TECNOLOGIA 

Con il Covid sempre più robot tuttofare negli hotel

Da Tokyo a Johannesburg ecco dove sono già in azione i robot addetti all’ospitalità

di Sara Magro

Il robot Ariel in azione all’Hotel Sky, a Johannesburg REUTERS/Sumaya Hisham

3' di lettura

Nel 2014, a Cupertino in California, l'hotel Aloft, il brand giovanile di Marriott, aveva introdotto nello staff il primo robot. Si chiamava Botlr, parlava poco ma capiva se doveva portarti uno spazzolino nuovo o un asciugamano pulito. Dimensioni da pinguino portatile per l'aria condizionata, intelligenza sufficiente per rispondere ad alcune esigenze base degli ospiti. Lo potevi chiamare, senza scrupoli, anche nel mezzo della notte. In quanto novità, suscitava soprattutto un effetto di stupore, alla stregua di un giochino divertente da sperimentare con le richieste più assurde, un po' come Alexa i primi tempi, schiava di ogni umana pigrizia, dall'accendere la luce a cercare un numero di telefono.

Ariel arruolato per il servizio in camera all’Hotel Sky a Johannesburg REUTERS/Sumaya Hisham

A prova di Covid e multitasking

Prodotti da Savioke, un'azienda specializzata nella costruzione di robot, i Botlr sono in grado di muoversi autonomamente nell'albergo e di riconoscere la stanza della consegna, e al posto della mancia, si accontentano di un tweet di ringraziamento. Negli stessi anni, anche in Giappone si sperimentavano da anni macchine che potessero sostituire lo staff, un obiettivo realizzato nel 2015 in alcuni hotel di Tokyo, per esempio quelli della catena Henn-na e lo Strange. Negli ultimi dieci anni, gli studi sull'intelligenza artificiale hanno prodotto prototipi con prestazioni e capacità di interazione sempre più affinate. E ora che la pandemia ha rivoluzionato il mondo dell'ospitalità, con le nuove esigenze di distanziamento, isolamento e igienizzazione estrema, si presenta l'occasione ideale per metterli alla prova. Meno persone si incontrano, più si è al sicuro. Ma se concierge e camerieri sono macchine, si può ridurre al minimo il contatto umano. Sanno registrare un passaporto, assegnare la camera, parlare tutte le lingue, ma soprattutto non trasmettono il virus.

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Quindi viaggeremo in alberghi senza persone, solo con robot? Non è fantascienza, bensì già una realtà. Lo scorso maggio a Tokyo, alcuni pazienti con sintomi leggeri da Covid19 soggiornavano in camere d'albergo, dove il personale fisso era costituito da Pepper, l'aiuto-infermiere che si informava anche sullo stato di salute del paziente, e Whiz, che invece si occupava delle pulizie. Oltre alle mansioni di servizio, i robot sono in grado di intrattenere.

Un lovot all’hotel New Otani a Ginza

All'Hotel New Otani, con un antichissimo giardino nel quartiere di Ginza, e al Westin, sempre a Tokyo, è stato introdotto Lovot, un'intelligenza artificiale sotto forma di pupazzo, con tanto di guardaroba di vestitini per ogni occasione, capace di creare un legame affettivo con l'ospite. Prodotto da Groove X con una specifica tecnologia detta Emotional Robotics, è programmato per reagire agli stati d'animo di chi lo circonda e di rispondere con manifestazioni di gioia o conforto.

Ma è questo il destino dell'hotellerie anche in nazioni meno high tech? Sì a quanto pare, per combattere la pandemia, e ricominciare a lavorare in sicurezza. All'Hotel Sky di Johannesburg, dove sono ligi alle regole anti Covid 19, il personale indossa le mascherine e si tiene alla massima distanza dagli ospiti, evitando i contatti non strettamente necessari. Tutti, tranne Lexi, Micah e Ariel, new entry del 2021 a prova di virus: sono robot, e non possono trasmetterlo. Sono i primi in Africa, e non si può nascondere che il programma abbia suscitato molte preoccupazioni in Sudafrica che ha il 30,8% di disoccupazione. «Non ho alcuna intenzione di sostituire le persone», assicura Paul Kelley, managing director dell'hotel. «Credo però che questo sia il futuro dell'ospitalità, e replicheremo a Cape Town il prossimo marzo». Lexi, Micah e Ariel consegnano la cena in camera, danno informazioni turistiche e portano fino a 300 kg di bagagli dalla lobby alla camera. Inoltre, se l'ospite manifesta sintomi di Covid, i robot possono interfacciarsi con loro, tutelando il personale. La scelta resta comunque agli ospiti, che possono sempre scegliere di interagire con il personale o fare tutto tramite telefono.

Steve Pinto, CEO di CTRL Robotics, che fornisce i droidi allo Sky Hotel, dice che possono anche scannerizzare le espressioni del viso per capire il grado di soddisfazione dei clienti durante il soggiorno, un feedback importante per il general manager. Qualche ipotesi si può tuttavia già azzardare. Le reazioni davanti a questi dipendenti sono ambivalenti. Da un lato sono super efficienti e non pericolosi, dall'altro non sono sempre capaci di interpretare correttamente i desiderata. E comunque l'human touch, ovvero la sensibilità umana, sarà sempre insostituibile.


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