richiede un impegno importante, soprattutto per gli studenti che si avvicinano per la prima volta al suo studio. «La Divina Commedia è anche un’opera complessa, che richiede un impegno di lettura per il quale è fondamentale il primo approccio con un docente che sappia ben guidare il giovane lettore» prosegue nella sua spiegazione Malato. «Occorre che quello innanzitutto conosca bene Dante, e lo ami, e sia in grado di trasmettere all’allievo quell’amore. C’è dunque un problema di preparazione dei docenti alla didattica dantesca, che è poi un problema generale del primo approccio a Dante. Si possono leggere brani o canti della Commedia e avere piacere di quella lettura; o anche “soffrirla”, se, imposta dai programmi scolastici, non sia stata adeguatamente preparata. Comunque è utile, per capire e amare la poesia di Dante, accostarsi ad essa con il sostegno di una buona conoscenza almeno del suo profilo biografico e intellettuale».

Ma alla fine, ancora oggi, cosa ci spinge ad dissetarci con le sue parole, a cogliere nella sua opera visionaria valori che la rendono ancora attuale, anche per i più giovani? «Oltre che una grande opera di poesia, la Divina Commedia è uno straordinario messaggio di umanità. È un richiamo pressante all’uomo perché ricordi, sempre, di essere uomo, l’unico animale fornito di ragione, che lo distingue dagli “animali bruti”, e si lasci guidare da quella. “Uomini siate, e non pecore matte”, è l’ultimo dei suoi moniti. Sul fondamento dei tre principi basilari del messaggio cristiano, gli uomini nascono e sono liberi, uguali, fratelli, Dante afferma corrispondenti diritti fondamentali e inalienabili dell’uomo, che hanno il solo limite dei corrispondenti inviolabili diritti di tutti gli altri. Il primo, la libertà, si attua però innanzitutto nell’esercizio del “libero arbitrio”, la libertà di scelta tra il bene e il male, che ciascuno deve compiere con piena consapevolezza della responsabilità che comporta. Sono concetti che Dante sviluppa nella cornice della sua visione cristiana della realtà, ma hanno evidente valore universale. Né sarà irrilevante che, assunti come motto distintivo della Rivoluzione francese, “Liberté, egalité, fraternité”, siano poi entrati nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Questi, in rapidissima sintesi, sono i valori che la Commedia trasmette, di chiara attualità. Importante sarà estrarli dal messaggio poetico e renderli evidenti».

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