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Emanuele Bortolotti: «Come è verde la città di domani»

Immaginate una città in cui i cortili non siano più un parcheggio per le auto, ma giardini rigogliosi. Dove il lastrico solare che copre le palazzine o i tetti dei garage diventi un’oasi verde. Pensate a quei cavedi usati per metterci i bidoni dei rifiuti: potrebbero diventare una microgiungla urbana, colonizzata da piante rampicanti. E ai muri ciechi di alcuni edifici, spesso di rara bruttezza, che potrebbero rinascere grazie a una cascata di piante. Bucando un tetto, poi, si potrebbe ottenere un patio, mentre un seminterrato si rivaluta affacciandosi su un ambiente esterno ricco di piante.

Il garden designer Emanuele Bortolotti.

E poi, un capannone industriale in disuso, o un’area urbana abbandonata nell’incuria potrebbero tramutarsi in spazi residenziali alberati o in giardini condivisi. È questa la visione di Emanuele Bortolotti, 65 anni, garden designer e fra i fondatori dello studio milanese AG&P (Architettura dei Giardini e del Paesaggio), che da oltre un trentennio ha messo la sua competenza al servizio del sogno di una città più ricca di piante, che regali alle persone una migliore qualità della vita.

Portare il verde dove non c’è

Laureato in Scienze Agrarie e fra i primi in Italia a frequentare un corso di paesaggistica, Bortolotti ha coniugato il suo amore per la natura con l’ambiente urbano, intuendo le potenzialità degli spazi inutilizzati per inventarsi un verde che non c’è, che chi non è del mestiere fa fatica solo a immaginare ma che lui, da esperto e visionario, riesce a creare. Molte delle sue realizzazioni e la sua filosofia sono racchiuse nel libro Il giardino inaspettato (Electa). Nel 2001 è stato il primo italiano a vincere un riconoscimento al Chelsea Flower Show ideando un giardino napoletano del Settecento. 

Il suo studio è coinvolto in molti progetti importanti, con committenti sia pubblici sia privati: dalla supervisione della gestione e manutenzione della Biblioteca degli Alberi al lago delle piante acquatiche già realizzato per Bosco in Città, dalla progettazione di uno dei primi giardini condivisi alla Barona all’avveniristico Bosco Volante nell’atrio della Torre Allianz a CityLife o al progetto del nuovo stadio di San Siro, ancora sulla carta. E non si ferma a Milano.

«L’estate prossima dovrebbe partire il cantiere del nuovo parco di Palazzo Tè a Mantova» racconta il paesaggista. «In quello che fu l’antico ippodromo e orto dei Gonzaga, realizzeremo una riqualificazione dell’area con 12 giardini ad anello. La gente troverà giochi, luoghi per la didattica all’aperto, per concerti, per eventi culturali e attività sportive. E a Genova collaboreremo con Renzo Piano per il nuovo Waterfront».

La Biblioteca degli Alberi di Milano.

Effetto covid: più terrazzi per tutti

La pandemia ci ha fatto riscoprire l’importanza dello stare all’aperto e nel verde. Come potrebbero cambiare le nostre città?
L’obbligo di vivere confinati in casa ci ha fatto sperimentare la mancanza della natura, il bisogno di spazi aperti e di qualità dell’abitare, un concetto in cui includo anche gli spazi dove lavoriamo, studiamo, facciamo acquisti. Il verde è uno dei suoi parametri principali: non solo perché migliora l’aria che respiriamo o diminuisce l’isola di calore, ma perché il rapporto uomo-natura è fondamentale nelle nostre vite. Nell’ultimo anno tanti clienti ci hanno chiesto di ripensare progetti già in corso per andare in questa direzione. La domanda di nuovi appartamenti è influenzata molto dalla presenza del verde, che sia in un loggiato, un terrazzo o un balcone. Anche quello condominiale, in passato male usato, ora è rivalutato. Questo cambiamento nell’orientamento dei clienti influirà anche sui futuri sviluppi dell’architettura.

