10 marzo 2021 - 07:38

Lara Lugli, la denuncia della pallavolista: «Io, incinta, citata per danni dal Pordenone: non sto zitta»

«L’ultimo stipendio non mi è mai stato pagato. Capita spesso: quando firmi i nostri contratti incroci le dita. Mi hanno scritto in tante: incinte, sono state lasciate a casa»

di Gaia Piccardi

Lara Lugli, la denuncia della pallavolista: «Io, incinta, citata per danni dal Pordenone: non sto zitta» Lara Lugli, 41 anni, con la maglia del Pordenone Volley, con cui ha militato in B1 nella stagione 2018-2019 (foto Giuliano Gorghetto)
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Nella giungla dello sport dilettantistico, Lara è una pantera. «A 17 anni sono uscita di casa per inseguire la mia passione: il volley. Ho giocato su campi periferici, prevalentemente in serie B1 e A2, ho girato tutta Italia, con una breve parentesi in Svizzera. Pensavo di averle viste tutte, ma quello che mi è capitato a Pordenone è un’ingiustizia che non potevo tacere».

Lara Lugli, classe 1980, schiacciatrice, non ha la longevità di Francesca Piccinini né il talento di Paola Egonu, le stelle del campionato italiano. Però ha una storia che pesa da raccontare: «Nel marzo 2019 ho comunicato al mio club, il Volley Pordenone, l’impossibilità di proseguire la stagione: ero rimasta incinta. A distanza di due anni, dopo aver subito un aborto spontaneo, in risposta alla mia ingiunzione di pagamento dello stipendio di febbraio, mai corrisposto, ho ricevuto una citazione per danni. Motivo: non aver onorato il contratto». Nell’atto di citazione della società, in opposizione al decreto ingiuntivo della giocatrice, una raffica di sgradevolezze assortite: «Mi si accusa di aver taciuto l’intenzione di avere figli, di non aver completato gli ultimi due mesi di campionato mentre stavo attraversando un momento difficilissimo, ma la cosa che più mi ha fatto male — racconta Lara da Carpi — è che abbiano messo in discussione la mia serietà: in 25 anni di volley mi sono sempre comportata da professionista, pur non essendolo giuridicamente, ferirmi tirando in ballo argomenti intimi e delicati mi è sembrata una punizione che non meritavo».

Se persino una fuoriclasse dell’atletica mondiale come la sprinter americana Allyson Felix — in carriera più medaglie olimpiche di Bolt — fu minacciata di licenziamento dallo sponsor dopo la maternità (correva il novembre 2018 e grazie al suo potere mediatico Felix riuscì a mantenere lo stesso compenso facendo promettere a Nike che non avrebbe penalizzato economicamente le atlete durante la gravidanza), immaginiamoci quale terra senza tetto né legge sia il dilettantismo in Italia. «I nostri contratti sono così — conferma Lara —, quando firmi incroci le dita: sai quante volte finisci l’anno e ti mancano un paio di mensilità? E cosa fai, se vuoi giocare anche la stagione successiva? Taci per quieto vivere. Ma adesso basta».

Il post su Facebook di Lugli, cui il Volley Pordenone ha risposto piccato («Felici per l’avvenimento famigliare però da contratto era prevista l’immediata cessazione in caso di gravidanza; avremmo potuto esercitare le penali e non l’abbiamo fatto, ma ci siamo sentiti traditi dall’atleta e ci siamo difesi») smentendo qualsiasi richiesta di danni, ha sollevato un’onda di solidarietà arrivata anche in Parlamento: «La colpa di Lara è essere rimasta incinta: presenterò un’interrogazione» annuncia la deputata del Pd Laura Boldrini.

Ma soprattutto ha risvegliato coscienze a lungo sopite. «Mi hanno scritto tante ex compagne di squadra a cui è successa la stessa cosa — spiega Lara —: rimaste incinte, sono state lasciate a casa senza tanti complimenti. Spero che il mio esempio le sproni a chiedere ciò di cui hanno diritto». E non è un tema solo al femminile: «Io e il mio ragazzo, Oreste Luppi, pallavolista, tra stipendi non pagati e avvocati abbiamo lasciato in giro qualcosa come 50 mila euro».

I 2500 euro contesi tra Lugli e Pordenone scoperchiano l’antico problema: il dilettantismo senza regole non è più sport. È legge di Darwin.

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