Perché serve riscoprire le radici della body positivity

Non tutti i corpi sono uguali e hanno pari opportunità, soprattutto quando parliamo di rappresentazione. Ecco cosa ne pensano gli attivisti Riccardo Onorato e Marina Cuollo
Perch serve riscoprire le radici della body positivity

Perché serve riscoprire le radici della body positivity

Nell’estate 2020, mentre si cercava di respirare dopo mesi di paure e chiusure, i social erano concentrati su Black Lives Matter e, vista la stagione, sul ripensare il proprio corpo e gli standard di bellezza occidentale. Sebbene siano argomenti diversi, questi due temi hanno un problema di fondo per come sono affrontati sui social: il rischio, a volte divenuto realtà, di diluire tematiche con radici e storie molto profonde, che necessitano di attivismo, critica e sostegno politico per risolversi.

Normalize Human Bodies, che già nasconde alcuni problemi poiché non tutti i corpi sono uguali e hanno pari opportunità, è diventato l’hashtag con cui molte influencer e modelle hanno voluto raccontare le differenze tra i loro corpi sui magazine e quelli che possiedono davvero. C’è un ma: la differenza tra queste era quasi inesistente, se non per qualche posa meno sexy del solito o delle leggere smagliature.

La body positivity, però, nacque per sostenere, mostrare e spingere al cambiamento del doppio standard con cui vengono trattati i corpi che non sono vicini, o uguali, alla bellezza magra, sportiva, perfetta in qualunque abito. Non si tratta di sentirsi insicure, di avere una parte di noi che odiamo o sentirsi brutte, cosa, questa, davvero normale, ma di subire discriminazioni nel quotidiano e che sono basate su come si è fisicamente, in toto. Dall’insulto e l’aggressione alla limitazione di offerte di lavoro, dalla difficoltà e dal disagio in un contesto pubblico all’impossibilità di trovare uno spazio sicuro e subire umiliazioni. Questi sono solo alcuni dei problemi contro cui i corpi non conformi allo standard di bellezza si scontrano.

La parola va a chi sa lo sa bene, Riccardo Onorato, content creator e attivista, e Marina Cuollo, scrittrice, speaker radiofonica e podcaster.

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