IL CASO BLS

Ricavi raddoppiati nell’anno dell’emergenza

Per Bls un 2020 stellare: tripli turni, nuovi investimenti e organico al raddoppio per affrontare la domanda di mascherine

di Luca Orlando

2' di lettura

I telefoni. A febbraio si è capito da quello, dall’improvvisa impennata delle chiamate, quasi a getto continuo, che per Bls il 2020 non sarebbe stato un anno qualunque. L’azienda brianzola era infatti una delle poche in Italia ad aver resistito nel mantenere una produzione di mascherine, modelli ad alta protezione (FFP2 e FFP3) dedicate in massima parte al mondo aziendale. «Siamo stati travolti dalle richieste - spiega l’ad Pier Paolo Zani - e l’emergenza ci ha costretto ad una rivoluzione: in pochi mesi abbiamo dovuto accelerare e finalizzare i piani di sviluppo che avrebbero dovuto svilupparsi in un percorso di anni».

Da gennaio si è così passati a tre turni continui, spesso anche il sabato e la domenica, mentre in parallelo si costruivano due nuovi impianti, un sito logistico a Cormano e un nuovo stabilimento a Paderno Dugnano, un investimento di oltre tre milioni.

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«Siamo stati in grado di più che triplicare la nostra capacità produttiva - spiega l’ad - per arrivare al livello attuale di 7-8 milioni di pezzi al mese. Fatturato e organico si sono mossi di conseguenza, anche se l’elevato livello di automazione, unica strada per mantenere queste produzioni in Europa, non permette di tradurre in modo lineare l’incremento dell'output con quello dei posti di lavoro».

I ricavi hanno raggiunto il nuovo record di 35 milioni, più del doppio dell’anno precedente, mentre dipendenti e collaboratori sono saliti a 120 unità, anche in questo caso un raddoppio rispetto al 2019.

«In quel momento, nel pieno dell’emergenza, eravamo l’unica azienda italiana a poter fornire immediatamente quel tipo di prodotto e così, di colpo, le richieste si sono impennate. Dall’Italia e non solo, perché anche ora l’export vale circa l’80% delle nostre vendite, con Francia, Germania e Spagna a contendersi il secondo posto tra i maggiori mercati di sbocco dopo il nostro paese».

Per effetto della nuova domanda, l’ambito medicale della produzione ha raddoppiato il proprio peso all’interno del fatturato, a ridosso del 40%. Produzione realizzata attraverso l’aggiunta di macchinari realizzati in modo “autarchico”.

«Da sempre - racconta l’ad - i nostri impianti sono il risultato della nostra progettazione, esito del lavoro del reparto interno di engineering. Anche perché qui non si tratta di prodotti relativamente semplici come le mascherine chirurgiche, che noi non facciamo, ma di realizzare particolari più complessi, come l’inserimento di filtri. Ecco perché si tratta di macchine particolari, il cui know-how è gestito all’interno».

Le stime 2021 vedono l’azienda confermare (con tutti i “se” e le incertezze del momento) i volumi dello scorso anno, alimentati anche da nuovi progetti. Come ad esempio quello legato alla collaborazione con uno spin-off del Politecnico di Milano per realizzare una mascherina dotata di valvole elettroniche e sensori Iot che consentono una migliore gestione del ricircolo dell’aria. Progetto portato avanti dalla start-up Narvalo e arrivato ora alla fase di crowdfunding.

Da uno spin-off del Politecnico di Milano la prima mascherina IoT
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