E in che direzione andranno le abitazioni post Covid?
Avranno più vetrate, ma al contempo occorre che dispongano di uno scenario adeguato, di verde privato o condominiale. È molto richiesta la loggia, che è un terrazzo coperto, dove si può pranzare o stare all’aperto riparati. È come una stanza in più dell’appartamento, una sorta di soggiorno esterno che dilata quello interno. Il confine della casa non è più l’infisso. E poi, lo spazio condominiale può diventare di qualità, con arredi e giochi per i bambini, un luogo in cui si ha la sensazione di stare davvero nel verde. Niente a che vedere con i grigi cortili degli isolati urbani. In Germania, per esempio, si è già provato a unire gli spazi di più condomini per farli diventare un piccolo parco. Pensate a come lo sguardo può spaziare piacevolmente su un panorama verde. Non si tratta solo di rifare: questi luoghi possono essere trasformati. Se invece si progetta il nuovo, le palazzine di un condominio possono essere disposte diversamente, per lasciare al centro un’area verde, per esempio, non accessibile alle auto. E magari con un laghetto, visibile da tutti gli edifici. Una volta la presenza della natura era solo di contorno: prima si costruiva e poi si pensava al verde. Ora tutto sta cambiando, anche perché gli spazi esterni ben progettati fanno vendere.

Il Bosco Volante a Milano.

Tetti verdi

Come possono rinascere i tetti dei condomini?
I lastrici solari spesso sono inutilizzati, o impiegati in passato per stenderci la biancheria. Possono diventare orti condominiali, realizzati con vasi e materiali adeguati, e spazi con pergolati. In un contesto più lussuoso, si può pensare anche a una piscina condominiale. I tetti verdi non sono un beneficio solo per chi abita nel condominio: rappresentano un miglioramento anche per i vicini dei palazzi limitrofi, che dalle loro finestre non vedono più un tetto ricoperto di catrame.

Tutti questi luoghi possono diventare spazi di socialità?
Certamente. Sono sempre più richiesti negli ultimi sviluppi residenziali e con il lockdown hanno fatto la differenza. Era una tendenza già presente, ora in crescita. Mi viene in mente un nostro progetto: un nuovo condominio con giardino, che include piscina e orto condominiale, con regolamento di utilizzo. Funziona bene e chi ci abita ne è felicissimo.

Nei centri storici come si può intervenire?
Ci sono spazi da ottimizzare, ma in un borgo storico c’è meno elasticità nelle trasformazioni possibili. Il Covid, però, ha intaccato la centralità delle grandi città: tanti si sono resi conto che possono vivere e lavorare senza abitare nella metropoli. È una rivoluzione positiva, sia per la qualità della vita delle persone, sia perché riqualifica tutto ciò che c’è fuori. È un’opportunità per far rinascere i borghi dimenticati, dove abitare e fare smart working. Non si tratta più di verde urbano ma di nuovi paesaggi.

Alberi e giardini convivisi

E gli uffici?
Continueranno a esistere, perché il centro amministrativo o logistico resta in città, ma in modo diverso. Le persone potrebbero non essere più obbligate a sopportare costi altissimi per pagare un appartamento in centro, trasferendosi fuori.

Cosa fare con gli spazi dismessi di proprietà pubblica?
Una soluzione sono i giardini condivisi. Se il Comune non ha denaro per gestire un’area, la affida a un gruppo di cittadini che si consorziano per sistemarla e manutenerla. Milano partecipa anche a Reinventing Cities, un concorso internazionale in cui è prevista la presentazione di un progetto per la rigenerazione urbana di un’area – di proprietà del Comune, o delle Ferrovie – in chiave sostenibile e molto innovativa. Chi vince potrà acquistare la proprietà a un prezzo prefissato e svilupparla. Sono sette i siti in lizza nel capoluogo lombardo.

I prati fioriti presso la Biblioteca degli Alberi a Milano sono stati una grande attrazione del 2020. Ci saranno anche quest’anno?
Sì. La gente li ha apprezzati a tal punto da entrare nel prato per fotografare, o fotografarsi, danneggiando i fiori. Abbiamo previsto un percorso circolare che consentirà di camminare in mezzo alle piante, senza distruggerle».

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA