È arrivata in anticipo la richiesta di revoca del commissariamento di Uber. L’ha proposta il pm Paolo Storari al presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale, Fabio Roia. Perché, come hanno spiegato gli amministratori giudiziari, la società ha eliminato ogni forma di caporalato. Un risultato fondamentale che può fare da monito per le altre multinazionali colpite solo qualche giorno fa dai provvedimenti della procura di Milano che le accusa di aver violato le norme sulla sicurezza e la tutela del lavoro.
Uber Eats Italy, in amministrazione giudiziaria dal 29 maggio nel corso dell'inchiesta per «caporalato digitale», si è dimostrata «sensibile ed efficiente» nell'eliminare ogni forma di sfruttamento e caporalato e c'è stato un «progresso culturale da parte della società sia per il miglioramento della sua organizzazione sia nell'ambito dei rapporti coi rider per la loro tutela e sicurezza». Dalla relazione che i commissari hanno riportato in aula è emerso che le «tariffe» applicate rispettano il contratto nazionale e sono anche migliorative. Soprattutto vengono rispettati i protocolli per la sicurezza e la salute dei rider: tutti sono dotati di caschi, fasce catarifrangenti, supporti smartphone, mentre le giacche antipioggia saranno distribuite da aprile, mascherine, formazione.
E al giudice Roia, che ha chiesto quanto vengano pagati ora i fattorini, gli amministratori col commissario Cesare Meroni hanno spiegato che la attuale tariffa applicata è quella del contratto nazionale che prevede un compenso minimo di 10 euro lordi, più integrazioni sulle condizioni avverse, incentivi e un sistema premiale di 600 euro ogni 2000 corse annuali. In più Uber ha previsto una soglia minima per le corse più brevi. Soprattutto è stato eliminato ogni tipo di intermediazione, cioè la possibilità di rivolgersi, come accadeva in passato, a società terze che reclutino i rider.
«È evidente lo sforzo di programmazione ed economico, oltre che l'oggettivo salto culturale compiuti da Uber per il posizionamento nel settore del food delivery con un’elevata connotazione etica e responsabilità sociale, a conferma della volontà del management di operare in un ambito di legalità e di tutela dei lavoratori», ha spiegato a margine in una nota il commissario Meroni. Con i suoi colleghi ritiene che «gli attuali sistemi di controllo, adottati su impulso della misura, possano assicurare un presidio di legalità in piena autonomia qualora la misura venisse revocata anzitempo. Un simile scenario permetterebbe alla Società di ritrovare un nuovo equilibrio tra profitto e legalità, così da consentire una verifica costante e autonoma e, come tale, più stabile e durevole nel tempo».
Proprio per questo il pm ha chiesto la revoca del commissariamento «Le condizioni sono obiettivamente migliorate sia sul fronte della sicurezza e che su quella del lavoro. Lo sforzo lo hanno fatto e ora è giusto che proseguano con le loro gambe».

Il Tribunale ha 15 giorni di tempo per decidere.

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