Generazione Z e pandemia: i ventenni si raccontano in una web serie

Che cosa vuol dire avere vent’anni, oggi? Significa essere la Gen Z: The Dismissed Generation che si è chiusa in casa in attesa di poter ricominciare a vivere. Ma che, nel frattempo, si è anche dedicata al volontariato, ha fatto teatro su Zoom, ha studiato o semplicemente oziato in modo creativo. Un nuovo documentario racconta 5 storie, 5 ragazzi, 5 modalità di relisienza
Generazione Z e pandemia i ventenni si raccontano in una web serie

Generazione Z e pandemia: una web serie 

Gioventù più che bruciata: ignorata, rimossa, licenziata, congedata, sospesa. Che cosa vuol dire avere vent’anni, oggi? Significa essere la Gen Z: The Dismissed Generation che si è chiusa in casa (è passato un anno esatto dal primo lockdown), ha cantato e magari anche suonato e ballato dai balconi, ha sperato e poi vissuto un’estate che profumava di libertà ritrovata, è stata rinchiusa, ri-soffocata in cameretta.
Niente scuola in presenza, niente sport, niente ritrovi: fino a quando? Non sappiamo. In un anno i ventenni sono stati, nell’ordine: agnelli sacrificabilissimi rispetto alla gravità della situazione, poi vittime incomprese, poi ancora “untori”, infine disagiati. E dimenticati. Tutti hanno detto la loro sulla generazione Z, ma loro che cosa pensano davvero di questa situazione? Se a vent’anni annulli – e non per tua scelta – la vita sociale, che cosa ti rimane? Poco, niente, o forse qualcosa di più importante che non sapevi di possedere?

Tre giovani e talentuosi registi, hanno provato a dare voce a ragazzi non così distanti da loro per età e a rispondere a queste domande con una web series in 5 episodi.

Commissionata dall'imprenditrice sociale Roberta Colombo Gualandri e dalla dottoressa Giovanna Testa, è creata da Vanilla Shake Productions, fondata da Marcello Di Gregorio, regista e produttore italo-australiano che attualmente studia alla New York University: insieme a Tommaso Frangini e Francesco Bianco, ha curato la regia di questi video, 3 o 4 minuti appena, con dentro un mondo intero. E che mondo.

C’è Giulia, che vive tra Milano e la montagna: si è iscritta all’università e al corso maestri di sci, ma il Covid-19 ha bloccato i suoi piani, ha messo in crisi tutto. O forse lo stop ai programmi ha semplicemente «dimostrato quanto la vita dinamica di prima mi appartenga davvero». Perché manca, manca tremendamente. Che si fa, allora? Non si molla, soprattutto «s’impara a non subire la vita». Ascoltiamola

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Si sopravvive trovando ambiti in cui sentirsi ancora sé stessi, come fa Matilde, che studia al liceo artistico, va a cavallo e non rinuncia a fare la volontaria in un centro per giovani di un quartiere disagiato (perché, lo sappiamo, il lockdown non è uguale per tutti: in case minuscole o in famiglie con pochi mezzi e tanti problemi è un lockwdown peggiore). Per Matilde «tornare a scuola è stato persino più strano che iniziare la dad un anno fa»: non sapeva, dicendo questo, che quel ritorno in classe sarebbe durato un soffio, meno di un mese, giusto il tempo di illudersi. Sono ancora tutti a casa questi ragazzi. Matilde non ha però rinunciato al suo impegno sociale: «non mi posso rinchiudere più». Ecco come lo racconta:

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E poi c’è chi nel suo guscio (anzi, «tana») ci sta bene, tanto. Per Tolomeo l’inizio del lockdown dello scorso anno è stato «un momento magico». Che cosa chiedere di più? Poteva leggere, scrivere, guardare film tutto il giorno. «Figata, pensavo, poter viaggiare dentro di me». Tolomeo ci ricorda che la giovinezza è anche questa cosa qui: volersi mettere in stand-by, seduti sul bordo del fiume, a guardare il mondo da lontano, per capire come funziona, prima di buttarsi. Lui, ad esempio, ha scritto tanto. Annoiato? Forse, anche. E poi ha collezionato foto, specie in bianco e nero, ossessionato dal bisogno di tenere a mente tutto, di non perdere neanche un frammento di questa cosa strana che chiamiamo vita. Ecco il video-racconto di Tolomeo:

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Ognuno si adatta, a modo suo. Ognuno prende i suoi 20 anni e prova a farci ciò che riesce: come Rick, che da artista di strada si è inventato spettacoli musicali per intrattenere le persone in coda davanti ai negozi, lo scorso marzo (le ricordate, vero, le file per entrare al supermercato? Sono così simili a quelle che cominciamo a scorgere in questi giorni). O come Gaja, che è un’attrice, e il palco le manca moltissimo e il contatto con i colleghi anche, e allora ha confezionato degli show su Zoom per scoprire la meraviglia di quando avverti che l’altro, dall’altra parte dello schermo, prova ciò che senti anche tu. Quasi un miracolo.

Cinque short films, cinque pillole, cinque distillati di vita vera, molto più doc che fiction: la fotografia e le luci sono curate, ma non c’è invenzione, piuttosto un new normal che è un misto di paure, rabbia, sogni e desideri, grinta e noia. Avere vent’anni, oggi, è tutto questo insieme. Vietato generalizzare, vietato banalizzare. Almeno questo, glielo dobbiamo.

Potete vedere la web serie completa a questo link https://www.instagram.com/vanillashakevideos/