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ITALIA

Il caso rimane irrisolto

Omicidio Lidia Macchi: la Cassazione conferma l'assoluzione di Stefano Binda

34 anni fa l'omicidio della ragazza, uccisa con 29 coltellate e ritrovata in un bosco a Cittiglio, nel Varesotto

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E' stata confermata dalla Cassazione l'assoluzione di Stefano Binda dall'accusa di aver ucciso Lidia Macchi, la giovane studentessa uccisa con 29 coltellate nel gennaio 1987 e ritrovata morta in un bosco a Cittiglio nel Varesotto, un caso rimasto irrisolto da allora.

In primo grado Binda era stato condannato all'ergastolo, e poi prosciolto in appello dalla Corte di Assise di Appello di Milano. Ora gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso del pg di Milano e dei familiari di Lidia.

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d'Assise e d'Appello di Milano, che ha nel 2019 aveva assolto Stefano Binda dall'accusa di omicidio per la morte dell'amica Lidia Macchi.

I fatti
Resta un cold case l'omicidio di Lidia Macchi. I giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno confermato l'assoluzione per Stefano Binda, ex compagno di liceo della vittima e unico imputato, dichiarando inammissibili i ricorsi presentati dalla procura generale di Milano e dalle parti civili.

I supremi giudici hanno accolto dunque le richieste del sostituto procuratore generale Marco Dall'Olio che nel corso della requisitoria aveva sottolineato che "l'autore della poesia 'In morte di un'amica' è per forza l'autore dell'omicidio? Non c'è alcun elemento che conduca quella lettera all'omicidio se non una suggestione. Non corrisponde a Binda il dna trovato sulla vittima e non è smentito il suo alibi".

Un giallo che risale al 1987 quando la studentessa di vent'anni venne trovata morta in un bosco nei pressi dell'ospedale di Cittiglio, nel Varesotto, dove la giovane stava andando a trovare un'amica e che vede una svolta quasi trent'anni dopo con l'arresto di Binda, finito sotto processo in seguito a una perizia calligrafica su una lettera anonima inviata alla famiglia della ragazza.

Contro l'uomo, ormai cinquantenne, c'era, a dire dell'accusa, la poesia 'In morte di un'amica' inviata ai genitori della vittima, per posta, il giorno del funerale. Il 24 aprile 2018 la corte di Assise di Varese lo condanna all'ergastolo. Nel luglio dell'anno dopo invece i giudici della corte d'Assise di Appello di Milano lo assolvono per non avere commesso il fatto e viene scarcerato dopo tre anni e mezzo di detenzione.