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Perché l’arte avvicina la mente al cuore: le testimonianze

Non solo i professionisti dello spettacolo diventati da un giorno all’altro “non necessari”. L’esplorazione
del lato più creativo di sé sostiene la vita quotidiana di molte persone. Perché l’arte avvicina la mente al cuore. 

Arte: “Dipingere è come meditare a colori”

Laura Marinoni, attrice teatrale e istruttrice di yoga

«Dopo il primo lockdown, in cui il mio lavoro si era completamente bloccato, ho avuto un rifiuto per il teatro, neppure volevo leggere i testi. Ero così scioccata che avevo bisogno di liberare la mente. Per fare questo, le mie due attività preferite sono state lo yoga e gli acquerelli.

Erano anni che pensavo di imparare a dipingere, e quest’anno c’è stata l’occasione per farlo. Ho fatto uno scambio con un’amica e collega, Maria Grazia Solano: io le davo lezioni di yoga e lei di disegno e pittura. Ero attirata dal colore, ma sono partita dalle basi. Abbiamo fatto incontri in streaming che poi rielaboravo. È stato come fare meditazioni colorate. Mescolare colori, sciogliermi nella liquidità degli impasti è stato molto rilassante e gioioso».

Arte: “Corsi teatrali per gestire lo stress”

Maria Raiteri, dirigente

«Lavoro in ambito ospedaliero, per me l’impegno in lockdown era perfino aumentato. E ho pensato di bilanciare le responsabilità dedicando il tempo serale ad approfondire il mondo dello spettacolo, sotto varie forme. Mi sono iscritta a diversi corsi on line: due di regia teatrale, uno di sceneggiatura cinematografica, uno di scenografia teatrale e un altro di lettura interpretata. Ho mescolato generi, arti varie, ho ascoltato maestri e così la mia vita ha avuto un sostegno creativo molto forte. I linguaggi artistici mi hanno dato una via importante per esplorare le emozioni e trovare il modo per rappresentarle e riconoscerle. Così anche un tempo tanto straordinario come questo è diventato un momento di crescita personale, perché l’arte avvicina la mente al cuore».

“La vita reclusa ha dato il là a un film”

Federico Olivetti, regista

«All’improvviso eravamo tutti fermi e io mi trovavo nella categoria di quelli considerati “lavoratori non necessari”. Cosa potevo fare? Ho scelto di trovare necessità interiori. A parte condurre corsi di recitazione on line, che sono andati molto bene, ho realizzato che un cortometraggio a cui avevo lavorato era stato profetico di quello che stavamo vivendo. Il titolo è Il sonnambulo: per errore un uomo viene accusato di una cosa che non ha commesso e da un giorno all’altro si trova imprigionato in uno scantinato, in attesa che le forze dell’ordine decidano cosa farne.

La sua vita diventa un’esistenza reclusa, da reinventare nell’immobilità. Non era la condizione in cui eravamo tutti? Ecco che, vivendo dentro quella stessa situazione, ho avuto nuove idee per svilupparlo in un lungometraggio, e ho dedicato il tempo del fermo lavorativo per svilupparlo. Scrivevo sempre, almeno dieci ore al giorno. La reclusione mi ha aiutato a trovare toni di verticalità e di umorismo. Ora spero di realizzarlo. Nel cast Paolo Musio, Sabrina Impacciatore, Piera Degli Esposti.

Arte: “La danza terapia mi riconnette al corpo”

Elena Fossati, artedanza terapeuta

«La danza non è solo quanto vediamo come fruitori di spettacoli o facciamo come danzatori; la danza è la modalità che l’essere umano ha di far uscire il mondo interno/creativo attraverso il movimento. E questo mi ha aiutato a fronteggiare personalmente la pandemia: ho trasformato il non potere abbracciare e toccare le persone, ho sentito le mie emozioni creativamente, passando dal corpo.

Professionalmente, ritrovare il corpo restituendogli tridimensionalità, ridonando il contatto personale e, attraverso il linguaggio simbolico, dare nuovamente il contatto del gruppo (grazie agli incontri on line), mi ha aiutato ad alleggerire con gli altri le fatiche emotive della pandemia».

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA