25 febbraio 2021 - 23:25

Attanasio e Iacovacci: funerale di Stato a Roma: «Luca e Vittorio uccisi
da violenza stupida e feroce»

Il cardinale De Donatis nella cerimonia per l’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci: «La violenza sta tornando di moda in ogni ambiente e latitudine. (...). Spesso si annida nel fondo dell’anima e si camuffa da insensibilità. Occorre smascherare il germe»

di Maurizio Caprara

Attanasio e Iacovacci: funerale di Stato a Roma: «Luca e Vittorio uccisi da violenza stupida e feroce» Le bare di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (Foto Imagoeconomica)
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I funerali hanno ritmi lenti, ma in certi momenti possono portare velocemente il pensiero in altri tempi e altri luoghi. Vicino alla Fontana delle Naiadi, ieri a Roma, le autorità che si raccoglievano davanti ai bagagliai aperti delle auto con le bare dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci sembravano una versione ordinata dell’affacciarsi attonito di autorità e funzionari dietro alla Renault 4 nella quale, il 9 maggio del 1978, giaceva in via Caetani martoriato il corpo di Aldo Moro.

In questo caso casse rivestire di bandiere tricolori coprivano due uomini dello Stato ai quali lunedì scorso, nella Repubblica democratica del Congo, per moventi ancora non del tutto noti erano stati inflitti supplizi più veloci, ma non meno ingiusti, di quello che le Brigate rosse riservarono allo statista sequestrato.

«Funerali di Stato» è definizione che pare irreggimentare sofferenze, stirarle secondo un protocollo rituale. È vero in parte, non per intero. Tratteneva la commozione con disciplina, eppure si sentiva che dietro alla sua voce c’era un uomo autentico l’appuntato che nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri ha letto la Preghiera del Carabiniere. Si chiama Salvatore Di Giacomo. Si è offerto di sostituire Iacovacci a Kinshasa e vigilare in Congo sull’ambasciatore che prenderà il posto di Attanasio. Sul viso dell’appuntato le lacrime si stavano affacciando. L’autocontrollo le ha respinte indietro.

Ad ascoltare la messa c’erano nelle prime file la moglie di Attanasio, Zakia Seddiki, la donna che avrebbe dovuto sposare Iacovacci tra breve, Domenica Benedetto, e alte cariche della Repubblica Italiana: la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati in rappresentanza di Sergio Mattarella, assente a causa di un disturbo vestibolare, il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Consiglio Mario Draghi. Ministri, tra i quali quelli degli Esteri Luigi Di Maio e della Difesa Lorenzo Guerini. Il comandante generale dell’Arma Teo Luzi. Nell’incrociarsi di due categorie, diplomazia e militari, in passato solo maschili, ministre, carabiniere, le segretarie generali del Senato Elisabetta Serafin, della Camera Lucia Pagano, della Farnesina Elisabetta Belloni.

«Presentat arm!». Marcia funebre di Chopin. Onori ai cadutida parte di un picchetto militare. Così erano cominciati questi funerali di Stato che trovavano chi rappresentava lo Stato in una condizione tutt’altro che ordinaria. Da un lato il varo appena terminato di un governo con maggioranza ampia, in una legislatura che pur avendo riservato due formule inedite in precedenza aveva escluso l’attuale. Dall’altro, nell’arco di tre giorni, tre lutti oltre ai tanti dovuti al Covid-19: un ambasciatore ucciso in una parte di Africa che cercava di aiutare, un carabiniere morto con lui, un uomo delle istituzioni — quale era stato Antonio Catricalà — vittima mercoledì a Roma delle contraddizioni della vita che possono portare un’esistenza a eliminare se stessa.

«Luca, Vittorio e Mustapha sono stati strappati a questo mondo dagli artigli di una violenza stupida e feroce che non porterà nessun giovamento, ma solo altro dolore. Dal male viene solo altro male», ha messo in evidenza nell’omelia il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la Diocesi di Roma. Mustapha Milanbo era l’autista dell’auto con Attanasio attaccata in Congo. «Vi sono ancora — ha affermato il prelato — troppi cuori di uomini che, invaghiti dal denaro e dal potere, tramano la morte del fratello (...). Vengono in mente le parole di rammarico di Gesù: “Se trattano così il legno verde, che ne sarà di quello secco?”. Se questa è la fine degli operatori di pace, che ne sarà di tutti noi?».

Come esempio da seguire, sulla base delle letture della messa, il cardinale ha indicato la regina Ester e quanto ha sostenuto era all’altezza di solennità e solidità del luogo: «Il funzionario della Corte di Artaserse, Aman, odiava i giudei e tramò presso il re mentendo sulla loro fedeltà alle leggi per indurre il sovrano a prendere provvedimenti definitivi nei loro confronti. E ci riuscì. Il decreto del re sanciva che il popolo di Dio doveva essere annientato. Ma Ester, figlia di ebrei e da poco regina, decise che non poteva restare a guardare lo sterminio del suo popolo dalla finestra della reggia. Doveva fare qualcosa, mettendo da parte i suoi interessi privati. Si rivolse al Signore. Per avere il coraggio di recarsi senza permesso presso la sala del trono, dove chi entrava veniva ucciso sul posto, e lì svelare al re le trame di Aman. È bella questa preghiera di Ester, è meravigliosa. Perché Ester non domanda a Dio di intervenire, ma chiede il coraggio necessario per agire, per affrontare senza paura il potente sovrano. In altre parole Ester supplica Dio di potersi sporcare le mani».

Un’omelia di parole semplici, intensa ed essenziale. «La violenza sta tornando di moda in ogni ambiente, in ogni latitudine. Non è solo qualcosa che si manifesta nel Nord Est del Congo, lontano da qui. Spesso la violenza che si annida nel fondo dell’anima si camuffa da insensibilità. Occorre smascherare il germe dell’indifferenza violenta che è nei cuori e dire: ‘È un problema mio”», è stata la tesi principale. Rinunciare a indifferenza, secondo il Cardinale, è quanto facevano Attanasio e Iacovacci in aiuto del Congo, affannato da miseria diffusa e strascichi di guerra mai eliminati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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