TORINO. È Ronaldo, quello ribattezzato Fenomeno, il protagonista della nuova puntata di Storie di Matteo Marani, che torna alla stagione 1997-98 quando il centravanti brasiliano fece la sua marziana comparsa nel campionato di Serie A. Non solo un campione in campo, ma anche un’icona fuori, capace di attrarre sponsor come nessuno all’epoca e con quel sorriso che conquistava anche gli avversari. Come non ammirare quella danza sul prato verde con il pallone sempre incollato al piede? 

Il volto di Sky Sport, in collaborazione con Fabio Fiorentino e Andrea Parini, ricostruisce la complicata trattativa che portò Ronaldo all’Inter nel giugno del ‘97 dal Barcellona per 48 miliardi di lire e ne tratteggia, grazie anche alle testimonianze di Massimo Moratti, Beppe Bergomi, Luciano Ligabue e l’agente Massimo Branchini, le incredibili doti tecniche, ma anche umane. Dalle parole dell’ex presidente dell’Inter traspare, in particolare, un fortissimo affetto che va al di là della forza del calciatore. Che pur poca non era. 

“1997, Fenomeno Ronaldo”, l’arrivo all'Inter di Moratti del campione costato 48 miliardi di lire

Marani, documenti alla mano, ci riporta all’incertezza di quella estate, quando tutta la Milano nerazzurra attendeva l’annuncio dell’ingaggio del più giovane e forte attaccante allora in circolazione, mentre a Barcellona si provava in ogni modo a trattenerlo. E come, a un certo punto, sembravano avercela davvero fatta. Riuscite a immaginare un’Inter senza Ronaldo nella sua storia? Notevole come le versioni di Branchini e del vicepresidente catalano Joan Gaspart divergano, con l’uno che accusa l’altro di comportamento scorretto.

Questo viaggio nel campionato 97/98, in onda su Sky Sport e Now Tv da oggi 16 marzo, è anche l’occasione per ricordare quanti campioni giocassero in Seria A in quel decennio e come tra le cosiddette sette sorelle ci sia stato più di un presidente ben poco attento alle finanze. Debiti su debiti, in maniera ben poco responsabile. Società salvate solo dalle centinaia di milioni di lire portate loro dai diritti tv che permisero di pagare ingaggi monstre. Non tutti però si salvarono, più avanti arriveranno anche i fallimenti e il carcere. Ma dal punto di vista tecnico e dello spettacolo nulla da dire. L’elenco dei campioni sarebbe lunghissimo, basti citare qualche nome: Mancini, Robi Baggio, Del Piero e Totti, ma anche Zidane, Batistuta, Crespo e Veron.

Lo scudetto fu vinto, non senza polemiche, dalla Juve di Lippi, che però perse 1-0 la finale di Champions contro il Real Madrid; mentre l’Inter si dovette accontentare del secondo posto ma trionfò in Coppa Uefa battendo la Lazio 3-1. Trascinata da chi? Dal Fenomeno, ovviamente. Che segnò uno di quei gol che è ancora negli occhi di tutti: finta da una parte, finta dall’altra, Marchegiani saltato e palla in rete. Il tutto alla sua consueta, incontenibile, velocità. Per tacere della danza in semifinale contro lo Spartak Mosca. 

E se Bergomi racconta come fu saltato da lui al primo pallone del primo allenamento, è impossibile non pensare a come sarebbe stata la carriera di Ronaldo se non avesse dovuto fare i conti con gli infortuni che l’hanno minata, a quelle ginocchia così deboli per la potenza che scaricava a terra. Senza dimenticare il misterioso malore che ne compromise la finale del Mondiali 1998 vinta dalla Francia. Il centravanti giocò ma non era lui. Cosa era successo prima della partita a quel ragazzo? Nessuno seppe mai dare una risposta. Per fortuna, comunque, quel tragico episodio non si ripetè mai più. La paura era passata, ma anche il titolo mondiale. Nel 2002, in Giappone e Corea, nulla riuscirà a fermarlo.

L’arrivò di Ronaldo in Italia coincise con l’apogeo del sistema calcio italiano che iniziava lentamente la sua discesa (seppure con l’impresa dei Mondiali 2006 a dare una boccata d’ossigeno), così come l’intero Paese andava verso una crisi economica dalla quale non si è mai del tutto ripreso. Solo il recente arrivo di un altro Ronaldo, Cristiano, ha riacceso i riflettori sul nostro torneo con una luminosità simile agli Anni 90. 

Anche quest’ultima puntata di Storie di Matteo Marani ha un grande pregio, quello di riportare alla memoria di chi c’era quel periodo storico e di incuriosire i più giovani. Rivedere Ronaldo partire palla al piede è sempre uno spettacolo che lascia con gli occhi spalancati. E la cosa più bella del calcio è forse proprio questa, la magia dello stupore che si rinnova. Così come le tantissime storie che potrà raccontare per sempre. 

I commenti dei lettori