la vertenza

Stop all’export di bombe ai paesi del Golfo, la Rwm annuncia un ricorso

Nei giorni scorsi la svolta, con la revoca, notificata dall'Uama all'azienda, delle licenze di esportazione rilasciate tra il 2016 e il 2018

di Davide Madeddu

(dpa Picture-Alliance/AFP)

3' di lettura

Prima le proteste contro lo stabilimento di materiale bellico, poi lo stop alle esportazioni delle produzioni e ora la mobilitazione, con tanto di ricorso contro il Governo, per salvare la fabbrica di bombe e i suoi lavoratori.

Immagini e protagonisti differenti della vertenza, che va avanti da tempo, e riguarda l'attività dello stabilimento Rwm, azienda controllata dalla tedesca Rheinmetall, con sede a Ghedi in Lombardia e centro operativo a Domusnovas, nel Sud Sardegna.
Stabilimento in cui, negli ultimi anni sono stati portati avanti investimenti per quasi 80 milioni di euro, dove si producono bombe per aerei e altri armamenti per il settore bellico.

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La vicenda

Un anno e mezzo fa, dopo una serie di iniziative delle associazioni pacifiste, lo stop temporaneo alle esportazioni verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi uniti. Decisione cui segue un calo della produzione e una riduzione del personale che passa dagli oltre 300, con punte di 400 in alcuni periodi, agli attuali 129 tra i 99 diretti e 30 i somministrati. I giorni scorsi la svolta, con la revoca, notificata dall'Uama all'azienda, delle licenze di esportazione rilasciate tra il 2016 e il 2018.
E la nuova fase della vertenza con l'azienda che annuncia ricorso contro la revoca. «Siamo di fronte ad un provvedimento “ad aziendam”, che di fatto colpisce duramente solo Rwm Italia - annuncia con una nota Fabio Sgarzi, amministratore delegato -. Pur riconoscendo la complessità della situazione yemenita, il periodo 2019-2020 ha registrato molti passi concreti nella direzione di una stabilizzazione e pacificazione dell'area, contrariamente a quanto accaduto negli anni precedenti. Troviamo, quindi, la decisione del Governo contraria alla verità dei fatti e a quanto stabilito nella mozione 1-00204 approvata dalla Camera il 26 giugno 2019».

Per il manager che definisce «incomprensibile la disparità di trattamento rispetto alle altre aziende italiane del comparto Difesa» l'interruzione «per la prima volta, di contratti autorizzati da anni, fatta in maniera tale da colpire solo certi prodotti e solo certi Paesi, deve mettere in allarme tutta l'industria della Difesa e non solo». Ricordando poi che «a sopportare le conseguenze di tutto questo, insieme all'azienda, sono le centinaia di lavoratori del territorio e le loro famiglie», Sgarzi annuncia la presentazione di un «ricorso nelle sedi opportune, anche a tutela delle centinaia di lavoratori dell'azienda, molti dei quali già finiti in cassa integrazione».

E mentre si registra la soddisfazione dei movimenti pacifisti, arriva l'allarme delle organizzazioni sindacali che chiedono un intervento della Regione e del Governo per salvare i lavoratori che resteranno fuori dal ciclo produttivo. «La decisione del Governo, che noi rispettiamo, causerà la perdita di nuovi disoccupati - scrive in un documento la Rsu/Rlsa -. Nuovi disoccupati che andranno ad aggiungersi ai 300 lavoratori lasciati a casa un anno e mezzo fa». Nel documento anche una critica per il Mise «che non ha mai risposto a una richiesta di incontro neppure dopo che il ministero della Difesa ha dato disponibilità in tal senso». E un appello a trovare soluzioni concrete. «Chiediamo che le professionalità presenti all'interno della nostra fabbrica siano valorizzate nell'ambito del sistema di produzione legato alla difesa nazionale ed europea - dice Stefano Saddi, della Rsu Rwm -. E un ruolo in quest'ambito lo deve svolgere il Governo cui chiediamo di intervenire».

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