"Oggi scriviamo nero su bianco che non c’è posto per l’odio in Europa e che ognuno può amare chi vuole". Le parole di Petra De Sutter, vice primo ministro del Belgio e primo membro transgender di un governo in Europa, riportate da Linkiesta, definiscono bene la portata dell'ultima risoluzione votata dal Parlamento Europeo a sostegno dell'uguaglianza delle persone e cittadini dei suoi paesi: Europa zona di libertà per le persone lgbtqia. Un testo non vincolante ma profondamente simbolico, accolto con l'approvazione di 492 eurodeputati di tutti i partiti (46 astenuti e 141 contrari, questi ultimi in maggioranza tra i sovranisti conservatori dell'emiciclo europeo), reazione politica diretta alle ultime scelte omofobe di alcuni governi europei. La decisione diretta del Parlamento Europeo è un impegno concreto di sollecito alle politiche inclusive che riguarda tutti i paesi membri, compresa la stessa Italia dove il ddl Zan contro l'omotransfobia, dopo l'approvazione alla Camera del novembre 2020, è ancora in stallo al Senato. Nelle premesse del testo vengono citati gli esempi positivi: in Romania nel giugno 2020 la Corte Costituzionale, su richiesta del presidente, ha dichiarato incompatibile con la Costituzione rumena una proposta di legge del Senato che voleva vietare nelle scuole lo studio la teoria dell'identità di genere. Ma si indicano soprattutto le motivazioni per cui è stata presa questa decisione storico-simbolica, nominando quei paesi membri che con leggi, rifiuti e divieti ledono la libertà civile e i diritti umani delle persone lgbtqia.

members of the european parliament roll out a banner to express their support for lgbtiq rights by calling for the eu to be an lgbtiq freedom zone as a vote takes place at the parliament on march 9, 2021   meps protest in response to the so called free of lgbt ideology zones that have been introduced by some local governments in poland, a move strongly condemned by the european parliament photo by john thys  afp photo by john thysafp via getty imagespinterest
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La risoluzione parla esplicitamente di stati omofobi e politiche contro l'uguaglianza umana in Ungheria, che vieta il riconoscimento giuridico del genere per le persone transgender e intersessuali e da dicembre 2020 ha adottato emendamenti costituzionali "che limitano ulteriormente i diritti delle persone LGBTIQ, trascurano l'esistenza di persone transgender e non binarie e limitano il loro diritto alla vita familiare". E soprattutto sottolinea la situazione della Polonia, tenuta sotto stretta osservazione da tempo proprio per il mancato rispetto dei diritti civili di gay, lesbiche e transessuali, dove ultimamente oltre 100 comuni si sono dichiarati zone libere dalle persone e dalla "ideologia LGBT" con crescenti discriminazioni e attacchi "in cui rientrano il fatto di caratterizzare la diversità di sessualità, identità ed espressione come un'ideologia pericolosa, l'aumento dei discorsi d'odio da parte delle autorità pubbliche, dei titolari di cariche elettive - compreso l'attuale Presidente - e dei media filogovernativi". Secondo il Parlamento Europeo, che le dedica diversi punti di citazione, la Polonia attuale è da tenere particolarmente sotto controllo, perché l'omofobia radicalizzata nelle istituzioni minaccia la stessa tenuta dello Stato di diritto e della democrazia. Gli eurodeputati hanno chiesto che la risoluzione, per quanto simbolica, venga anche trasmessa ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato europeo delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo.