5 marzo 2021 - 20:09

Era il ‘99 e Brad Pitt si chiedeva cos’è un uomo? Storie di cambiamenti

«Non alleviamo i ragazzi per essere uomini, li alleviamo per non essere donne (o gay)», sottolinea criticamente l’ex quarterback Don McPherson , «insegniamo ai ragazzi che le ragazze sono “meno di”». La via d’uscita? Un’idea più ampia di mascolinità

Era il ‘99 e Brad Pitt si chiedeva cos'è un uomo? Storie di cambiamenti Al centro Brad Pitt in una scena di Fight Club, il film del 1999 diretto da D. Fincher
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Che cos’è un uomo, si domanda Brad Pitt - che non pensavamo sarebbe mai più stato così bello, sbagliandoci, come conferma lui irridente, immutabile, 22 anni dopo - in una famosa scena di Fight Club (1999), osservando sull’autobus la pubblicità delle mutande con il modello palestrato, oliato, depilato, di quelli che andavano di moda nel secolo scorso, “aspirazionali” di un’aspirazione che ormai sembra antica come la Belle Époque. Pitt, in un cortocircuito di mascolinità che oggi definiremmo “tossica”, rispondeva a sé stesso che essere uomini è darsi un fracco di botte a vicenda negli scantinati di una metropoli i cui grattacieli sono destinati a essere demoliti tramite esplosivo (due anni prima dell’11 settembre 2001 si poteva ancora fare, in un film, senza essere, linguaggio del 2021, “cancellati”). Più tossico di così, letteralmente, si muore. La jeunesse dorée del 2021, che quando Pitt concionava sul bus non era ancora nata o era all’asilo, guarda quelle immagini come se si trattasse - lo è - di un documentario sugli uomini di Neanderthal.

Serve un’idea più ampia di mascolinità che sia dura, amorevole, egualitaria, non violenta. Da Fight Club a Harry Styles, nuovi modi di esprimere sé stessi nel mondo. Perché «è un disastro replicare modelli che non torneranno»

 Harry Styles, 27 anni, musicista britannico, ha venduto 50 milioni di dischi con gli One Direction per poi avviare la carriera di solista. I suoi look sono sempre molto ricercati, un mix di elementi maschili e femminili (foto McMullan/Getty) Harry Styles, 27 anni, musicista britannico, ha venduto 50 milioni di dischi con gli One Direction per poi avviare la carriera di solista. I suoi look sono sempre molto ricercati, un mix di elementi maschili e femminili (foto McMullan/Getty)

L’uomo-simbolo di un modello nuovo, contemporaneo, di mascolinità, è - incredibile a dirsi per chi non l’aveva stimato quando apparve sulle scene come leader d’una boy band - l’inglese Harry Styles, 27 anni, che quando ha voglia si veste con abiti da uomo, quando ha voglia si veste con abiti da donna, a seconda dell’umore, e come compagna ha l’attrice Olivia Wilde, 36 anni, e risponde sorridente a domande troppo teoriche su genere, etero e omosessualità, normatività, etc, e si fotografa in giacca celestina e camicia con crinoline e una banana in bocca commentando «bring back manly men», aridatece gli uomini mascolini, che se esistesse il Nobel per la Letteratura via Instagram sarebbe un serio candidato al premio. E sarebbe stato molto felice, leggendolo, anche lo scrittore americano Gore Vidal, nato negli Anni Venti del secolo scorso che diceva «non esistono persone etero o omosessuali ma atti etero o omosessuali», liberazione da un paio di millenni di distinguo che paiono sempre più artificiali.

Achille Lauro e la Generazione Z

Un altro musicista, Achille Lauro, 30 anni, appena più grande di Styles, insiste sempre su un punto, e cioè che dire uomo donna gay etero non ha più senso ammesso che un tempo ce l’avesse, per una semplice questione di libertà. Come ha fatto il collega Sam Smith, 28 anni, che si trucca quando ne ha voglia, si veste a seconda dell’umore, e si identifica con il pronome plurale “essi” che rende meglio l’idea della sua molteplicità interiore. Nessuno ha battuto ciglio: i tempi sono cambiati. Nell’anno del tramonto dei millennial, generazione dei nati dal 1981 al 1996 che ora cominciano a compiere quarant’anni e sono per questo già stati scalzati, come obiettivo del marketing, dai loro fratelli e sorelle minori della Generazione Z, letteralmente i nativi digitali che non hanno mai visto il mondo analogico, è bello ricordare le parole di un poeta del Novecento che più Novecento non si può: «L’ uomo adulto è in realtà un bambulto», scrisse Guido Ceronetti (1927-2018) sul Corriere della Sera , inorridito da quella che oggi chiamiamo “mascolinità tossica”.

 Kurt Cobain nel novembre 1993 mentre si esibisce in un programma tv Kurt Cobain nel novembre 1993 mentre si esibisce in un programma tv

Rompere gli schemi

Se una bambina preferisce giocare con le automobili di Carse un bambino con la principessa di Frozen nessuno all’asilo batte ciglio, e se la società oggi diventa un po’ più montessoriana abbiamo tutti da guadagnarci, anche noi vecchi Generazione X (nati 1965-1980) che abbiamo visto da ragazzini Prince truccatissimo con i tacchi a spillo e il glitter accompagnarsi con donne bellissime e grintose, e abbiamo capito che a volte la propria identità è difficile da inscatolare in una categoria standard. L’antropologo Thomas de Zengotita teorico della società mediata ( Mediated , 2005, scritto prima di Twitter e Instagram e assolutamente profetico) sostiene che è «un disastro» cercare di replicare schemi che non torneranno più come quelli delle divisioni rigide per categorie dalle quali sono usciti omofobia e misoginia, perché la realizzazione di noi stessi avviene sempre, inesorabilmente, tramite un processo di mediazione, di interpretazione. Processo nel quale non c’è più spazio, secondo lui, per la vecchia “autenticità” del pregiudizio.

Il pensiero essenzialista

Alberto Arbasino, nel 1963, nel suo capolavoro Fratelli d’Italia , scrive in un passaggio che oggi appare contemporaneamente vecchissimo e modernissimo: «Probabilmente, uno di quelli che nascono già ossigenati, a sei anni giuocano con le bambole, tutto li predisporrebbe alla crinolina, al boudoir, al clavicembalo, a litigare in cucina e poi rifugiarsi a piangere al cesso con tutto il casamento che bussa alla porta sul ballatoio...». Oggi invece c’è la studiosa Judith Butler secondo la quale il genere, compreso il genere eterosessuale normativo, non è un dato di fatto o una costruzione stabile, ma una sorta di performance in divenire. Butler mette in guardia le colleghe femministe contro il pensiero cosiddetto essenzialista nel contesto eterosessuale: insomma la discussione ormai non è più sul “se” le cose siano cambiate ma sul “quanto rapidamente”.

Kurt Kobain e l’odio verso il maschilismo

La pandemia può solo accelerare questo processo: se i millennial tramontano e la generazione Z diventa quella di riferimento in attesa di essere scalzata da qualcun altro, l’acciaccata generazione X ancora una volta fa i conti con la propria triste parabola transitoria. Ma, almeno, può rivendicare un profeta: quel Kurt Cobain morto l’anno della nascita di Harry Styles che odiava il maschilismo pubblico del rock e scrisse una canzone per farsene beffe, e per sostituire il quale all’insediamento nella Rock’n’Roll Hall of Fame - Nobel del rock - nel 2014 i Nirvana chiamarono Lorde, e Kim Gordon, St Vincent e Joan Jett. Quattro donne al posto di Kurt, rock senza genere a alto tasso di femminismo, il modo migliore per ricordare il poeta del grunge schiacciato dal suo genio e che vedeva nel successo non un trionfo ma il segno della sua ipocrisia, eroe esportabile anche nel 2021 che ci dimostra che non è la generazione Z a avere inventato proprio tutto in materia.

Era il ‘99 e Brad Pitt si chiedeva cos’è un uomo? Storie di cambiamenti

Joaquin Phoenix, in Joker , ci presenta il ritratto di un uomo così solo da immaginare che la vicina di casa lo ami quando in realtà non lo vede neanche, e che la soluzione dei suoi problemi sia uccidere qualcuno in metropolitana - o dare fuoco alla sua città. Un Nerone clown che certifica lo scacco di un certo modo di essere uomini e la difficoltà di trovare modi alternativi di esprimere la propria verità emotiva. Il ministero cinese dell’Educazione, in controtendenza, ha colto quella che definisce “femminizzazione” dei giovani maschi cinesi in età scolare: la soluzione governativa appena diffusa è quella di “irrobustirli” con l’esercizio fisico vigoroso: se gli antichi greci potessero leggere questo dispaccio d’azienda sorriderebbero. Il Guardian , giornale sensibilissimo a questioni intersezionali, ha creato una serie molto popolare, Modern Masculinity, che illumina nuovi modi di esprimere sé stessi nel mondo.

Achille Lauro Achille Lauro

L’importanza dell’educazione

Se l’arte - e la musica - come sempre aprono la strada, lo sport risulta spesso di lentezza deprimente nel recepire il cambiamento almeno per quanto riguarda il genere (sul razzismo, fuori dall’Italia almeno, ha avuto meriti indiscutibili da Jesse Owens in giù). Un nuovo libro uscito negli Stati Uniti, You Throw Like a Girl: The Blind Spot of Masculinity, è stato scritto da uno studioso che, al contrario dei colleghi, ha giocato da professionista nella lega americana di football, la NFL che produce apparentemente senza sosta scandali su giocatori che picchiano mogli e fidanzate, organizzano combattimenti di cani, e commettono reati vari e eventuali. Don McPherson scrive: «La socializzazione dei ragazzi riguardo alla mascolinità è spesso a scapito delle donne. Mi sono reso conto che non alleviamo ragazzi per essere uomini, li alleviamo per non essere donne (o uomini gay). Insegniamo ai ragazzi che le ragazze e le donne sono ‘meno di’, e questo porta alla violenza da parte di alcuni e al silenzio da parte di molti. È importante che gli uomini si alzino in piedi e facciano sentire la loro voce: non solo per fermare la violenza degli uomini contro le donne, ma per insegnare ai giovani uomini una definizione più ampia di mascolinità che includa l’essere empatici, amorevoli e non violenti...».

Una nuova mascolinità

Come uscirne? McPherson ha una risposta semplice: « Aspiro a vivere la mia vita in una nuova mascolinità: dura, amorevole, premurosa, egualitaria e non violenta. Tutte le cose che mio padre era, ma non era capace di articolare. Credo che sia giunto il momento per noi uomini di espandere la definizione di cosa significa essere uomini, comprendere le complessità del nostro genere e imparare ad essere amorevoli, premurosi e completi. Mentre alleviamo la prossima generazione di ragazzi ad essere amorevoli, premurosi. Uomini tutti d’un pezzo».

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